BRINDISI – Secondo la Provincia di Brindisi, il permesso di costruire n. 127/’10 rilasciato dal Comune – in prossimità della Fontana Tancredi – sarebbe stato concesso ad un soggetto (il sig. Labate) non titolare del diritto di proprietà sull’immobile.
Anche questa eccezione, però, è stata respinta dal Tar, che ha dato ragione al ricorrente (EdilMic Srl), il quale ha sostenuto che “non ci sarebbero acquisizioni probatorie nuove sulla cui base la Provincia ha ritenuto di operare questa sorta di revirement considerato che gli apporti procedimentali resi (ivi inclusi quelli dell’avv. Latini e dell’Istituto diocesano) dopo la «Relazione di accertamento» non forniscono alcuna prova dell’esistenza del diritto d’enfiteusi e che nella «Relazione di accertamento» la Provincia aveva concluso che non esiste prova dell’esistenza di «contratti di enfiteusi o di livello nonché di successive affrancazioni o di sentenze per usucapione, che potessero confermare o meno la proprietà del bene come dichiarato e sottoscritto nei successivi atti di compravendita»”.
In particolare, il Collegio giudicante ha osservato che “sia pure con efficacia limitata al giudizio in corso, non sussistono, agli atti di causa, documenti idonei a far dubitare del fatto che il sig. Labate fosse pieno proprietario dell’immobile al momento del rilascio del p. di c. (permesso di costruire) n. 127/’10. In particolare – prosegue il Tar – non si può fare a meno di rilevare l’assoluta carenza di prove documentali fornite dall’Amministrazione resistente (la Provincia, ndr) in ordine al rilievo dell’assenza di proprietà in capo al Labate. L’Amministrazione, infatti, si limita a produrre risultanze dei certificati catastali che, come noto, non hanno alcun valore probatorio circa l’esistenza di diritti reali (per quanto qui d’interesse, proprietà ed enfiteusi) sugli immobili. Come risaputo, infatti, nel sistema civilistico, con riferimento ai beni immobili, il conflitto tra più soggetti in ordine alla spettanza di un diritto o di diritti tra loro incompatibili, si risolve in base all’istituto della trascrizione immobiliare. Al fine di stabilire chi prevalga tra più soggetti in conflitto, è necessario che dai registri immobiliari risulti una serie ininterrotta di trascrizioni, in modo tale che sia possibile risalire la catena dei trasferimenti fino a pervenire all’acquisto a titolo originario del bene. In altri termini, sarà necessario verificare che l’unione dei periodi di possesso conseguenti a più acquisti consenta il raggiungimento del tempo necessario ad usucapire il bene”.
Ed a ricostruire tale quadro ci ha pensato il notaio Michele Errico, che il 10.1.2017 ha prodotto una certificazione notarile che secondo il Tar non lascerebbe dubbi di sorta. Come evidenziato dai giudici amministrativi, infatti, il notaio “in base alla consultazione dei registri immobiliari ha ricostruito le evidenze pubblicitarie relative all’immobile de quo degli ultimi settant’anni (non solo venti come sarebbe stato sufficiente), sottolineando che tutti i notai i quali – in quel torno di tempo – si sono succeduti hanno sempre dato conto nei propri atti che il dante causa aveva «“la piena proprietà”» o «la padronanza assoluta» su quei beni. In definitiva, da settant’anni a oggi tutti gli atti notarili aventi a oggetto l’immobile di cui è causa danno conto dell’esistenza di un diritto di proprietà pieno e libero da pesi, livelli e altro e così i titoli sono stati trascritti presso la conservatoria dei registri immobiliari. Essendo queste le uniche prove di rilievo depositate in giudizio, il riferimento alla carenza di legittimazione del sig. Labate a richiedere il rilascio del p.d.c. (permesso di costruire, ndr) deve ritenersi illegittimo. In ogni caso la Provincia – nell’esercizio delle funzioni delegate ex art. 39, d.P.R. n. 380/’01 – non può verificare la veridicità degli assetti proprietari degli immobili rappresentati dagli istanti in sede di istanza di rilascio del p. di c.”, conclude il Tar.
Andrea Pezzuto Redazione |