Il «Barocco Festival» fa ritorno a San Vito dei Normanni, nel Chiostro dei Domenicani, venerdì 31 agosto alle ore 21, con uno spettacolo del «Trio Galanterie» dal titolo «Oh qual meraviglia»: protagonista il mandolino, strumento che nell’Ottocento diventa uno dei più diffusi e popolari, ma che aveva visto il suo coinvolgimento strumentale già nel concerti settecenteschi, basti pensare alle “sperimentazioni” vivaldiane. Fu presente nelle botteghe degli artigiani come nelle abitazioni di borghesi, non raro a trovarsi in qualche ambiente della nobiltà alla luce del facile apprendimento e alla portata di chi, oltre al virtuosismo, mira ma al puro piacere di far musica.
Nell’immaginario collettivo il mandolino è uno strumento legato esclusivamente alla tradizione popolare e folklorica. La realtà dei fatti dimostra che ciò è solo un’eccessiva semplificazione. Certo, nell’Ottocento il mandolino, da strumento di nicchia, diventa uno dei più diffusi e popolari. Come non ricordare che Puccini, nel 1922, definì gli italiani «un popolo di mandolinisti» e Verdi nel 1888, all’indomani della prima dell’Otello a Milano, viene nominato presidente onorario di una delle tante società di mandolinisti. Ma questo piccolo strumento, dalla caratteristica cassa profonda e arcuata, ha origini antichissime e nel corso del Seicento e Settecento ha avuto un ruolo molto importante nella produzione strumentale italiana.
Nominato più volte da Antonio Stradivari nei suoi carteggi, criticato da Innocenzo XI e Innocenzo XII per l’uso in chiesa insieme a trombe, flauti e corni, il mandolino, con la sua particolare sonorità, ha ‘solleticato’ il genio creativo di molti compositori dal Seicento fino ai nostri giorni. Diverso per numero di corde tra il Sud e il Nord Italia (quattro corde doppie a Napoli, cinque o sei doppi cori a Roma, Venezia e Milano) ma suonato sempre col plettro, il mandolino è stato fonte di ispirazione per numerosi concerti solistici, sonate e variazioni.
Nelle regioni del Nord d’Italia, fino alla fine del Settecento i mandolini erano direttamente derivati dal liuto, molto diversi da quelli che si utilizzano oggi. Prova ne sia che i concerti di Antonio Vivaldi erano destinati a questo tipo di strumento. A partire dalla metà del XVIII secolo alcune famiglie di liutai di Napoli introducono nel mandolino importanti modifiche e da qui lo strumento raggiunge tutta l’Italia e arriva in tutte le corti d’Europa.
Dopo l’Unità d’Italia il mandolino diventa un vero strumento di identità nazionale. In tutta la penisola si diffondono orchestre composte da mandolini, mandole, chitarre ed arpe. Con la fine della Seconda Guerra Mondiale il mandolino conosce in Italia un periodo di decadenza, lasciando spazio ad altri generi, repertori e strumenti. Attualmente il panorama nazionale è costituito da numerose realtà territoriali, presenti in quasi tutte le regioni italiane e ben radicate.
I brani presentati dal «Trio Galanterie» costituiscono sono una piccola parte del repertorio dedicato al mandolino e permettono di ricostruire un percorso da Napoli a Venezia, passando per Roma, in cui il mandolino compete ad armi pari con gli altri grandi ‘strumenti solistici’ del tempo. Virtuosismo e cantabilità, sempre arricchiti da preziosi abbellimenti, caratterizzano le sonata e i concerti in programma, un repertorio di rara esecuzione e gran fascino.
Venerdì 31 agosto ore 21.00 – San Vito dei Normanni, Chiostro dei Domenicani
OH QUAL MERAVIGLIA!
La letteratura per mandolino tra Napoli e Venezia
Trio Galanterie
Tiziano Palladino mandolino
Alberto Mammarella cembalo
Remo Ianniruberto violoncello