«Moby Dick», si torna in scena al Nuovo Teatro Verdi di Brindisi

Dopo la lunga pausa Covid-19 il Verdi riapre il sipario con una rassegna di otto appuntamenti. Si comincia con «Moby Dick», a bordo della nave del capitano Achab con la sua ossessione per la balena bianca. Il capolavoro di Herman Melville, riadattato da Francesco Niccolini, vede in scena Luigi D’Elia e una struttura che è un po’ scafo e un po’ scheletro di balena. Appuntamento sabato 17 ottobre, con sipario alle ore 18.30. Biglietti ancora disponibili e fruizione di spazi e servizi secondo protocollo anti-Covid.

Il Nuovo Teatro Verdi di Brindisi si rimette in cammino. Lo fa con «Brindisi in scena», rassegna di otto spettacoli che accompagnerà gli spettatori fino all’inizio di dicembre. Si comincia con «Moby Dick», il nuovo lavoro di Luigi D’Elia in arrivo sul palcoscenico brindisino sabato 17 ottobre alle ore 18.30. La presenza del pubblico, dall’arrivo all’esodo, sarà disciplinata secondo le linee guida nazionali e i protocolli regionali in vigore in materia di contrasto alla diffusione del Covid-19. I biglietti sono ancora disponibili solo presso la biglietteria del Teatro (T. 0831 562 554), aperta dal lunedì al venerdì dalle ore 11 alle 13 e dalle 16.30 alle 18.30. Sabato 17 ottobre, giorno dello spettacolo, dalle ore 11 alle 13 e dalle 17 alle 18.30. Il biglietto ha un costo di 10 euro e la visione è consigliata a partire dai 13 anni. Per l’appuntamento, come per ogni titolo della rassegna, sarà utilizzata la sola platea. «Moby Dick» è uno spettacolo prodotto da Arca Azzurra Produzioni (Leo Gullotta e Alessandro Benvenuti tra gli altri artisti) con le musiche originali composte dal maestro Giorgio Albiani e la scenografia, uno scafo costato di balena, realizzato dallo stesso D’Elia assieme al pluripremiato artista cartapestaio di Putignano, Deni Bianco. Il disegno luci è di Paolo Mongelli e Marco Messeri.

«Moby Dick» è, come scrive Cesare Pavese nell’introduzione al romanzo di Herman Melville con la sua traduzione, «L’allegoria della spasmodica ricerca, della sete di conoscenza e di vendetta, del rapporto tra bene e male, della ferocia e forza devastante della natura e dell’uomo». La voce narrante è Ismaele, un giovane maestro di scuola che vive nell’America del Nord della prima metà dell’Ottocento e che non avendo nulla di particolarmente caro a terra, decide di darsi alla navigazione dell’oceano. Ismaele compie i suoi primi viaggi da marinaio sulle navi mercantili e in breve tempo scopre nella vita di mare la migliore via di fuga contro le avversità dell’esistenza: «È un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione. Ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende un novembre umido e piovigginoso […], allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto». Desideroso di avventure sempre più coinvolgenti, abbandona il commercio marittimo per cimentarsi nella rischiosa caccia alle balene. Si dirige dunque verso l’isola di Nantucket, il più famoso porto di baleniere degli Stati Uniti. Inconsapevole di ciò che lo attende, salpa sul Pequod, la nave del capitano Achab, il quale ha giurato vendetta contro Moby Dick, un gigantesco capodoglio bianco che nella precedente caccia gli ha mozzato una gamba. Il Pequod e tutto il suo equipaggio sono dunque lanciati all’inseguimento della balena, in una ricerca che, fin dall’inizio, sembra gravata da un’ombra di maledizione e che, per essere ispirata unicamente a un cieco desiderio di vendetta, appare folle e destinata a un esito drammatico.

Un romanzo di cinquecento pagine ridotto a meno di quaranta. Più di un milione di caratteri distillati a quarantamila. L’orizzonte marino del capolavoro di Melville diventa un abisso e la prosa enciclopedica un verso asciutto, che non può permettersi nemmeno la commozione, se non l’immensità del mare e il mistero che regge ogni destino. Questo «Moby Dick» si incarna in un poema shakespeariano con il suo carico di tragicità, con tanto di maledizione e di profezia, e un fato irrimediabile dal primo istante, dal primo salpare, dalla prima apparizione dello spettro del capitano Achab, un po’ Macbeth e un po’ Lear, che non può far altro che correre verso il proprio destino di morte, distruzione e immortalità. Sotto un cielo bellissimo e silenzioso, sopra una mare pauroso e incantevole: entrambi indifferenti alle ridicole scelte degli umani che si arrabattano colmi d’ansia, convinti di lasciare un segno, e che finiscono con l’essere inghiottiti e ridotti a niente. Eppure, in questo “niente”, in questa esagerata foga d’attore posseduto da chissà quale dèmone, quanta poesia, e quanta crudele bellezza.

«Non c’è davvero niente di più pericoloso di qualcuno che vuole rendere il mondo un posto migliore». Banksy

Si comincia alle ore 18.30
Durata: un’ora e venti minuti senza intervallo
Info www.nuovoteatroverdi.com – T. (0831) 562 554

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