VITIVINICOLTURA, VINO, CLIMA: “URGONO CAMBIAMENTI, CI VUOLE UNA VISIONE COMUNE”

La vendemmia 2024 sarà anche questa da ricordare. Non c’è l’aria di festa delle vendemmie passate. Reduci dalla  peronospora dell’anno scorso ,come viticoltori, dobbiamo fare i conti quest’anno con la siccità e con prezzi delle uve molto bassi che non coprono neanche i costi di conduzione e che sanno di provocazione e di speculazione.Dopo l’annus horribilis del 2023, con i vigneti devastati dalla peronospora, la vendemmia 2024 si è anticipata in maniera inconsueta a causa della siccità e con tutti i problemi sul fronte delle quantità e dei redditi contadini. Il cambiamento climatico si sente sull’uomo ma soprattutto sulla natura e sulle piante. Le vigne sono state e sono un sensore molto sensibile di questi cambiamenti. Se curate bene sono molto capaci all’adattamento dei cambiamenti. I nostri vecchi vigneti condotti a cespuglio (alberello pugliese), prima del sopravvento delle spalliere, erano piantati, condotti e coltivati per difendersi dalla mancanza di acqua e dalla siccità. Ma oggi di vigneti ad alberello ne sono rimasti pochi e comunque il ritorno al passato non sarebbe possibile e neanche sufficiente. Sono necessarie e indispensabili   innovazioni oltre che nelle pratiche di conduzione e coltivazione anche nella caratteristica dei vitigni e dei relativi porta innesti. Temperature medie più alte, siccità prolungate, colpi di calore, tempeste improvvise e violente,grandinate. Spesso in un mix che si concentra, con sempre maggiore frequenza e intensità, proprio sui più importanti distretti vitivinicoli. Sarà sempre più così. Secondo un nuovo studio dell’Università di Bordeaux, se si dovesse arrivare a +2°C per fine secolo, fino al 70% delle attuali regioni produttrici di vino del mondo rischierebbe di non essere più idonee alla viticoltura e in Italia il pericolo ne arriverebbe a colpire il 90%. Ma la vite e i viticoltori hanno dimostrato nei secoli che la resilienza è una delle loro caratteristiche più radicate. L’adattamento – le strategie che

limitano gli effetti della crisi climatica – deve però agire su diversi fronti: la mancanza d’acqua e gli sbalzi termici, come le malattie

fungine.

La ricerca è fondamentale e il rapporto con il sistema universitario nazionale e internazionale dovrebbe essere di supporto non tante alle singole aziende ma a tutti i territori vitivinicoli per mantenerne versatilità e caratteristiche.

Le politiche nazionali e regionali del settore oltreché intervenire sulle emergenze o sui disciplinari per le rese e quindi sulle quantità e capacità produttive(addirittura proponendo espianti di vigneti) dovrebbero mettere a disposizione risorse per la ricerca e la innovazione. Così come i consorzi di tutela e valorizzazione delle doc e igp sono da ripensarsi per contribuire a sostenere servizi adeguati alle aziende e alle loro produzioni e ben oltre le “iniziative promozionali” o i giri per ristoranti.

La vendemmia, dicevo, e’ iniziata e sta finendo in anticipo. Si può affermare che le rese produttive(quantità e peso delle uve) in Puglia e soprattutto nel Salento sono inferiori in alcuni casi non solo all’anno scorso ma anche molto aldisotto della media degli anni precedenti  Rese che come tali sono anche molto sotto gli stessi limiti quantitativi indicati nell’ultima delibera regionale del 9 agosto sulla crisi strutturale del settore vitivinicolo e relativi alla riduzione delle rese per ettaro dei vini igp rossi.

La resa è inferiore alla norma a causa di  un andamento meteo che condiziona negativamente la fertilità e la produttività delle piante,  ma se tutto va bene e non si verificano eventi meteo estremi, avremo comunque una vendemmia di qualità anche se a costi ancora elevati e con prezzi per le uve così bassi che fanno pensare a  forme di speculazione. Si conferma per questo ultimo aspetto come l’agricoltura è l’unico settore dove il prezzo del proprio prodotto non viene fatto dai produttori.

Già l’anno scorso a causa della peronospora c’è stato in Puglia un pesante danno nel settore per mancata produzione e che in provincia dì Brindisi è stata di oltre il 50%. Situazione questa che ha costretto prima la Regione e poi il governo a decidere lo stato di calamità e provvedimenti eccezionali a sostegno delle imprese. Provvedimenti, se pur irrisori,  mai arrivati agli interessati. Tornando alla vendemmia 2024, avremo certamente un prodotto di qualità che molte volte è inversamente proporzionale alla quantità. Un prodotto, il vino, che però soffre ancora per la contrazione del mercato estero: si stima una flessione tra l’1 e il 3%. I mercati di riferimento come Stati Uniti, Regno Unito e Germania, l’export italiano del vino chiude il primo semestre con un calo del 4,3%.Si deve registrare inoltre la  persistente, sospetta e incomprensibile stagnazione dei prezzi  delle uve  nonostante i cali di rese e di produzioni.

Adesso si pensi intanto a portare avanti la vendemmia, nonostante l’accelerazione imposta dal meteo. I produttori dicono che la botte piccola fa il vino buono. Non so se è questo il caso soprattutto a causa dei prezzi vili che si stanno proponendo per la vendita delle uve.

Ma dopo questa vendemmia sarà più che necessario mettersi assieme, superando possibilmente le ipocrisie, gli individualismi e  i narcisismi molto presenti nel settore, per affrontare e proporre politiche, strumenti, interventi coraggiosi, necessari per dare un futuro a quello che io chiamo i vini del cambiamento (climatico, di mercato, di gusto) e  tenendo anche  conto dell’iniziativa “salutista” contro il vino presente in alcuni ambienti europei e non solo. Sarebbe necessaria un’operazione verità. In una fase di profonda trasformazione dei mercati del vino e delle tendenze di consumo diventa fondamentale definire una politica di sviluppo del settore vitivinicolo italiano a partire dalla Puglia. L’industria vinicola non è condannata, al contrario è in un momento di transizione e rinnovamento, il cambiamento è inevitabile e necessario per sopravvivere e prosperare.Il vino ha già superato altre “minacce” nel passato. Non tutto, però, sarà come prima anche per la quantità e la qualità dei vini dei nostri territori, per il negroamaro e per il primitivo soprattutto.

Carmine Dipietrangelo

Amministratore unico Tenute Lu Spada

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