Il 9 gennaio 2017 sarà ricordato nella storia brindisina come il D-day della partecipazione popolare alle vicende della cosa pubblica cittadina.

Non era mai successo prima d’ora in questa Città (e non ho notizia neanche di altre) che la gente si autoconvocasse sui social network per discutere sul come fare per aiutare la Città ad uscire dalla drammatica crisi che la attanaglia.

Al di là del numero di persone che vi parteciperanno, delle proposte che potranno vedere la luce, delle iniziative che verosimilmente saranno assunte, questo fatto rappresenta un punto di non ritorno nella dinamica sociale cittadina: è il definitivo superamento del concetto di democrazia rappresentativa e di ogni forma di delega politica su cui essa si fonda.

Certo, sono uno studioso delle forme, delle modalità e degli strumenti della democrazia partecipativa (“La democrazia deliberativa” – www.pinomarchionna.it per scaricare l’e-book) e non posso ignorare che gli Enti Locali continueranno ad essere governati dai Sindaci e dai Consiglieri designati in legittime elezioni comunali. Ma è altrettanto indubbio che questa iniziativa rappresenti una sorta di definitiva “cesura epistemologica”, un risolutivo taglio netto con un ceto politico in profonda crisi e sostanzialmente già delegittimato.

Si sta aprendo una nuova fase politica fondata – più che sullo sviluppo di nuovi soggetti politici – su una nuova configurazione dei rapporti tra cittadini ed istituzioni e sull’individuazione di innovative forme di rappresentanza democratica.

Comincia ad apparire evidente che il cittadino critico, finalmente liberato dalle ideologie e per niente indulgente verso l’autorità costituita, espliciti la sua adesione ai valori democratici soprattutto attraverso il suo dissenso, in modo particolare quando ritiene che la politica istituzionale sia autoreferenziale e non rappresenti i reali bisogni dei cittadini.

Nella più intima coscienza dell’opinione pubblica, il crescente divario che si registra tra i bisogni e gli interessi dei cittadini da un lato e le dinamiche autoreferenziali di riproduzione delle ‘élite’ al potere dall’altro, ha ingenerato e moltiplicato un crescente sentimento antipolitico che può essere considerato come un atteggiamento critico nei confronti della politica e della sua rappresentazione istituzionale del governo della società.

Vi è un divorzio, ormai insanabile, tra i problemi, i bisogni e le richieste dei cittadini e le dinamiche autoreferenziali dei partiti e dei rappresentanti eletti, vale a dire tra la quotidianità della vita sociale e le dinamiche del sistema politico, che svuota di significato il principio di rappresentanza.

Per questo, il D-day della democrazia brindisina avrà in ogni caso il merito di aver richiamato l’attenzione su questo diffuso disagio, indicando al contempo l’urgenza di una profonda riflessione sulle risposte da fornire ai più evidenti deficit democratici che caratterizzano la vita pubblica cittadina.

La sfida è lanciata: il Democracy Day brindisino rappresenta un’occasione più unica che rara di tentare di costruire un inedito modello di partecipazione dei cittadini ai processi di ‘decision making’, che si ponga l’obiettivo di colmare l’abisso che attualmente separa i cittadini dalle istituzioni, minando alla base il concetto di rappresentanza democratica.

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