“La situazione delle liste d’attesa in sanità ha un rilevante profilo problematico. Se a dirlo è la Corte dei conti ci pare di poter concludere che non eravamo impazziti e che è stato ingiusto sabotare la nostra iniziativa legislativa. Non è possibile che pochi medici siano in grado di intimidire con la leva del consenso elettorale un’intera classe politica”.
Lo dichiarano i consiglieri regionali Fabiano Amati, Sergio Blasi, Napoleone Cera, Gianni Liviano, Ruggiero Mennea e Donato Pentassuglia, commentando la relazione del Procuratore generale presso la Corte dei conti regionale Carmela De Gennaro, esposta nell’udienza odierna per il giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Puglia per l’esercizio 2018.
“Siamo sotto la media nazionale sia per le prestazioni con classe di priorità a breve, cioè da effettuarsi entro 10 giorni, e differita, cioè da effettuarsi entro 30 giorni per le visite e 60 giorni per gli esami diagnostici.
Abbiamo perso il conto di quante volte, nel corso degli ultimi due anni, abbiamo pubblicato questo dati, struttura sanitaria per struttura sanitaria e unità operativa per unità operativa.
C’è un’eclatante sproporzione tra tempi d’attesa per le prestazioni istituzionali e quelle a pagamento, senza che purtroppo nessuno muova un dito per applicare il più immediato rimedio previsto dalla legge statale e dai piani nazionale e regionale di governo delle liste d’attesa: la sospensione dell’attività a pagamento qualora i tempi d’attesa siano disallineati, ovviamente a parità di numero di prestazioni, personale impiegato e ore lavorate.
Siamo stati contrastati in ogni modo sulla nostra proposta, anche assistendo alla formazione di maggioranze trasversali, col risultato che il problema persiste e che i rimedi parolai e privi di concretezza non hanno prodotto nemmeno gli effetti di una persuasione morale.
Sulle liste d’attesa tutto continua purtroppo come prima, con grande sofferenza dei cittadini in fila al Cup e col risultato paradossale che a causa dell’attesa anche la gran parte di lavoro buono sembra marcio, con la relativa mortificazione del lavoro serio compiuti ogni giorno da migliaia di operatori”.