Le esperienze digitali di Barcellona e Milano, raccontate da due donne “smart”, sono state protagoniste stasera al Teatro Sociale. Pur nella loro diversità, le due municipalità si sono scoperte accomunate dalla volontà di mettersi al servizio dei cittadini e delle loro esigenze, per raggiungere la maggiore inclusione possibile.
Dalla voce di Francesca Bria, 39 anni, attualmente a Barcellona come commissaria per le digital technologies, si è concentrata sulla gestione dei dati, da intendere come infrastruttura pubblica, al pari di elettricità, trasporti e risorse idriche. Roberta Cocco, assessore alla Trasformazione digitale di Milano, con alle spalle una lunga carriera in Microsoft, ha invece evidenziato come l’area innovazione della metropoli lombarda sia stata pensata per avviare un vero cambio culturale.
Luca De Biase, editor di innovazione al Sole 24 Ore e moderatore dell’evento, ha sottolineato il ruolo delle città come nuova dimensione della relazione civica, e come incubatori di innovazione, in un momento di grande fragilità dello Stato.
“Ai cittadini, e non ai governi alle banche e alle multinazionali, va data la possibilità di capire quali dati condividere e con chi, grazie a regole trasparenti ed etiche e soprattutto grazie a un’alfabetizzazione digitale”, ha evidenziato Francesca Bria, portando l’esempio del database pubblico Blockchain. “Bisogna iniziare prestissimo a insegnare le materie Steam. A Barcellona abbiamo quattro FabLab per collaborare con i curricula di tutte le scuole in questi ambiti”, ha detto Bria.
L’assessora Cocco, dopo aver sottolineato come Milano sia una città sulla rampa di lancio, anche grazie alla spinta di Expo, ha svelato i tre pilastri sui quali è basata la “rivoluzione” tecnologica all’ombra della Madonnina. “Puntiamo su una forte collaborazione tra pubblico e privato, su un grande network tra città al di là delle singole posizioni politiche e sulla partnership informali con le eccellenze internazionali”.
Entrambe le innovatrici hanno concordato sulla necessità di creare processi di reale partecipazione cittadina attraverso le IT, senza temere impatti negativi sul lavoro. “La tecnologia sostituisce la persona nelle attività a minore valore aggiunto, mentre l’individuo va stimolato in mansioni che lo valorizzano” .