Brindisi e’ una città che da tempo fa fatica a ritrovarsi, a vivere come comunità dalle identità definite e molte volte anche incapace e pigra a valorizzare le proprie risorse e la propria collocazione. L’ennesima crisi politica e amministrativa e il conseguente commissariamento hanno dato della città, ancora una volta, una brutta immagine di litigiosità e di inadeguatezza ad autogovernarsi, facendole perdere l’autorevolezza residuale rimasta. Lo confermano sia “l’alto” confronto sul consigliere che ha consentito con la sua firma lo scioglimento del consiglio così come i penosi incontri di questi giorni chiesti al commissario da parte anche di alcuni dei responsabili delle emergenze e dello sfascio della città. Sono gli stessi che avendo deciso uomini, alleanze e scelte delle amministrazioni di questi ultimi anni, hanno usufruito di consensi e prebende ed oggi chiedono al commissario quello che avrebbero dovuto fare loro. Eccellono in questo penoso spettacolo alcuni vecchi e nuovi rappresentanti istituzionali di ciò che è rimasto del pd e la corte dei miracoli e dei miracolati che in esso si sta accasando. Un partito che in questi anni più che essere la soluzione è diventato il problema della città.
La città non la difende nessuno. Viene solo utilizzata per quello che ancora riesce a dare: voti, incarichi, affari attraverso un sistema di potere che coinvolge associazioni professionali e storici interessi parassitari che si annidano attorno al porto, ai grandi gruppi industriali, alla sanità.
Si potrebbe dire: utile ad altri ma non ai brindisini. La storia purtroppo anche quella più antica sembra ripetersi.
La utilizzarono così i romani,i crociati,i normanni e gli aragonesi, gli inglesi con la valigia delle indie, l’ha utilizzata così l’industrializzazione petrolchimica degli anni ’60,per non parlare delle conseguenze sulla città delle scelte energetiche degli ultimi anni o quelle relative al porto. Potrebbero essere questi alcuni dei motivi per capire i mali di Brindisi che l’hanno fatta diventare una città priva di autonomia,bloccata e impedita a pensarsi come comunità e come protagonista del proprio futuro.
Brindisi si è sempre adeguata,aiutata da ascari in servizio permanente effettivo,a scelte pensate altrove e da altri. Subalterna alle relative fortune e disgrazie che esse storicamente hanno determinato sul territorio e sul suo vissuto.
Eppure la natura e la geografia ha dato tanto al territorio. Basti pensare al mare e al porto naturale o alla fertilità agricola dei propri terreni.
Ma le scelte che si sono compiute sulla sua testa hanno fatto di Brindisi,più che una città, un luogo di passaggio, un sito da sfruttare e poi abbandonare.
Le conseguenze di questa storica subalternità sull’attuale vita e sul futuro della città hanno raggiunto,oggi, un livello di guardia, delicato e pericoloso. Non c’è in giro, però, un’adeguata consapevolezza.
La città sembra rassegnata ad essere gestita,amministrata da classi dirigenti mediocri, pasticcione e come tali ancora più subalterne a quei poteri(a Bari o a Roma che siano) che si organizzano fuori e a prescindere dai brindisini. Rompere questa situazione richiede coraggio, discontinuità e un sussulto di autonomia della città. La sfida è questa: autogovernarsi liberandosi di intermediari esterni e selezionando una propria e nuova classe dirigente.
Il vecchio modello di sviluppo che ha segnato la recente storia economica ed industriale(chimica,energia) della città e’ in fase di esaurimento e superamento. Le sue potenzialità infrastrutturali e portuali rischiano di essere ulteriormente mortificate soprattutto se ci si affida a mediocri, disperate oltreché presunte competenze. I livelli di disoccupazione sono tra i più alti dell’Italia (il 35%!),con una disoccupazione giovanile che supera il 50%. Molte le imprese che in difficoltà stanno chiudendo e stanno fallendo. Sono la conseguenza e la conferma di uno assetto produttivo che non crea da tempo occupazione e sviluppo.
Le riforme istituzionali degli ultimi governi stanno ridisegnando in maniera confusa l’assetto istituzionale e organizzativo dello stato(eliminazione delle province, accorpamenti delle camere di commercio e delle autorità portuali, riorganizzazione sanitaria e ospedaliera). Brindisi si trova al centro di tutto questo e non riesce a trovare un nuovo ruolo, schiacciata tra Lecce e Bari. Nessuno l’aiuta a difendersi o a ripensarsi come città. Tutti la sfruttano perché trovano nella stessa città le condizioni che ormai fanno della mediocrità l’unica forza per sopravvivere e per gestire un presente senza futuro. Sono considerazioni amare che da tempo faccio anche, in maniera autocritica, per le responsabilità politiche avute nel passato.
