I quattro siti a carbone per la cui conversione l’Enel ha chiesto oggi l’autorizzazione al ministero dell’Ambiente sono La Spezia, Fusina (Venezia), Torre Nord (Civitavecchia) e anche la Federico II di Brindisi, la piu’ grande delle quattro con 2640 MW installati. Lo ha spiegato il direttore Enel per l’Italia Carlo Tamburi parlando del processo di phase out dal carbone, fissato in Italia al 2025, davanti alla Commissione Attivita’ produttive della Camera. I quattro siti, nelle intenzioni del gruppo elettrico verranno convertiti “in impianti a gas a ciclo aperto da 500 MW ciascuno, ma possono anche essere trasformati in impianti a ciclo combinato”, ha spiegato Tamburi. Non solo: nelle porzioni di terreno delle vecchie centrali a carbone non necessarie ai nuovi impianti potrebbero anche essere installati pannelli fotovoltaici o batterie. Tamburi ha anche rassicurato i commissari che chiedevano di eventuali ripercussioni sui posti di lavoro, affermando che “l’occupazione e’ assicurata, anzi in fase di costruzione aumentera’”.
L’uscita dal carbone entro il 2025, ha poi spiegato il manager dell’Enel, “fara’ venir meno circa 8mila MW di impianti programmabili da gestire tramite opportuni interventi per
garantire la sicurezza e l’adeguatezza del sistema elettrico nazionale nel suo medio termine”.
Tra gli altri passi da fare per una sicura transizione energetica, Tamburi ha citato lo snellimento autorizzativo per lo sviluppo delle rinnovabili e della rete di trasmissione (al
momento ci vuole “una media di 11 anni per ogni linea”, ha detto), ma anche la soluzione per il capacity market. Infine, ha detto Tamburi, “e’ necessaria una riduzione della dipendenza dall’import dalla Francia che – ha sottolineato – e’ uno dei fattori strategici per il Paese” e anche per “ridurre le bollette”. Oggi, ha spiegato, “il margine di riserva e’ di appena il 10%, cioe’ 6 GW: cio’ vuol dire che e’ coperto solo grazie alla disponibilita’ dell’import dai paesi confinanti. Invece un margine di riserva opportuno secondo Terna dovrebbe essere pari almeno al doppio”. Considerando che “verranno chiusi tutti gli
impianti a carbone e anche alcuni a gas serve quindi un nuovo contributo” fatto di rinnovabili, nuove interconnessioni e accumuli.