BRINDISI – Non si può fermare il vento con le mani. L’Italia è nel bel mezzo di una tempesta economica che tarda ad abbandonare il nostro Paese. Pochi sanno che Brindisi è la provincia pugliese che meglio ha retto l’impatto; a fare da contraltare a questo primato consolatorio, però, si staglia un nuovo fronte plumbeo, il quale preconizza che l’occhio del ciclone permarrà qui più che altrove.

A fronte della necessità di politiche sempre più condivise e di visioni sempre più allargate, a Brindisi, la nuova Giunta, al grido di “Brindisi ai brindisini”, pretende di risolvere dal quartier generale di Piazza Matteotti problemi di rango nazionale, se non internazionale, quali quelli legati al comparto energetico o quelli legati al futuro del Porto e della logistica tutta.

Le difficili scelte politiche, come non mai, decreteranno la vita o la morte del territorio. A tal proposito, alquanto capotiche appaiono le scelte centrifughe sbandierate dagli esponenti regionali del M5S i quali, rispetto alla questione inerente Aeroporti di Puglia, auspicano il potenziamento dello scalo di Grottaglie sul fronte dei voli civili; se questo dovesse concretizzarsi, rischierebbe di innescare una guerra tra poveri con lo scalo brindisino, quando altrove si rifugge dagli eccessivi frazionamenti e si punta sulla diversificazione (vedi situazione attuale con Brindisi focalizzata sui voli civili e Grottaglie su cargo ed aerospazio).

L’aeroporto brindisino,  dopo gli anni ruggenti legati alla presenza di Ryanair, si trova adesso nel bel mezzo delle rivendicazioni tarantine e della necessità della Regione Puglia di privatizzare la società Aeroporti di Puglia. Ciò, a seguito della decisione di “mamma Europa” di chiudere i rubinetti dei finanziamenti, i quali, sino ad ora, hanno permesso a Ryanair di trasformare i due scali pugliesi in propri Hub.

Parallelamente alle trattative per portare a termine la fusione tra AdP e la Gesac (società che gestisce lo scalo napoletano), la quale, se dovesse concretizzarsi, produrrebbe conseguenze che nessuno, al momento, è in grado di prevedere, si deve registrare la profonda crisi in atto nel comparto aeronautico locale, che negli ultimi anni ha rappresentato il vero motore trainante dell’economia. Il nuovo scenario rappresentato dalla ristrutturazione industriale di Finmeccanica, divenuta Leonardo, ha acceso i riflettori sulla crisi delle piccole e medie imprese; ciò, a seguito della internalizzazione di tutte le lavorazioni che prima venivano affidate ad aziende subfornitrici sia nella ex Agusta che nella ex Alenia. Insomma, se fino ad ora la possibilità che anche Alenia (oggi Leonardo) decidesse di internalizzare le lavorazioni era un timore fondato, adesso non ci sono più dubbi, dato che per vedersi affidate delle nuove commesse da Leonardo, è necessario diversificare la propria produzione. Le aziende che legano la loro produzione a Leonardo in misura superiore al 70%, si ritroveranno, così, sull’orlo del fallimento, ed è proprio quello che sta accadendo alle aziende del comparto brindisino. Quest’ultime, tagliate fuori dai fondi europei e dalle predette commesse, devono necessariamente accorparsi e trasformarsi in soggetti più forti, in modo tale da diversificare la loro produzione. Su questo, la Regione Puglia deve prestare maggiore attenzione nella distribuzione dei finanziamenti; giunge voce, infatti, che alcune aziende campane siano interessate a dislocare le loro produzioni su Grottaglie, in virtù della ingente quantità di fondi comunitari che la Regione Puglia riesce ad intercettare ed assicurare. Non vorremmo che, se da una parte questo permetterebbe di ammortizzare il fenomeno delle vertenze occupazionali vissute dai lavoratori brindisini, dall’altro lato assistessimo, poi, ad una colonizzazione e depredazione campana ai danni delle imprese insistenti sul territorio brindisino.

Il peso dell’industria aerospaziale sull’economia brindisina si appalesa nitidamente nei numeri forniti dall’Osservatorio regionale Banche-Imprese. Come detto in precedenza, la provincia brindisina, tra il 2008 ed il 2013, ha retto molto meglio delle altre province pugliesi: Brindisi è l’unica ad aver fatto registrare il segno positivo nelle variazioni del valore aggiunto (+1,68%, a fronte del -6,53% pugliese), ed è quella che ha subito la minore erosione occupazionale (-3,77% contro il -7,29% pugliese). In una regione dove l’industria incide più degli altri settori, sia in termini di valore aggiunto che di occupazione, è facile realizzare il sillogismo: nascita del distretto aerospaziale pugliese = migliore tenuta per Brindisi, che da sempre, in Puglia, la fa da padrona in questo settore.

Questi dati sono stati confermati anche nel triennio 2014-2016, nel quale Brindisi è cresciuta del 6,76% in termini di V.A. (la media pugliese si è assestata al 2,74%) e del 4,90% in termini occupazionali (contro l’1,29% pugliese).

Per il periodo 2017-2020, però, il quadro si colora di tinte fosche.

A causa della crisi del settore industriale, la situazione si capovolgerà completamente: Brindisi sarà la provincia che farà registrare la minore variazione percentuale di V.A. (+1,91%, a fronte del 3,19% regionale).

Taranto, ad esempio, farà registrare una variazione del 5,44%, Bari del 3,72%. Questi dati delineano un quadro chiaro della situazione: il Governo nazionale e quello regionale, con il Piano nazionale della logistica, con il Patto per Taranto e con il Masterplan per il sud, stanno decretando in maniera potestativa la sorte dei territori pugliesi. E’ chiaro, infatti, che la crescita economica delle due province pugliesi è legata alle ingenti somme che cadranno a pioggia per infrastrutturare quelle aree, creando deliberatamente sensibili discrasie tra territori contermini.

In tutto questo, si materializza impietosamente l’incapacità delle ultime amministrazioni brindisine nel ripensare lo sviluppo del territorio, lasciandolo, invece, in balia di un modello industriale anacronistico e dichiaratamente fallito. La crisi del settore industriale difficilmente può essere interamente colmata da aumenti consistenti di valore aggiunto nei settori del turismo, dell’agroalimentare e della cultura. E’ vero pure, però, che là dove l’integrazione tra questi comparti funziona, si registra una crescita. Bene, a Brindisi, disponendo di ben tre soggetti assegnati alla cultura ed al turismo –  il sindaco, il consigliere Loiacono e l’assessore Greco (non sono mai pervenute smentite in tal senso ndr) – dovremmo poter dormire tra sette guanciali; in verità, la situazione di profonda crisi e di stallo in cui versano il polo universitario, i luoghi della cultura e della conoscenza e gli strumenti urbanistici per ridisegnare lo sviluppo turistico del territorio, lasciano pensare al peggio.

Insomma, per addomesticare la tigre ancora ruggente della crisi ci vogliono domatori di comprovata esperienza, capacità e rigore. Se si pensa al quadro politico brindisino, probabilmente, ci si vede costretti a ricorrere a pratiche esoteriche per far resuscitare i morti, e non è detto che qualcuno, da lassù, non stia pensando in qualche modo di porre fine a questo schifo.

Nel frattempo, Brindisi fa la parte del vaso di coccio tra vasi di ferro.

Andrea Pezzuto
Redazione

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