Coronavirus, la Regione sceglie di non fare il tampone a tutti gli operatori della sanità. La Fials protesta

La Regione Puglia ha scelto di non allinearsi con gli indirizzi all’avanguardia delle altre Regioni, Veneto ed Emilia Romagna, eccellenze della Sanità italiana, sul tampone a tutti gli operatori sanitari mettendo a serio rischio la vita degli operatori e la diffusione di eventuali contagi da Coronavirus.
Una scelta sbagliata che “non tutela la salute e la vita degli operatori della sanità pugliese” ma accentua il diffondersi del virus.
Così Giuseppe Carbone, Segretario Provinciale della FIALS, che con le sue dichiarazioni lapidarie boccia la direttiva del governatore regionale Emiliano che prevede di effettuare il test del tampone agli operatori sanitari solo ed esclusivamente “alla prima insorgenza dei sintomi” e poi al settimo giorno di assenza da casa per malattia.
Purtroppo, constata il leader della FIALS, la Regione non ha dato ascolto alle nostre richieste attenendosi solo ed esclusivamente alle evidenze scientifiche e “RAZIONALI”, senza valutare la particolare situazione in cui si ritrovano a dover operare i professionisti della salute.
Carbone si rivolge al Direttore Generale della ASL Pasqualone, sulla necessità di effettuare il prima possibile, lo screening di tutti gli operatori sanitari a mezzo esecuzione di tampone al fine di censire lo stato attuale dei “positivi asintomatici”.
La nostra preoccupazione nasce dalla volontà di operare al meglio per la tutela di chi si trova nello status di operatori di prima linea oggi e di probabile “contagiato” domani.
“I contagi da Coronavirus di medici, infermieri e tutti gli operatori sanitari, avvenuti nell’ambiente di lavoro o a causa dello svolgimento dell’attività lavorativa, sono tutelati a tutti gli effetti come infortuni sul lavoro” e il “diritto al tampone” consentirebbe di identificare non solo gli operatori eventualmente asintomatici ma con Covid-19 positivo, tranciando subito la trasmissione del virus, ma anche tutelare la loro incolumità, oltre al riconoscimento dei diritti legati allo stato di infortunio, senza che debba essere poi provato dal dipendente”.
L’operatore sanitario è psicologicamente provato, ha paura e la consapevolezza della propria negatività al tampone, qualora sottoposto, l’avrebbe guidato serenamente nella sua attività lavorativa e nella lotta contro questa emergenza.
Si denuncia, conclude Carbone, ancora la carenza di dispositivi di prevenzione individuale e si concede, invece, mascherine chirurgiche, ove ce ne fossero e non omologate CE, e si impone agli operatori sanitari lavoro straordinario a fronte di uno stress lavoro correlato non più sostenibile e che li porta allo stremo delle forze fisiche.

 

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