Cara sindaca,
vorrei iniziare questa mia riportandole le parole che scrivevo qualche anno fa in un intervento fatto nella veste di “consigliera di parità della provincia di Brindisi” che allora indossavo:
“Immagino che le donne di Brindisi si riaffezionino alla partecipazione alla vita politica e che in questo modo possano portare fuori dalle loro case, mettere a servizio di una più ampia collettività, quali portatrici sane,un modus vivendi ed operandi diverso da quello che ha per decenni caratterizzato i comportamenti delle nostre classi dirigenti. E che possano esprimere consapevolezze e competenze in modo autonomo e libero. E immagino che le donne non si lascino più cooptare dalla lista di turno, che deve assolvere alle “quote rosa” (stiamo assistendo al diffondersi di un fenomeno, in questa direzione, e cioè quello delle “quote rosa per forza” che ha in sé qualcosa di diverso dalla necessità vitale per la società di recuperare il contributo che un intero genere può dare, qualcosa che assomiglia troppo ad una tendenza, ad una moda e rispetto alle quali proprio noi donne dobbiamo fare molta attenzione).”
Ho smesso da tempo quegli abiti per concentrare e conciliare gli impegni lavorativi a quelli familiari, come tante altre donne. Dunque le scrivo come cittadina, niente di più e niente di meno (la cit. è dal film “Io, Daniel Blake”)
Io personalmente non l’ho votata ma ho sempre pensato che il giorno in cui la nostra città fosse riuscita ad esprimere un sindaco donna, qualunque ne fosse stato il colore politico, sarebbe stato comunque un bel giorno.
E non Le nascondo che al momento della sua elezione ho fortemente sperato che comunque la prima donna Sindaco avrebbe potuto rappresentare il seme di un importante cambiamento nella politica locale.
Mi sono persino emozionata quando, con mia madre e mia figlia, ho partecipato ad una manifestazione contro la violenza sulle donne a cui anche Lei era presente.
Ho creduto per qualche tempo che potesse, la Sua nomina, essere l’inizio di un diverso modo di fare politica e soprattutto di “percepire” la città, i suoi problemi ma anche le sue potenzialità.
Di necessità, noi donne, abbiamo fatto nei secoli virtù e dunque, con uno spirito un po’ di parte o meglio di genere, ho creduto che Lei Sindaca si sarebbe fatta forte della determinazione, della capacità di ascolto negoziazione e sintesi, ma anche della spinta al sacrificio e della tensione alla cura dell’altro che la nostra storia di genere ci ha tramandato.
Immaginavo, si, che naturalmente avrebbe “allargato” la partecipazione alla decisione politica a tutte le componenti della nostra piccola comunità, legittimamente rappresentate dalle forze politiche presenti in Consiglio, e che sarebbe andata a cercare anche tutte le altre espressioni dell’agire civile istituzionale ed economico della città, gli attori dell’associazionismo o del volontariato, i cittadini di tutti i quartieri e di tutte le età per ascoltare prima di tutto, per poter poi ricomporre il tutto in una visione, in un’idea della ns città che tenesse insieme tutte le parti. Una sola idea di domani e tanti percorsi di sviluppo “inclusivi”.
Ho dato per scontato che avrebbe trasferito nei consessi politici sensibilità e pragmatismo.
Mi sono immaginata luoghi e modi della politica rinnovati.
Nei tempi giusti certo. Il suo compito è estremamente difficile ed è fin troppo facile parlarne rimanendone a distanza. Le voglio dire però, Sindaca, che di tutto quello che ho immaginato (o desiderato) non vedo al momento nulla, nessun cenno, anche sbiadito, o sotteso.
Al contrario mi sembra, ripeto sembra, che l’immagine che Lei trasmette sia quella di una donna ancora una volta piegata alla volontà di uomini che hanno scelto Lei, proprio Lei, per tradurre operativamente la loro idea di governo della città.
La sensazione, brutta, è che sia di conseguenza aumentata la distanza tra noi cittadini e la politica, che pure comunque è nostra espressione, e che la cosa pubblica sia tornata a d essere assolutamente privata. Di pochi uomini, a cui Lei presta tuttavia il Suo volto.
E soprattutto è aumentato lo sconforto mio e di molte cittadine che, anche se di “colore diverso”, l’avrebbero volentieri seguita nelle battaglie di impegno civile necessarie alla crescita ed al miglioramento della nostra comunità.
E mentre Le scrivo penso che vorrei tanto sbagliarmi.
Alessandra Amoruso, cittadina di Brindisi.
Niente di più, niente di meno.
…una donna piegata alla volontà degli uomini…..
Concordo, con dispiacere, quanto da Lei scritto. Ritornando a Brindisi, dopo tanto anni vissuti lontano, pensavo di trovare una città diversa. No è cialtrona e depressa. Ma ora possiamo permetterci, economicamente, altri costi per nuove elezioni? E, se si si, riuscirebbe a cambiare “il sistema” di accaparramento dei voti? Intanto i giovani fanno il mio percorso di tanti anni fa. Vanno via da Brindisi.
Comprendo l’amarezza del commento, ma non concordo con la definizione delle donne come portatrici sane di un diverso modus vivendi. Sensibilità, capacità e competenze vanno ricercate in chiunque è in grado di assicurarle, senza ipotizzare/sperare in una diversità positiva del genere femminile. E’ una argomentazione fallace. E si sbaglia anche dicendo che ancora una volta una donna è piegata al volere degli uomini. Non è così, si tratta di una persona che concorda con il volere di altre persone, diversamente non lo consentirebbe.
Qualcuno disse che “dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”, qui il ragionamento è inverso.
Unica nota stonata: l’ironica parola “grande”.