Si può reagire? Si può avviare e organizzare a più voci una riflessione e una discussione cittadina coraggiosa,pacata e aperta?
Le forze di sinistra, progressiste e democratiche vogliono prendere nelle loro mani e con idee nuove la bandiera della difesa e dell’autonomia di Brindisi?
Questa fase della vita e della storia della città, può fare affidamento, oltreché su un ineludibile rinnovamento della politica, su un civismo attivo e mobilitante di tutte le risorse e intelligenze disponibili a prendersi cura della città?
Brindisi sembra che sia diventata refrattaria a qualsiasi confronto e impegno per un dialogo costruttivo. Solo tatticismi e individualismi insopportabili. Convenienze e posizionamenti vengono prima delle idee e dei valori. Visioni e soluzioni utili per la città neanche a parlarne.
Ma di questa città,”hic et nunc”,bisogna prendersi cura,tutti,e prima che sia troppo tardi.
La città è entrata in un cono d’ombra da cui va aiutata ad uscirne.
Il rischio che anche in questa fase, la palude,l’indistinto,gli interessi dei soliti furbi e gli speculatori delle sue disgrazie,prevalgano sulla urgenza di governare con rigore e lungimiranza questa fase e sul suo bisogno di riscatto e di rinascita, e’ molto alto.
Bisogna combattere il pericolo immanente di una città che da precaria e sbandata diventi smembrata e desertificata anche per responsabilità degli stessi cittadini.
Non può essere solo la politica,tra l’altro,screditata,o i tradizionali ceti dirigenti, ad organizzare e gestire questo difficile passaggio.
È necessario un ampio coinvolgimento culturale, sociale e civico capace innanzitutto di combattere il parassitismo di coloro che sono cresciuti e si sono arricchiti senza dare mai niente alla città. È diventato insopportabile l’atteggiamento presuntuoso e altezzoso di quei ceti professionali sempre pronti a cercare benevolenze o incarichi ai potenti di turno per poi “pettegolare” nei propri salotti contro tutto ciò che non va in città. Sporcatevi le mani!
La città,ha bisogno di una riscossa civica anche per non essere schiacciata,come sta già avvenendo,dal neocentralismo statale e da un neocentralismo “baricentrico” regionale di cui Emiliano e coloro che in varie forme lo sostengono è l’espressione più acuta.
Nella fase di profonde riforme istituzionali,amministrative e organizzative,di ricollocazioni produttive,di globalizzazione in atto e dopo la lunga recessione, Brindisi rischia di diventare emarginata e perduta,come è già successo in altri periodi della sua storia.
Spetta ai brindisini,ma soprattutto alle nuove generazioni, prendersi cura della propria citta’ e rilanciarne ruolo e prospettiva. Si facciano finalmente da parte tromboni salvifici, portatori di voti, marpioni politici, lestofanti.
Il futuro della città potrà essere solo quello che da città storicamente utile agli altri(per poi essere abbandonata) diventi anche e innanzitutto utile a se stessa.
La politica e questa politica brindisina ha dimostrato che non è in grado di farcela. Ha fallito più volte! Non possono essere gli stessi che hanno fallito a risollevare la città. Ne’ tantomeno coloro che non vivono in città e non conoscono le sue sofferenze, attratti, come sono, solo dagli interessi economici che in essa ancora persistono e su cui sviluppano la propria devastante intermediazione.
Non ci aiuterà nessuno. Dipenderà molto dal rinnovamento della politica e dal contributo che le forze democratiche e di sinistra, ma non solo esse, riusciranno a dare. Ma dipenderà anche da ognuno di noi, dalle proprie intelligenze e dalla costruzione di un civismo democratico e partecipato(da non confondere con il proliferare delle liste civiche che sono solo,il più delle volte,dei contenitori di trasformismo).
Siamo tutti chiamati ad abbandonare le “cittadelle delle comode certezze e convenienze”, a liberarci di quella che io chiamo rassegnazione collettiva. Bisogna mettere da parte presunzioni e quei rancori che ognuno si porta dietro, se si vuole dare una mano a Brindisi in uno dei più difficili momenti della sua storia.
Giovani, mondo del lavoro, imprese, professioni, personalità fate un passo avanti per ridare a Brindisi un po’ di normalità, di stabilità e una ritrovata autonomia. Sono le condizioni indispensabili per costruire il suo/nostro futuro. Prendiamo e facciamo nostro il detto popolare: “aiutati che Dio ti aiuta”.
Carmine Dipietrangelo
Presidente LeftBrindisi