100 anni di Vitantonio De Luca: terzo ultracentenario di Villa Castelli

Auguri di buon compleanno al Signor Vitantonio De Luca che oggi spegne 100 candeline!!! È il terzo ultracentenario di Villa Castelli, dopo sua cugina Vita Maria Gianfreda che ha 103 anni e Antonia Bellanova 101 anni. 🎂😍🍰🥂🎉🎊
Il signor Vitantonio De Luca nasce a Villa Castelli il 07/08/1924, in via Battaglia 1, dall’unione dei suoi genitori Gianfreda Maria Addolorata e De Luca Pietro. Sua madre ebbe due mariti perché rimase vedova del primo. Dal primo matrimonio nacquero due figli mentre dal secondo nacquero Angela, Vitantonio e Vita De Luca, quest’ultima morì prematuramente.
La sua, era una famiglia semplice e contadina. Quando era un bambino amava molto giocare e divertirsi con le sue sorelle e i suoi amichetti che abitavano nelle viuzze e vicoletti vicino casa sua. Era molto vivace e giocherellone.
Vitantonio ha frequentato la scuola primaria fino alla quinta elementare presso la vecchia sede collocata nell’attuale aula consiliare del Palazzo Ducale. Ha avuto come insegnanti il maestro Giordano Gioia e la signora Straniera, mamma del Prof. Giuseppe Neglia. Era bravo in tutte le materie ma amava sopratutto la matematica. Come detto poc’anzi , lui era un po’ biricchino e difatti ogni tanto faceva “filone”, marinando la scuola per andare a giocare “abbasc allu Calvarj”, giù al Calvario oppure alla “chancunet” che corrisponde a Piazza Maggi. Fra i tanti giochi per cui impazziva, uno in particolare, era quello di andare all’antica “Foggia del Principe” in via Ceglie (un grande invaso dove oggi c’è l’Ufficio Postale, era sempre piena d’acqua) e lanciare dei sassolini facendo a gare con i suoi amici a chi raggiungeva la distanza maggiore.
Ricorda ancora quando agli inizi degli anni ‘ 30, erano in costruzione il ponte e il plesso della scuola elementare in Piazza Ostillio.
La famiglia di Vitantonio era semplice, sua madre era molto premurosa e lui e le sue sorelle hanno ricevuto un’educazione rigida.
Vicino alla loro casa, abitava il Dott. Vincenzo Cozzolino, primo medico condotto di Villa Castelli. Quando Vitantonio doveva ricevere il vaccino per il vaiolo, piangeva perchè aveva paura e il medico per tranquillizzarlo donava a lui delle squisite ciliegie.
Avevano un bel rapporto e un altro suo ricordo di Cozzolino era che lo incaricava di comprare le sigarette ai tabacchini del paese “in mezzo al corso”, “dallu Salier o Sacic”, consociuto anche come “Ciccil di papà”.
Trascorsi gli anni della sua fanciulezza e gioventù, arrivò il momento di arruolarsi per combattere e partecipare alla Seconda Guerra Mondiale, ma fu segnato dall’evento dell’armistizio dell’8 settembre 1943 che annunciò che le trattative per la resa erano iniziate.
In quei giorni, Vitantonio, assieme a due suoi compagni di Villa Castelli, partirono prendendo il treno da Castellaneta Marina (TA) per raggiungere Trieste; era precisamente il 19 agosto 1943 e il viaggio durò tre giorni.
La notte arrivarono a Foggia, c’era la luna piena e il treno rallentò improvvisamente perché la città era stata bombardata e gli stessi binari del treno erano stati danneggiati a causa della caduta delle bombe. Non potendo più proseguire, scesero dal treno, oltrepassarono Foggia a piedi per poi continuare il loro viaggio verso Trieste. La loro destinazione era un campo di addestramento triestino. La sera dell’8 settembre 1943, Vitantonio e i suoi amici erano in Caserma, quando ad un tratto, sentirono dei forti rumori. Era presente un Maresciallo dell’Esercito Italiano che portò delle guardie affianco alla Caserma n° 152. I ragazzi sentirono solo delle frasi che il Maresciallo pronunciò con forte tono, ordinando che nessuno doveva aprire le porte. Dopo questo episodio, Vitantonio assieme ai suoi due compaesani, ripartirono il giorno dopo per tornare a Villa Castelli. Avevano uno zaino carico di indumenti, un fucile con cinque pallottole. La caserma era collocata a nord di Trieste e la stazione era un po’ distante; da un lato c’era la macchia mediterranea e dall’altro si intravedevano delle abitazioni.
Durante il loro viaggio di ritorno verso sud, incontrarono tre bambini che giocavano a pallone e dietro ad un cespuglio, era nascosta una donna con fucile a tracolla, forse la loro mamma, una partigiana. La signora chiese a Vitantonio di consegnarli il fucile e lui ubbidendo lo diede. Assieme alla donna c’erano due uomini con il mitra, anch’essi partigiani, forse uno di loro era il marito. Non ebbero dure razioni, tanto è vero che uno dei due signori, invitò i ragazzi a seguirlo. Camminarono per un chilometro circa, quando in lontananza notarono un tavolo apparecchiato su cui c’erano dei panini e del vino. Furono accolti e proseguendo il loro cammino trovarono un’altra tavolata sui erano seduti dei partigiani che li aspettavano. Percorrendo il Friuli Venezia Giulia, dopo un po’, arrivarono a Monfalcone. Alla stazione era fermo un treno carico di gente, uscì il capostazione ma non volle che i ragazzi salissero perché quel treno era in partenza per la Germania e disse a loro di spogliarsi, togliendosi la divisa da militare che indossavano per consegnarla ad un ragazzo che