“Brindisi e la decarbonizzazione” – di Cristiano D’Errico

Sono confuso!

BBC ha aderito ad Europa Verde!

Europa Verde scrive che è contraria al deposito di GNL nel porto di Brindisi. BBC pure.

Europa Verde scrive che è contraria al rigassificatore offshore (a mare) ed a quello onshore (a terra).BBC pure.

Il PD di Cannalire (tutto il PD cittadino??!!!) è favorevole al rigassificatore onshore ma contro il deposito GNL di Edison perché “l’indotto non sarebbe paragonabile a quello derivante dagli investimenti di Falck o da quelli futuri ENEL”.

A luglio dello scorso anno sul deposito Edison di GNL Elefante e, Fanigliulo e D’Onofrio del PD, avevano fatto venir meno il numero legale in netto contrasto con i componenti PD della Giunta e con i loro colleghi di maggioranza in seno al Consiglio Comunale.

BBC con Cellie nel 2013 sosteneva la conversione a gas della centrale ENEL; oggi ci ripensa.

Oggi tutti contro ENEL che a causa dell’aumento del costo del gas è ritornata, su richiesta di TERNA, a produrre energia anche con il secondo gruppo; e se continua così anche con il terzo e con enormi difficoltà di approvvigionamento di carbone.

La questione energetica oggi, come ieri, è un importante pezzo del più complesso processo di decarbonizzazione.

Quindi chiudere la faccenda della decarbonizzazione e quella energetica con un “abbiamo già dato” come hanno detto BBC, il sindaco ed Europa Verde rappresenta una cesura populistica che si potrebbe perdonare all’uomo qualunque, all’uomo della strada, ma non a chi ha responsabilità istituzionali e rappresenta una comunità.

Problemi complessi come quello dell’emergenza climatica e di quella energetica mal si conciliano con semplificazioni che portano al confronto conflittuale ma soprattutto al mantenimento dello status quo.

Risulta, invece, evidente che bisognerebbe immaginare una strategia che tenga insieme scelte sulle rinnovabili, sulla mobilità elettrica ma anche sull’agricoltura e sulla silvicoltura.

Se al pandemia ha portato ad un rallentamento degli obiettivi di decarbonizzazione, la guerra in Ucraina ci impone degli impegni e non palleggiamenti; tutti insieme.

Per esempio in Italia l’agricoltura e l’allevamento sono responsabili con il 7% delle emissioni climalteranti. Ma l’agricoltura può trasformarsi in una fonte di assorbimento di gas ad effetto serra.

L’agricoltura rigenerativa che permette un aumento del carbonio organico e di nutrimenti è un metodo che può essere facilmente integrato nella filiera agroalimentare favorendo il passaggio da un concimazione chimica ad una organica.

Anche l’algacoltura è un segmento fortemente utile alla decarbonizzazione perché le alghe catturano tra le 40 e le 60 tonnellate di anidride carbonica per ettaro contro le 15 di un ettaro di foresta.

Senza contare che dalle alghe non si ricavano solo biocombustibili ma anche bioplastiche, cosmetici, mangimi, fertilizzanti organici e che l’algacoltura può essere utilizzata per abbattere sensibilmente le emissioni di impianti industriali come quelli presenti a Brindisi.

Questo un piccolo esempio di come la decarbonizzazione sia un’importante opportunità per il tessuto produttivo italiano ed in particolare per il settore agroalimentare.

Se poi pensiamo alle rinnovabili nell’articolato sistema della decarbonizzazione queste devono essere valutate come un pezzo di un ragionamento e di una soluzione assai complessa ed articolata.

I grandi impianti eolici o fotovoltaici onshore portano con se problemi di natura ambientale come il consumo di suolo e l’alterazione del paesaggio.

Più facile e meno impattante potrebbe essere l’adozione di generatori micro eolici o la copertura la copertura degli immobili delle città e dei capannoni delle zone industriali già fortemente antropizzate. E non sarebbero da sottovalutare le maggiori ricadute occupazionali di queste soluzioni rispetto ai grandi impianti.

Altro ragionamento  per gli impianti eolici offshore che se opportunamente posizionati non alterano il paesaggio.

Se si passa all’analisi della decarbonizzazione dei processi industriali la questione diventa ancora più complessa perché bisogna tenere insieme competitività e ambiente in un sistema paese dove (Brindisi può fare da esempio) gran parte dei giovani si deve accontentare di lavori precari senza possibilità di crescere e restituire competenze allo stesso tessuto produttivo.

I biocombustibili dovrebbero essere considerati uno dei tanti prodotti che si possono ottenere dalla raffinazione di scarti di origine biologica o delle produzioni secondarie o marginali e non un filone green alla moda che meriterebbe una defiscalizzazione che ne possa incentivare la produzione.

L’idrogeno è un’importante sostituto della benzina per il settore del trasporto ma ad oggi per produrlo la tecnologia non ci permette di avere un bilancio positivo perché per produrre 1 MWh serve più di 1 MWh di energia.

Ad oggi quindi siamo ancora lontani dalla sostituzione dei combustibili fossili con l’idrogeno anche se multinazionali come BMW e Toyota stanno scommettendo su questo carburante.

Ma al netto dei ritardi, anche tecnologici, la strada è segnata e bisogna trasformare la decarbonizzazione in un’opportunità di sviluppo e crescita per le nostre imprese, piuttosto che la l’ennesimo impedimento competitivo.

Insomma le opzioni sono tante e bisogna essere capaci di elaborare un piano organico improntato alla concretezza e che non può essere risolto con un “abbiamo già dato” ma con un “c’è ancora molto da dare e da fare”.

Cristiano D’Errico

 

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