L’ANGOLO DEI LIBRI – L’Aleph di Jorge Luis Borges

Nel 1949 Jorge Luis Borges pubblica L’Aleph, raccolta di racconti (usciti in Italia per Adelphi e Feltrinelli) che svelano la capacità singolarissima dello scrittore argentino di costruire storie a partire da riferimenti libreschi, da enigmatiche cancellature su antichi manoscritti, da eruditi rimandi bibliografici. Non c’è città del mondo o sperduto villaggio che non nasconda boutique di mistero e meraviglia: sempre e in ogni dove c’è una porta, un cassetto o una scala che conduca in luoghi familiari e sinistri al tempo stesso – spazi mentali, prima ancora che fisici, in cui addentrarsi alla ricerca di segni sfuggiti al tempo, appunti sul nostro essere frammenti di un ordine misterioso, parole e specchi che all’infinito rimandano la loro intrinseca luce. Dicevamo Aleph, dunque: primo simbolo dell’alfabeto fenicio ed ebraico che qui diventa «il luogo dove si trovano, senza confondersi, tutti i luoghi della terra, visti da tutti gli angoli». Nei racconti (L’immortale, Il morto, La casa di Asterione, Lo Zahir, fra gli altri) fa mostra di sé la vertiginosa esperienza del vivere: il confronto con la difficoltà di contenere buona parte di ciò che è in noi e sopra di noi acuisce i sensi, consentendo di recuperare per attimi brevissimi la struggente possibilità di vedere, tutto insieme, «ad Inverness una donna che non dimenticherò, (…) ogni lettera di ogni pagina, il giorno e la notte di quel giorno, la delicata ossatura di una mano, le ombre oblique di alcune felci sul pavimento di una serra». Questi racconti di Borges sono biglietti di ingresso ai labirinti delle nostre anime, da cui uscire con la consapevolezza della preziosa ed elegiaca precarietà di ogni cosa ci riguardi. Ogni racconto, un mondo: che siano le strade di Buenos Aires o la polverosa stanza di una biblioteca londinese, la pampa uruguayana o mitici viaggi fantastici attraverso il deserto, nulla può essere più bello di ricominciare da qui.

 

Diana A. Politano

CONDIVIDI

LASCIA UN COMMENTO