diede a loro della roba per cambiarsi per essere irriconoscibili. Durante questi 34 giorni lontano da casa, non avevano nessuna comunicazione con le loro famiglie ma fortunatamente tornarono sani e salvi. Una cosa che ci ha confidato Vitantonio è che quando guarda in TV le immagini delle attuali guerre in Ucraina e Medio Oriente, si commuove perché rivive i momenti che lui stesso ha vissuto durante il secondo conflitto mondiale. Le tante preoccupazioni lungo il loro viaggio di ritorno a piedi verso la Puglia, erano quelle di trovare dei soldati tedeschi nascosti tra le gallerie e le colline. La sua mamma era disperata perché altri suoi figli erano in guerra sul fronte albanese ma quando lo vide tornare, dopo tanti giorni di attesa e angoscia, era felice e meravigliata per l’emozione.
Finito il periodo della guerra, Vitantonio andò a lavorare in campagna presso la Masseria Fallacchia lungo la via per Francavilla Fontana. Lui lavorava con il traino e una ragazza di cui si innamorò e che poi diventò la sua futura moglie, si occupava del tabacco. La iniziò a corteggiare giocando come al suo solito; con una pompa d’acqua cercava di bagnarla e lei rispondeva gettandoli acqua con un annaffiatoio. Ma il momento in cui i due innamorati si fidanzarono ufficialmente, fu quando Vitantonio, cadde con il suo traino trainato da un mulo e lei andò subito a soccorrerlo.
Vitantonio De Luca e sua moglie Lucia Natalizia Ciracì, si sposarono il 25 aprile 1948, giorno di Liberazione, anche se dovevano sposarsi inizialmente il 18 aprile dello stesso anno ma rinviarono perché in quei giorni in Italia ci furono le prime elezioni politiche in Italia dopo l’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana. Avevano rispettivamente 24 e 25 anni.
Il sacerdote che li sposò fu l’Arciprete Giuseppe Caliandro, all’epoca parroco di Villa Castelli. Terminata la celebrazione del matrimonio, gli sposi con le rispettive famiglie e invitati, si recarono in corteo lungo Corso Vittorio Emanuele verso la Chiesa Vecchia (durante il tragitto iniziò a grandinare), nei pressi c’era un salone dove si svolse la festa con musica popolare. Dalla loro unione sono nate due figlie, la prima è Maria Addolorata, classe 1949 mentre la seconda è Arcangela, nata a distanza di un anno. Vitantonio ha cinque nipoti: Vita, Giuseppe, Giovanni, Antonella, Daniela e nove pronipoti: Mara, Giuseppe. Federica, Francesco, Francesco, Marco, Alessia, Vanessa e Mattia, il più piccolo fra tutti.
Lucia, la moglie di Vitantonio, era un anno più grande di lui, classe 1923, anch’essa vissuta fino alla veneranda età di 98 anni. Lui ha tanti ricordi di lei. Ci ha raccontato che era molto chiacchierona, allegra e che amava suonare sopratutto il tamburello. Le piaceva il vino, era di buona compagnia ed è stata una grande lavoratrice. Quando lavorava in campagna, insegnava il mestiere alle ragazze. Ha lavorato presso il refettorio delle scuole ed è stata anche collaboratrice scolastica. Era molto generosa con i bambini più poveri che per avere del pane, si recavano da lei in cucina.
Tra sacrifici e alcuni problemi di salute che Vitantonio ha avuto da giovane, hanno proseguito il loro cammino per ben 74 anni di matrimonio.
Hanno festeggiato le loro nozze di Titanio, nel 2018, presso la Chiesa di Santa Teresa nella frazione di Specchia Tarantina e poi al ristorante con i loro familiari.
La vita di Vitantonio è stata interessata anche dalla politica. Ha partecipato sempre ai comizi, fino agli ultimi tenutisi lo scorso maggio in occasione delle elezioni comunali di Villa Castelli. Dal 1954 al 1960 quando il sindaco era il socialista Martino Caliandro, lui era Assessore all’Agricoltura. Vitantonio con orgoglio ci ha detto che è stato sempre comunista e lo sarà fino alla morte. Ogni mattina legge il giornale e alle 19:00 tutti devono guardare con lui TG LA7. Segue anche il calcio pur non avendo preferenze.
Assieme alla sua adorata moglie hanno sempre aderito e partecipato agli scioperi organizzati dai sindacati e nello studio della CGIL di Villa Castelli c’è una foto che li ritrae. Qundo morì sua moglie Lucia, il 12 maggio 2022, all’arrivo del corteo funebre al Cimitero Comunale, il Complesso Bandistico di Villa Castelli su loro richiesta, eseguì il celebre brano che noi tutti conosciamo e cantiamo il 25 aprile in ricorrenza della Festa della Liberazione: “BELLA CIAO!”.
Una coindenza è che, Vitantonio, è cugino a Vita Maria Gianfreda, classe 1921, che lo scorso 10 maggio ha compiuto 103 anni, anche lui pronipote del primo colono cegliese, un certo Vito Antonio Gianfreda che nel 1793 acquistò un terreno concesso in enfiteusi dal Duca di Monteiasi Gioacchino Ungaro, nell’allora località di “Li Castelli”.
Lui era amico anche di Giovanni Schiavilla, scomparso l’anno scorso all’età di 103 anni.
Per concludere, da ciò che ci dicono alcuni nipoti, possiamo dire che sono stati entrambi dei nonni e bisnonni apprensivi, molto legati alla famiglia.
Questa sera ci sarà un omaggio alla presenza del Parroco Don Antonio Andriulo e del Sindaco Giovanni Barletta.

A novembre dovremmo festeggiare un’altra centenaria.

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