Gianfranco Jannuzzo interpreta Ciampa, protagonista della commedia scritta da Luigi Pirandello nel 1916: un personaggio, forte di una umanità a tratti disarmante, conduce lo spettatore in uno spaccato siciliano fatto di convenzioni e regole sociali risolvendo con naturalezza un groviglio di sentimenti. Appuntamento venerdì 10 gennaio, con sipario alle ore 20.30.
Venerdì 10 gennaio, al Nuovo Teatro Verdi di Brindisi, arriva «Il berretto a sonagli». Luigi Pirandello e le sue corde iconiche, quella civile, quella seria e quella pazza, riappaiono con Ciampa, il protagonista della commedia del maestro di Girgenti, interpretato da Gianfranco Jannuzzo. Con lui in scena Emanuela Muni, Gaetano Aronica, Carmen Di Marzio, Franco Mirabella, Alessandra Ferrara, Caterina Milicchio e la partecipazione straordinaria di Anna Malvica, diretti da Francesco Bellomo.
Il capolavoro pirandelliano, che ha da poco compiuto un secolo, racconta di un marito che pur consapevole dell’adulterio della moglie, in un periodo in cui esisteva il diritto d’onore, accetta per amore la situazione. Unica condizione è di conservare il rispetto del paese. Il marito tradito è Ciampa, scrivano-impiegato di un ricco signore che ha una relazione proprio con sua moglie. Anche il benestante è sposato, con l’energica e determinata Beatrice che, a differenza di Ciampa, non accetta il tradimento del marito ed escogita il modo per coglierlo in adulterio. Obiettivo della donna è rovinargli la reputazione. Ciampa, che non vuole assolutamente indossare il “berretto a sonagli”, metafora di “cornuto”, è deciso a difendere il suo matrimonio e la sua dignità e allora trova la soluzione.
Il testo mescola e mette a confronto verità e vergogna. La verità, sacra ma profanata per amor dell’apparenza, è la massima ribellione di Beatrice. La donna è disposta a lasciare il suo paese, la sua casa e la sua famiglia pur di poter vivere senza finzione. La vergogna è il sentimento intorno a lei più diffuso: tutti provano vergogna nel veder riconosciuto pubblicamente ciò che tutti già sanno, la relazione adultera che il marito intrattiene con Nina, la giovane moglie dello scrivano.
Nella drammaturgia ricadono tanti temi cari a Pirandello: la finzione e la verità, il gioco delle maschere, la nostra immagine sociale, quello che siamo e quello che pensiamo di essere. Jannuzzo recita le parole di Pirandello: «Pupi siamo. Ognuno si fa pupo per conto suo: quel pupo che può essere o che si crede di essere, e allora cominciano le liti, perché ogni pupo vuole essere rispettato, non tanto per quello che dentro di sé crede di essere, ma per la parte che deve rappresentare fuori (…) quel pupo dagli altri lo vuole rispettato».
Il Ciampa proposto da Gianfranco Jannuzzo è il distillato di questa contaminazione pirandelliana e si muove con pacatezza nell’arco dei sentimenti di dolore, furore, pietà e ironia che permeano il suo essere ora uomo, ora pupo, ora personaggio. Lo spettacolo crea un apparentamento tra Ciampa e il professor Toti di «Pensaci Giacomino» alla luce di una certa affinità tra i due personaggi. Lo spirito che anima Toti, pieno di rassegnazione pur di mantenere gli affetti, risulta dominante, seppure in maniera diversa, anche in questa sorta di triangolo tra Ciampa, la moglie Nina e il Cavalier Fiorica. Il recupero del copione originale consente di evidenziare la spontaneità della vis comica pirandelliana: «Abbiamo recuperato la spontaneità e la vis comica pirandelliana», assicura Jannuzzo, profondo conoscitore delle opere del maestro. Il reinserimento di alcune scene tagliate permette di identificare meglio il tema dell’opera e i caratteri dei personaggi.
Lo spettacolo comincia con un prologo inedito in flashback, nel quale gli amanti clandestini sono colti in flagranza di reato ed arrestati. La regia di Francesco Bellomo colloca la vicenda nell’immediato dopoguerra e recupera situazioni tipiche del mondo siciliano di quel tempo. Le musiche di Mario D’Alessandro ci riportano alle sonorità forti e terragne che hanno caratterizzato la produzione cinematografica dei film di ispirazione siciliana degli anni Cinquanta. La scenografia di Carmelo Giammello è ispirata alle case siciliane dell’epoca, dove si era soliti coprire le pareti con i teli neri e tutti i mobili e le finestre con dei drappi, metafora di un desiderio di non contaminazione e di una mancanza di rapporto tangibile con le cose e le persone.