“L’isola degli idealisti” di Giorgio Scerbanenco

Più che di un noir sembrerebbe trattarsi sin dal titolo di un trattato filosofico (e in fondo non è da escludere che in parte lo sia): L’isola degli idealisti è il libro inedito, e uscito di recente per La nave di Teseo, del maestro del noir italiano Giorgio Scerbanenco. Un romanzo, sopravvissuto ai furori della Seconda Guerra Mondiale e rinvenuto negli archivi della famiglia, che muove l’intreccio entro lo spazio ristretto di un’isola (l’isola della Ginestra, appunto) – lì dove gli elementi naturali si caratterizzano per la loro risoluta incisività sul trascorrere dei giorni, e proprio il limite angusto dello scoglio incastonato nel mezzo di un lago costringe ad un serrato (e forse sordo) confronto con i demoni che abitano e fanno compagnia ai protagonisti della storia. Il medico Antonio e i suoi due figli Celestino e Carla, insieme ai cugini Vittorio e Jole e alle due domestiche, sono gli unici abitanti della villa di famiglia – rifugio sicuro in cui attendere con calma placida alle passioni puramente intellettuali della lettura, della speculazione filosofica e matematica, della scrittura, almeno fino a quando la rassicurante quiete dello studio e delle colazioni vista lago non viene interrotta dal misterioso arrivo di una strana coppia. Guido e Beatrice, ladri d’albergo in fuga dalla polizia, renderanno urgente una risposta al dilemma che si pone ai proprietari dell’isola: denunciare alle forze dell’ordine o avviare un programma rieducativo che insegni loro l’onestà? Ma soprattutto: può quest’ultima essere insegnata? Con una narrazione capace di ricreare le ovattate atmosfere da cinema dei telefoni bianchi e di mescolare maieutica socratica, razionalismo matematico e esperimento sociale, Scerbanenco cesella su pagina l’animo umano con le sue zone d’ombra, le recondite spinte all’azione, i più inaspettati ravvedimenti e cambi di rotta. E aggiunge con questo libro (scritto tra il 1942 e il 1943) un contributo alla costruzione di un genere che lo vedrà protagonista nei decenni successivi – fedele all’idea che gli errori siano elemento imprescindibile dell’esistere e che «anche nell’errore, contrariamente a quanto si dice, bisogna andare fino in fondo».

Diana A. Politano

LASCIA UN COMMENTO