Prosegue il ciclo di lezioni, dal titolo “Se la storia va a teatro”, ideato e promosso dalla Fondazione Nuovo Teatro Verdi. Prossimo appuntamento martedì 29 marzo nelle sale della Biblioteca arcivescovile “Annibale De Leo”, con la storia di Brindisi vista da un punto di vista originale, quello dei documenti originali – pergamene e quotidiani – ivi conservati. La lezione, a cura della direttrice della Biblioteca, Katiuscia Di Rocco, sarà trasmessa in diretta streaming – dalle ore 10 alle 11 – sulla pagina Facebook della Fondazione ed è organizzata con il sostegno della Regione Puglia, nell’ambito del finanziamento «FSC 14-20: Patto per la Puglia. Custodiamo la Cultura In Puglia 2021 – Misure di sviluppo per lo spettacolo e le attività culturali – D.G.R. n. 1570/2020 – A.D. 499/2020». Un cammino che inizia dall’XI secolo, passaggio dall’alto al tardo Medioevo, quindi attraversa la storia medievale, moderna e contemporanea della città, fino a giungere ai grandi avvenimenti del secolo scorso. Un lungo compendio di memorie, di restauri e di dominazioni che fa luce sulla funzione della città nel tempo, sui periodi di prosperità e di decadenza, sulle cadute e sullo splendore, sulla strategicità nella grande piazza d’armi e mercantile del Mediterraneo. Il filo scorre nella storia e Brindisi rimane nel grembo del suo porto, illuminata dalle civiltà e oscurata dall’abbandono e dalle devastazioni.
Agli inizi dell’XI secolo, il protospatario Lupo, governatore militare bizantino, avviò un programma di ricostruzione della città dopo secoli di abbandono, come documenta l’epigrafe posta alla base della colonna romana superstite (“Lupo Protospata, illustre pio e splendido per le azioni benefiche, ricostruì dalle fondamenta questa città, che gli Imperatori magnifici e benigni…”). Brindisi fu conquistata dal normanno Roberto il Guiscardo una prima volta nel 1060 e poi, definitivamente, nel 1071. Nell’XI secolo fu attaccata da Bizantini e Veneziani: divenne città demaniale sotto Ruggero II e fiorì per cultura e commerci. Il suo porto divenne importante scalo per l’Oriente e base di partenza di pellegrini e crociati. Federico II di Svevia le concesse molti privilegi (costruì la rocca, concesse la zecca, ecc.). Con gli Angioini fu ingrandito il porto e costruito un arsenale, ma la città dovette subire le ripercussioni delle lotte dinastiche. Sotto gli Aragonesi fu costruita la fortezza esterna dell’isola Sant’Andrea: ma per proteggere la città dalle scorrerie dei Turchi fu ostruito il canale del porto e soffocata così la sua via marittima. Distrutta da un terremoto nel 1456, fu riedificata da Ferdinando I d’Aragona.
Dal 1496 al 1509 appartenne a Venezia. Sotto il dominio spagnolo iniziò la decadenza: il porto fu abbandonato, con una gravissima crisi economica e demografica: alle rivolte popolari del 1554 e del 1647 i nuovi padroni risposero con la repressione. Solo nel 1775, sotto Ferdinando IV di Borbone, fu riattivato da Andrea Pigonati il canale d’uscita del porto interno, che ancora ne porta il nome, e furono risanate le paludi adiacenti alla città.
Tuttavia, Brindisi conobbe una rinascita solo con la sua annessione all’Italia e specialmente con l’apertura del Canale di Suez (1869) e il rifiorire del movimento mercantile con l’Oriente. Dal 1870 al 1914 fu il porto d’imbarco della Valigia delle Indie, la principale comunicazione tra l’Europa Occidentale e l’Oriente. Durante la guerra 1915-18 la posizione di Brindisi, quale unico porto sicuro della sponda italiana dell’Adriatico, permise di farne la base naturale delle operazioni militari su quel mare. Il porto fu quindi attrezzato in rapporto alle esigenze militari e divenne base della flotta italiana e delle navi alleate che operavano nel basso Adriatico. Nel 1927 la città venne elevata a capoluogo di provincia. Il suo porto conobbe un altro periodo di intensa attività negli anni immediatamente precedenti la seconda guerra mondiale, durante l’occupazione e l’annessione dell’Albania all’Italia; anche l’aeroporto assunse importanza per i collegamenti con l’Albania, la Grecia e la Turchia, e come scalo delle linee inglesi e olandesi. La città subì qualche bombardamento aereo durante la campagna di Grecia, con danni alle zone adiacenti al porto e alla stazione ferroviaria. Il 10 settembre 1943 vi si rifugiarono il re Vittorio Emanuele III e il maresciallo Badoglio, e Brindisi divenne sede del governo italiano fino al febbraio 1944 quando si trasferì a Salerno. Il porto si conferma ago del destino, a volte approdo di salvezza, come fu per i profughi ebrei, in prevalenza italiani, sbarcati a Brindisi all’alba del 29 novembre 1956 dopo l’espulsione dall’Egitto di Nasser a seguito della “crisi di Suez”.