I Carabinieri Forestali, anche quest’ anno, si apprestano ad avviare la campagna di prevenzione dagli incendi boschivi, verificando che siano state realizzate le opere di difesa entro il 31 maggio, così come previsto dalla Legge Regionale n. 38 del 2016.
Entro tale data, infatti, i proprietari e conduttori di terreni incolti ed arborati, devono effettuare lavorazioni del terreno su tutto il perimetro, e per una larghezza di almeno 15 metri, al fine di ripulirlo da vegetazione erbacea spontanea, potenziale veicolo di propagazione di fiamme.
La stessa scadenza vale anche per la realizzazione di fasce di protezione nei terreni a pascolo (almeno 5 metri di larghezza per le cosiddette “precese”), lungo il perimetro dei boschi, e per la manutenzione dei viali “tagliafuoco” all’ interno degli stessi, nonché per le scarpate stradali e ferroviarie, sponde di canali e di tracciati di acquedotto.
Gli obblighi (con “precese” di almeno 15 metri) ricadono anche sui proprietari e conduttori di villaggi residenziali turistici e campeggi, ove, dal rischio potenziale di incendi si passa al pericolo concreto per l’ incolumità dei turisti, numerosi soprattutto lungo le località del litorale. E proprio sul litorale si trovano le più pregevoli aree verdi della provincia di Brindisi, per il resto alquanto povera di boschi: dalla Riserva statale di Torre Guaceto ai Parchi regionali delle Dune Costiere e delle Saline di Punta della Contessa, con pregevole macchia mediterranea di contorno a stagni di acqua salmastra, “habitat” ideale per un gran numero di specie, soprattutto di avifauna migratoria.
Dunque, dal prossimo 1° giugno, con il coordinamento del Gruppo di Brindisi, i Carabinieri Forestali delle Stazioni di Brindisi, Ceglie Messapica e Ostuni inizieranno a pattugliare tutto il territorio provinciale e, in caso di accertamento di inadempienze ai suddetti obblighi, ad elevare le relative sanzioni; queste sono nella misura ridotta pari a 833 euro (in caso di pagamento entro sessanta giorni).
Se dovesse poi verificarsi un incendio boschivo, propagatosi per la mancata effettuazione dei lavori di prevenzione, il proprietario o gestore insolvente risponderà, a titolo di colpa, del reato di incendio boschivo, punito, ai sensi dell’ articolo 423-bis del codice penale, con la reclusione da 1 a 5 anni (da 4 a 10 in caso di dolo).
Il Presidente della Regione Puglia, il 21 aprile scorso, ha decretato anche per quest’ anno, nel periodo dal 15 giugno al 15 settembre, lo stato di grave pericolosità per le aree a rischio di incendio boschivo, in cui è fatto divieto di accendere fuochi, utilizzare qualsiasi strumento che produca fiamme, fumare, transitare con veicoli a motore fuori dalle strade principali, accendere fornelli; per i trasgressori è applicata una sanzione di oltre 2.000 euro (sempre nella misura ridotta), secondo quanto stabilito dalla “legge quadro sugli incendi boschivi” n. 353 del 2000.
Si rammenta che, grazie ad un’ attenta azione di prevenzione, la provincia di Brindisi presenta dati largamente inferiori a quelli delle altre province pugliesi, sia in termini di numero di incendi, sia per superficie percorsa dal fuoco, anche in annate particolarmente torride.
Purtroppo, più che dall’ azione di “piromani”, gli incendi, che a volte vanno ad investire superfici boscate, nella provincia di Brindisi si originano per lo più dall’ abbruciamento diffuso di cumuli di rifiuti ai bordi di strade secondarie (si ricorda soprattutto quello del Cillarese, il 25 luglio 2017, alla periferia del capoluogo, con ceneri e fumi che per ore hanno compromesso la visibilità e viabilità sulla tangenziale di Brindisi).
Dal 2014 il legislatore ha configurato come fattispecie autonoma il reato di combustione illecita di rifiuti, indipendentemente dal fatto che possa dare origine ad un incendio di vaste proporzioni, introducendolo come articolo 256-bis nel “Testo Unico Ambientale” (decreto legislativo 152 del 2006), punito con la reclusione da 2 a 5 anni (da 3 a 6 se si tratta di rifiuti, anche solo in parte, pericolosi).
Fra le altre cause di incendi boschivi, anche se in regresso dovuta all’ azione di contrasto del fenomeno, resta quella dell’ inveterata pratica, ovviamente vietata, di dar fuoco ai residui vegetali dopo il raccolto sui terreni seminativi, ovvero ai terreni incolti.