Il Tribunale pugliese supera l’opposizione delle banche creditrici e omologa il piano di risanamento predisposto dal Gestore della Crisi avvocato Antonio Maria Manco, di Metodo Legale.
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Francesca ha subìto molte difficoltà nella propria vita: separata dal marito, è stata costretta a crescere il figlio senza l’aiuto di nessuno. A causa del lavoro di infermiera, poi, Francesca ha più volte dovuto trasferire la propria residenza in giro per le province pugliesi fino a quando, finalmente, ha trovato lavoro non lontano dal luogo dov’era nata.
Dopo tanto girovagare, dunque, la donna decideva di acquistare una casa nella quale andare a vivere con il figlio minorenne. Per questo motivo le veniva concesso un mutuo di circa 100.000 euro.
Ben presto, però, le cose si complicavano. Infatti, l’ex marito smetteva improvvisamente di passare a Francesca le somme necessarie per contribuire al mantenimento del figlio. I lunghi turni lavorativi di assistenza in ospedale, spesso in orari notturni, costringevano poi la madre-infermiera a spendere ingenti somme, in asili nido e babysitter, per l’accudimento del piccolo durante le lunghe ore di assenza da casa.
Ad un certo punto, quindi, Francesca si vedeva costretta a chiedere nuovo aiuto alle banche: prima un finanziamento, poi una cessione del quinto dello stipendio, poi alcune carte di credito…
I soldi, però, non bastavano mai, anche perché le rate da pagare mensilmente divenivano presto insostenibili, risucchiando quasi tutto lo stipendio della donna. I debiti divenivano così impossibili da onorare.
Nel giro di poco tempo, la casa veniva pignorata e poi venduta in asta. La donna era così costretta a tornare nuovamente in affitto presso un piccolo bilocale vicino al luogo di lavoro, portando con sé il figlioletto. Oltretutto, la vendita giudiziaria dell’immobile non era affatto sufficiente a risolvere i problemi economici di Francesca, visto che il ricavato riduceva di ben poco il debito complessivamente accumulato, attestato ancora in oltre 150 mila euro complessivi.
Esasperata da una situazione senza sbocchi e quasi al colmo della disperazione, Francesca trovava il coraggio di rivolgersi ad un Giudice.
Il Tribunale nominava quindi, come gestore della crisi da sovraindebitamento, l’avvocato Antonio Maria Manco il quale predisponeva un piano di risanamento del debito in base alle effettive possibilità finanziarie di Francesca. Il debito di oltre 150.000 euro veniva così stralciato e ridotto a circa 50 mila euro complessivi, da pagare in 5 anni.
Nonostante le osservazioni fortemente critiche da parte dei creditori, che contestavano la non meritevolezza della debitrice, accusata di aver commesso errori non scusabili nella propria gestione finanziaria, il Tribunale approvava il piano e autorizzava Francesca a pagare ratealmente il debito in misura ridotta, come stabilito dal piano predisposto dall’avvocato Manco.
La vicenda descritta rappresenta un caso emblematico di applicazione, presso i Tribunali pugliesi, della legge “Salva suicidi” (Legge 3 del 27 gennaio 2012).
Le aule giudiziarie, in effetti, appaiono sempre più ricettive rispetto alle istanze di famiglie e imprenditori che, schiacciati dalla crisi economica, ricorrono a tale legge per affrontare e risolvere situazioni debitorie altrimenti irrisolvibili. Attraverso una corretta applicazione delle norme, dunque, è possibile fornire una seconda possibilità ai soggetti incapaci di ripagare i propri debiti.