Il parere favorevole della Giunta regionale all’intesa per il rilascio dell’autorizzazione – da parte del ministero per la Transizione ecologica – alla costruzione e all’esercizio del deposito costiero di stoccaggio di gas naturale liquefatto (Gnl) da parte di Edison, rappresenta una pietra tombale sulla polifunzionalità del porto.
La decisione delle scorse ore conferma i timori più volte manifestati dalla Cgil: il primo è quello di vedere il porto trasformato nella “stazione di servizio” della Puglia asservito in passato al carbone e oggi ai carburanti e al gas. Il secondo è che Brindisi ricompare nella memoria del Governo solo quando è da sacrificare per presunti interessi nazionali. Da sempre la Cgil ha espresso la sua contrarietà alla localizzazione dell’impianto di Edison a Costa Morena, perché convinta che Brindisi ha altre aree adeguate per poterlo ospitare e perché inficerebbe l’operatività di una banchina, come quella di Costa Morena, su cui si sta sviluppando la logistica, in grado di offrire tante occasioni di lavoro stabile e buono.
Da un porto potenzialmente capace di diventare la più importante base logistica del Mediterraneo, sviluppando traffico passeggeri e crocieristico, cantieristica navale, traffici commerciali, nautica da diporto, e logistica, ci ritroveremo, purtroppo, in breve tempo un porto ad un porto asservito principalmente alla movimentazione di carburanti. Con un porto e le aree a cui poter destinare altri traffici monopolizzate dai carburanti e dalle navi gasiere come potrebbero mai svilupparsi?
Se da un lato si può comprendere il compiacimento di certe lobby, spiace dover constatare l’atteggiamento poco edificante di certa politica, tra sostegni dichiarati apertamente e silenzi imperdonabili. Insomma sempre prona ad accettare decisioni dall’alto ed incapace di avere una visione di futuro per il porto e per la città. Incapace di essere interprete dell’autodeterminazione di un territorio che chiede una discontinuità con le scelte del passato.
Quindi si abbia almeno il buon gusto di non spacciare questi investimenti come “ecologici e pacifisti” o “forme di compensazione” per il territorio. Perché è un’offesa all’intelligenza dei brindisini. E soprattutto di non spacciarli come se fossero la panacea di una transizione ecologica drammatica da gestire in questo territorio sul fronte occupazionale, dal momento che pregiudicano la possibilità di altri investimenti che potrebbero creare tanti posti di lavoro. Di quale transizione ecologica stiamo parlando poi dal momento che proprio dai fondi per la transizione ecologica (Just transition fund) Brindisi è stata esclusa? E perché non si è pensato a Brindisi a proposito di consistenti investimenti per l’Hydrogen Valley, giusto solo per fare uno dei tanti esempi. Allora sì forse in questo caso si sarebbe potuto parlare di essere coinvolti nel processo di transizione energetica. La Cgil è pronta a dare battaglia e mobilitare la cittadinanza, il mondo dell’associazionismo e dell’ambientalismo.
Antonio Macchia
Segretario Generale
Cgil Brindisi