Una signora, agente di commercio, combatte e vince contro L’Agenzia delle Entrate. Oggetto del contendere è stato un avviso di accertamento da studi di settore notificato il 30 dicembre 2014 alla vigilia di Capodanno per il periodo di imposta 2009 per un importo di circa 152.000 euro.
L’atto impositivo era stato impugnato innanzi alla Commissione Tributaria di Brindisi che aveva riconosciuto le ragioni dell’agente di commercio annullando l’avviso di accertamento. L’Agenzia delle Entrate non si era data per vinta e aveva proposto appello contro la sentenza n. 955 del 2015 emessa dalla II Sez. della Commissione Tributaria di Brindisi (Angelo Dell’Atti, presidente). Ma anche in secondo grado la Commissione Tributaria Regionale, sezione, di Lecce (Girdino Francesco, presidente) ha riconosciuto le ragioni di diritto e di fatto della contribuente con la sentenza n. 2739 del 25/09/2019. La contribuente è stata assistita e difesa dal dott. Cosimo Torino titolare dello Studio Torino in Francavilla Fontana.
Il dott. Torino spiega che l’avviso di accertamento era scaturito in base all’art 62 sexies del DL 30 agosto 1993 n.331 convertito dalla legge 29 ottobre 1993 n.427 il quale dispone che gli accertamenti di cui agli articoli 39, primo comma, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni scaturiscono in caso siano rilevati gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dall’applicazione degli studi di settore. I giudici hanno riconosciuto le ragioni della contribuente riportate nel ricorso dal dott. Torino, in particolare la CTR di Bari, sez. di Lecce ha affermato il principio secondo il quale quando i ricavi dichiarati ricadono nell’intervallo di confidenza elaborato dagli studi di settore tra un “valore minimo” e il “valore puntuale” degli stessi si esclude l’esistenza di gravi incongruenze; ma non solo, con Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 4 luglio 2007, è stato espressamente previsto che non possono essere effettuati accertamenti nei confronti dei contribuenti che dichiarano ricavi o compensi in misura non inferiore al livello minimo risultante dalla applicazione degli studi di settore. A ciò aggiungasi che con l’applicazione dei successivi studi di settore che, come tali, sono certamente più aderenti alla realtà dei fatti, il reddito dichiarato dalla contribuente appare del tutto congruo. Infatti il dott. Torino ha dimostrato che con l’applicazione dello studio evoluto per gli anni di imposta successivi i ricavi dichiarati dalla contribuente, pari a euro 444.074, risultavano congrui. Nel corso del giudizio la contribuente infine ha dimostrato che le maggiori spese accertate dall’Ufficio erano rivenienti da finanziamenti ricevuti dalle banche e dalla vendita di un immobile di sua proprietà di cui, invece, l’Agenzia delle Entrate non ha tenuto conto.
Per tali ragioni anche il giudice di seconde cure ha confermato la sentenza di primo grado.
Unico rammarico, spiega il dott. Torino, che non sono state riconosciute le spese del giudizio nonostante la norma ne preveda il pagamento in caso di soccombenza.
Prof. Dott. Cosimo Torino