Attentati, presunto affiliato alla Scu ordinava estorsioni: 4 fermi

Quattro persone sono state sottoposte a fermo dai carabinieri, su disposizione della Dda di Lecce, a San Pietro Vernotico, con le accuse, contestate a vario titolo, di associazione mafiosa con l’aggravante della disponibilità delle armi, tentata estorsione, porto e detenzione di armi da fuoco, lesioni personali, danneggiamenti con esplosivi o a seguito di incendio. Secondo l’accusa, il presunto sodalizio criminale avrebbe avuto come promotore un affiliato alla Sacra Corona Unita.

L’indagato, nonostante si trovasse in carcere, ritengono i militari, avrebbe impartito ordini all’organizzazione su attività illecite, controllo del territorio, gestione della cassa comune, mantenimento dei partecipi e delle loro famiglie. Il detenuto – sempre secondo l’accusa – avrebbe dato mandato agli indagati di compiere una serie di atti intimidatori e danneggiamenti nei confronti di imprenditori locali e della ex moglie perchè riteneva che la donna avesse una nuova relazione sentimentale. Tra gli episodi contestati agli arrestati ci sono due attentati, con esplosioni e danneggiamenti, ai danni di un’attività commerciale a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, e l’aggressione compiuta nelle scorse settimane ad un parente della ex moglie dell’affiliato alla Scu. Inoltre il presunto capo del sodalizio avrebbe compiuto azioni di delegittimazione del comandante della stazione dei carabinieri di San Pietro Vernotico. L’ufficiale era ritenuto dall’indagato, evidenziano dalla Dda, “particolarmente attivo nel contrasto alle condotte illecite del clan a San Pietro Vernotico, attuato mediante le attività di servizio svolte dall’arma sul territorio, e per screditarne l’immagine considerato che il comandante avrebbe testimoniato in un processo a carico del capo clan”.

Nel corso di un’udienza penale presso il tribunale di Brindisi in cui il comandante della stazione di San Pietro Vernotico era citato quale testimone in un processo in cui il detenuto era indagato per altro reato, durante la sua deposizione in videoconferenza, l’uomo mostrò al giudice un foglio di carta riportante una foto sfocata che, a suo dire, ritraeva il comandante , “con il fine di screditarne la testimonianza”. L’attività tecnica condotta dai militari ha consentito di appurare che la foto, fatta già circolare in precedenza, fosse stata “artefatta dai sodali su indicazione del capo promotore detenuto con l’obiettivo, attraverso l’attività diffamatoria, di ottenere il trasferimento del comandante, ritenuto responsabile di aver ostacolato l’attività criminosa del clan e di voler testimoniare in un processo carico del capo clan”.

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