Forse viviamo in una dittatura soft, edulcorata e anestetizzata, ma sempre dittature è. Sicuramente priva di libertà è l’informazione e l’industria pseudo culturale che per una settimana ci ha massacrato con quel festival che da decenni vive nel trionfo della banalità, del mercato discografico e delle veline di regime. Una delle più grandi palestre dove si esercita l’egemonia del pensiero dominante all’insegna del politicamente corretto. Più che un festival, un momento dell’industria culturale, terreno di conquista delle varie case discografiche l’un contro l’altra armate. Fedeli ai dispositivi del MinCulPop, di cui questo governo ha ereditato forma e sostanza, si stigmatizza, con tanto di comunicato Rai, la richieste di pace in Palestina per fermare il genocidio di tutto un popolo come richiesto dal cantante Ghali. E, come se non bastasse, la signora Venier, ha ritenuto opportuno interrompere uno dei concorrenti al festival mentre esprimeva la sua solidarietà a favore del popolo migrante. I palestinesi si sa, così come i migranti, devono morire: chi in mare, chi nella loro terra, nel silenzio assordante di tutti i media. Nessuno escluso. Lo stesso silenzio complice che da 80 anni accompagna il massacro di tutto un popolo, quello palestinese. Ormai siamo alla soluzione finale e, religiosamente, il silenzio deve essere il più intenso possibile senza che sia disturbato da nessun rumore di fondo. Nessuna parola di solidarietà verso quel popolo e verso quei migranti va espressa. Un abisso di silenzio nel quale far sprofondare e inghiottire qualsiasi dissenso e qualsiasi solidarietà. Tutti vanno messi a tacere: da Sanremo ad… Ostuni! Si, ad Ostuni.
Ci riferiamo al clamore mediatico suscitato da una immagine capovolta della nostra premier pubblicato su un social dal Presidente del Museo delle Civiltà Preclassiche della Murgia Meridionale, Prof. Luca Dell’Atti. In soccorso del governo e della premier è sceso in campo, oltre a tutto l’armamentario di FdI, anche l’attuale amministrazione comunale, chiedendo al malcapitato il mea culpa, l’abiura, le scuse e, a momenti, anche il crucifige. Che comunicato vile! Che modo indecente di sterilizzarsi da qualsiasi contaminazione non formale col pensiero unico del politicamente corretto! .Il peggio della cultura democristiana: bisogna tenere tutti buoni nel rispetto formale di non si che cosa. Almeno avessero fatto proprio un antifascismo di facciata nel momento in cui condannavano la “brutalità” della foto con la premier a testa in giù. Nulla! Ricordiamo che il partito della premier conserva, nel suo simbolo, la fiamma posta sulla tomba di Mussolini. Evidentemente, per l’amministrazione Pomes, è più importante l’aspetto formale e l’asetticità istituzionale che la sostanza di dirsi antifascisti, al di la di come questo si esprime. Al direttore Luca Dell’Atti, che bene farà a restare al suo posto, esprimiamo tutta la nostra solidarietà: Ora e sempre Resistenza
COBAS Ostuni Sez. Carlo Moccia