BRINDISI – Picchiata per aver chiesto – legittimamente – quanto le spettava per aver svolto il suo lavoro nei campi. E’ dalla denuncia di questa donna che è partita, nel 2015, l’inchiesta dei carabinieri della Compagnia di Francavilla Fontana e di Brindisi, coordinati dal pm Raffaele Casto, culminata oggi, alle prime luci dell’alba, con l’arresto di quattro persone, accusate a vario titolo di intermediazione illecita, il cosiddetto Caporalato. In carcere sono finiti Michelangelo Veccari, la compagna Valentina Filomeno, Grazia Ricci e Maria Rosa Putzu su disposizione del Gip Maurizio Saso.

arresti

Secondo quanto accertato dagli investigatori, 15 donne, di cui due straniere (e tutte in stato di necessità) che lavorano alla raccolta delle ciliegie in una azienda di Turi, nel Barese, erano sfruttate, picchiate e minacciate continuamente dai loro ‘caporali’. Dalle intercettazioni è emerso che venivano definite ‘femmine, mule e capre con la stessa testa’. Venivano prelevate da Villa Castelli e da altri comuni del Brindisino e del Tarantino per essere poi condotte nell’azienda del Barese. Lavoravano per oltre 8 ore al giorno, a fronte delle 6 ore e mezza previste dal contratto; e anzichè percepire 55 euro al giorno come previsto dal contratto, gliene venivano scalate 8 per il trasporto e ne ricevevano 38 nette. Nè straordinari nè festività venivano pagati.

A capo di questa organizzazione due coniugi di Villa Castelli: Michelangelo Veccari e Valentina Filomeno. Le altre due arrestate sono una donna di Palagiano che procacciava la manodopera ed una di Turi, dipendente dell’azienda “committente” e riscuoteva gli 8 euro a testa per i caporali.

Fondamentali per chiudere l’inchiesta sono state le intercettazioni telefoniche ed ambientali, in una delle quali emerge che una delle lavoratrici che si era rivolta ad una agenzia interinale fu minacciata: “Con l’agenzia lavori un mese, con noi lavori sei mesi, otto mesi. Dipende da cosa vuoi fare. Se vuoi lavorare un mese, altrimenti ti conviene venire con noi”. La bracciante, alla fine, andò in agenzia per disdettare il contratto.

Dalla conferenza stampa odierna, svoltasi in Procura, è emerso che gli ‘intermediatori’ facevano leva sullo stato di necessità delle donne.

Pamela Spinelli
Direttore responsabile

2 COMMENTI

  1. Questo problema ,sempre più serio , si protrae da sempre . Ogni tanto , quando il sole picchia veramente , qualcuno invece di rinsavire agisce , contro corrente ,magari normalmente come sarebbe dovuto il rispetto verso chi si spacca la schiena nelle campagne . La mafia non è chi agisce col caporalato , ma pure chi dovrebbe controllare .

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