Sembra davvero di conoscerlo, Vincenzo Malinconico: il protagonista di tre romanzi di Diego De Silva torna nell’ultimo lavoro dello scrittore partenopeo, Divorziare con stile (Einaudi). E anche leggere questo libro equivale a ritrovarsi piacevolmente invischiati – oltre che nella vicenda centrale della trama – anche nelle mirabolanti e ardite evoluzioni del Malinconico-pensiero. Se questa volta lo squattrinato avvocato sarà alle prese con una causa di separazione in cui sarà chiamato ad assistere legalmente la moglie di un notissimo principe del foro napoletano, la narrazione rimane sempre arricchita dalle vicende dei personaggi che affollano la vita del protagonista e dalle perle filosofiche che dissemina tra le righe.
Che si tratti di relazioni amorose o di vincoli familiari che non resistono alle prove del tempo e delle frustazioni, del caos e dell’insoddisfazione che modellano i nostri giorni, quelle che De Silva compone – guardandole attraverso la lente ironica e disincantata di Vincenzo Malinconico – sono identità che ben riescono a sovrapporsi alle nostre. A tentare di affrontare e contenere le fregature che vengono dalla vita, a concludere che «la vita spesso t’insegna che una storia non è bella perché ha un lieto fine, ma proprio perché finisce», a doversi rassegnare alla certezza che ogni qual volta si abbia ragione si è sempre da soli, o a perseverare nel mantenere un certo rigore, quelli siamo noi. Perché se è vero, per dirla con Malinconico, che «non mi è mai successo, ma proprio mai, che una delle sceneggiature di felicità che mi sono scritto nella testa mi abbia mai dato la soddisfazione di avverarsi, anche solo una volta», è altrettanto vero che la consapevolezza di quel che significa vivere aiuta, allorché ci ritroviamo a valutare quale sia la distanza tra noi e la nostra immagine ideale, a non smorzare la forza liberatoria di un sorriso.
Diana A. Politano