Brindisi ha bisogno di chiarezza e di certezze per uscire dal pantano e dallo stato di sofferenza sociale in cui da tempo si trova. La vittoria di Rossi è stata possibile anche perché diffuso e sentito è questo bisogno. Ma il solo voto e la nuova amministrazione non possono rinnovare la città se non si affianca una partecipazione consapevole dei brindisini.La sinistra che nelle sue varie forme e storie oggi ha la responsabilità del governo cittadino, è chiamata ad unirsi e a unire la città. Lo deve fare con umiltà e profonda consapevolezza dello stato sociale, economico e morale in cui versa Brindisi. Parlo di sinistra e non delle sue sigle (che sono poca cosa!). Anzi sarebbe auspicabile che fuori e dentro il consiglio comunale si sperimentassero forme di coordinamento e di lavoro comune con lo stesso entusiasmo con cui si è fatta la campagna elettorale. Ci sono tante energie e risorse di sinistra disponibili e fuori dai tradizionali schemi che le vecchie sigle non riescono ad attrarre e a motivare.
Malgrado i tanti dati negativi che periodicamente vengono forniti sullo stato di disagio della città è come se si avesse paura della verità o di dire la verità. Se si escludono i periodici gridi di allarme dei sindacati, e se non fosse per alcuni organi di informazione, molti di questi dati scomparirebbero il giorno dopo la loro pubblicazione. In campagna elettorale Rossi e le liste della sua coalizione hanno fatto leva su questi dati per sostenere l’urgenza, per Brindisi, di cambiare pagina.
Povertà crescente, stagnazione dello sviluppo, fragilità del mercato del lavoro, mancanza di innovazione, efficienza amministrativa carente, sicurezza e legalità, sono questioni che se i benpensanti tendono a rimuovere, esse incidono sul tessuto del vivere quotidiano e nei sentimenti popolari. La rottura con il passato non ha mai significato, per me almeno, solo un passo indietro di chi nel bene e nel male ha avuto direttamente o indirettamente le sue responsabilità politiche e amministrative(problema brillantemente e in sol colpo risolto il 24 giugno al ballottaggio), ma un profondo cambiamento di cui la città ha bisogno per essere aiutata a credere in se stessa per ritrovare la energia necessaria alla fuoriuscita dal tunnel in cui è stata portata.
Ci vogliono novità forti e da costruire con il necessario coraggio se si vuole fronteggiare una crisi sociale, economica, morale della dimensione che statistiche e dati ci sbattono ormai da tempo in faccia. Le elezioni amministrative sono state uno spartiacque per dare una risposta alla domanda di cambiamento diffusa in città.
Lo stato di salute della popolazione è a dir poco allarmante(lo dicono tutti i dati relativi alla mortalità, alla diffusione di malattie da tumore, di malattie rare che a Brindisi sono meno rare che altrove). La disoccupazione generale in città ha raggiunto il 35% e quella giovanile il 60%. Da anni si assiste al decremento demografico (si fanno sempre meno figli e i giovani vanno via). La città sta invecchiando e perderà nei prossimi migliaia di abitanti.Il PIL mentre in Puglia cresce del 1,2% a Brindisi solo dello 0,9% (ultima città pugliese). La cassa integrazione e la mobilità sono in aumento, imprese storiche brindisine vedono aumentare le proprie difficoltà e rischiano ormai di fallire o di chiudere.
Il vecchio modello di sviluppo non solo non garantisce più i vecchi livelli occupazionali e produttivi, ma è diventato esso stesso un ostacolo a dare un futuro alla città dopo averla utilizzata, inquinata e resa marginale.
Rottura con il passato significa anche questo: liberarsi del pesante fardello del vecchio modello di sviluppo, delle sue dinamiche, dei riti e dei protagonisti che lo hanno contraddistinto e sostenuto.
Fare i conti con la realtà e con i dati è la precondizione per una proposta credibile di cambiamento. Ci vogliono idee nuove e metodi coraggiosi di rottura per non essere impigliati nei vecchi meccanismi del potere e per ridare a Brindisi una nuova collocazione e una attrativita’ non solo di investimenti ma anche di funzioni adeguate alle sue potenzialità.
Rossi ha vinto per cambiare. Allora è maturo un patto per una “riconversione ecologica della economia brindisina”, per la valorizzazione delle sue infrastrutture e delle sue risorse naturali e industriali, con l’obiettivo di dare prime risposte, credibili,innovative e sostenibili, alla dimensione della domanda di lavoro che si è sedimentata in città e che l’attuale assetto produttivo non è in grado non solo di soddisfare ma neanche di prendere in considerazione.
A Brindisi, in questa lotta per il cambiamento, la sinistra che si unisce, come è stato fatto con la scelta di candidare Riccardo Rossi ,deve ritornare a fare la sinistra (stare dalla parte di chi ha bisogno, dei suoi giovani, dei perdenti e non dei vincenti della globalizzazione). Oggi a partire dal programma elettorale presentato è messa alla prova ed è chiamata a dare il suo contributo di idee, di innovazione coraggiosa, a costruire nuovi strumenti associativi e di comunità mettendo a disposizione, donne e uomini nuovi e competenti. Deve rompere con il passato anche con quel continuismo amministrativo che rischia di prendere il sopravvento sulla necessità di una nuova cultura amministrativa. Non si possono fare cose nuove facendo le stesse cose.
Si tratta di aprire un cantiere in cui a lavorare siano chiamati in tanti e in tante che con le loro differenze, le loro storie, le loro reciproche diffidenze, ritrovino l’energia per mettersi in marcia per una sinistra popolare, ricca di tensione e di passione e capace di elaborare proposte realizzabili e di rottura con il passato. La convergenza cercata e trovata su Riccardo Rossi ha aperto il cantiere del cambiamento. Chi vuole lavorare per il cambiamento ha le porte aperte. La governance, però, non sta solo nel palazzo di città. Il sistema di potere, parallelo a quello istituzionale, quello delle partecipate, delle relazioni e dei legami salottieri e dei bellimbusti, abituato in maniera parassitaria a non pagare mai dazio e che come tale è pronto a offrire i suoi servigi ai nuovi vincitori, va scardinato pena di far perdere alla città un’altra occasione per rinnovarsi e rinnovare.
Carmine Dipietrangelo
,,, sentivamo la mancanza dell’omelia domenicale con relativa benedizione dell’oracolo della porta grande, grazie per aver provveduto e chi può tocchi ferro!!!.