Brevemente risplendiamo sulla terra è il primo romanzo di Ocean Vuong, autore vietnamita cresciuto sin dalla primissima infanzia negli Stati Uniti, uscito in Italia per La nave di Teseo: è una storia che si dispiega in forma di lettera rivolta alla madre e che a poco a poco, secondo schemi temporali fluidi, rende manifeste al lettore le vite di Little Dog, di sua mdre e della nonna Lan. Non si racconta tanto una storia, quanto «piuttosto un naufragio», con i pezzi che «galleggiano, finalmente leggibili». Quella di Little Dog è una lettera di perdono alla madre, un resoconto sincero – facilitato dalla consapevolezza che mai verrà letto dalla destinataria – per condividere con lei il significato dell’essere scrittore e il peso delle parole con cui descrivere il viaggio verso l’abisso che la scrittura richiede. La dicotomia che percorre tutto il libro è, infatti, quella che separa la capacità delle parole di definire il mondo dall’impotenza derivante dal fatto di non averne – il silenzio di quando «le nostre parole all’improvviso sbagliate dovunque, persino nelle nostre bocche» o la disperazione di quando «volevo piangere ma non sapevo ancora come farlo in inglese. E così non ho fatto nulla». Se le parole di cui si dispone sono «meno delle monetine che hai messo da parte con le mance del centro estetico nella confezione vuota del latte sotto il lavandino in cucina» diviene difficile sentirsi parte di quel grande sogno americano. L’unica certezza, la sola testimonianza della propria presenza in un paese a cui ci si sente estranei e in cui si è costretti a fare i conti con le proprie ossessioni, viene dalla fatica del proprio corpo. Lavorare equivale all’accettazione che il corpo divenga parte dell’ingranaggio che consente la sopravvivenza e, così, il centro estetico dove la madre di Little Dog lavora altro non è se non «il posto in cui i sogni diventano la consapevolezza calcificata di cosa significa svegliarsi con ossa americane, con o senza cittadinanza, ossa indolenzite, tossiche e sottopagate». Ma tutto va bene, se ci si lascia alle spalle l’orrore di una guerra, quella che nonna Lan ha vissuto in Vietnam in prima persona e che affiora nelle storie che racconta al nipote, insieme alla poesia di un mondo perduto. Little Dog è al centro di un romanzo di formazione in cui assistiamo al moltiplicarsi delle parole e delle loro combinazioni per raccontare sia la violenza che la tenerezza assoluta di alcuni quadri familiari, sia il degrado delle periferie americane che l’inaspettata scoperta dell’amore: Little Dog lo trova il suo posto nel mondo e proprio la sensazione di essere approdato a qualcosa dopo il naufragio merita una lettera piena d’amore alla madre. Le arriverà, pure se non riuscirà a leggerla.
Diana A. Politano