Da tempo si sente la necessità di richiamare l’attenzione sulla modernizzazione e il futuro del porto di Brindisi. La città non può fare a meno del suo porto come il porto non può fare a meno della città.
Più volte come Left Brindisi abbiamo fatto appelli e proposte in questa direzione. Ma mentre si assiste increduli a polemiche a dir poco stucchevoli e imbarazzanti visto anche il contesto storico in cui viviamo, il porto rimane sempre quello che era: un porto naturale ma con infrastrutture obsolete e datate.
Interventi seri per adeguarlo alle esigenze di tutti i cambiamenti che ci sono stati nella competizione portuale italiana e mediterranea sono stati molto pochi e qualche volta sbagliati e inutili o addirittura bloccati. E non può essere più credibile e direi amministrativamente insopportabile il richiamarsi al vecchio piano regolatore del porto pensato e approvato negli e per gli anni 70della città e della sua area industriale.
Rimane un bel porto così come rimangono ancora intatte le sue potenzialità naturali e polifunzionali ma, così come è, insufficiente e inadeguato per essere produttivo, attrattivo e competitivo nel XXI secolo.
Il porto di Brindisi invece che trovarsi al crocevia di traffici pare trovarsi solo al “crocevia di poteri incomunicabili” che invece di far interagire e cooperare i soggetti e gli interessi coinvolti, li fa scontrare alla ricerca di un paradossale primato nel fallimento che è davanti agli occhi di tutti.
Ma se nella vicina Bari i progetti vengono portati avanti alacremente ed in armonia tra tutti i soggetti coinvolti, a Taranto negli ultimi anni si è proceduto con speditezza a investimenti corposi avvalendosi anche del “silenzio assenso” e invece a Brindisi si assiste a polemiche in burocratese con tanto di supercazzole, incomprensibili ai più, qualche domanda bisogna porsela.
Andrebbero fatte anche alcune domande a tutti coloro che hanno una responsabilità decisoria. Il porto può rimanere lo stesso dei decenni passati quando energia e petrolchimica erano preponderanti per la sua fruizione ed economia? Le sue vecchie infrastrutture e spazi possono essere rifunzionalizzati? Interessante mi sembra la proposta di Enel per mettere a disposizione le sue infrastrutture per traffici diversi da quelli del carbone a differenza dei tentativi di A2A che si ostina, avvalendosi di ascari in servizio permanente effettivo, a non ridare le sue aree alla città e alla portualita’.
Di cosa ha bisogno il porto? Si vuole che diventi un lago per passeggiare a piedi o in bici o un parco giochi? Quali le idee e le proposte?
Piacerebbe che si discutesse di questo piuttosto andare alla ricerca degli errori altrui come se l’errore di uno non rappresentasse sconfitta per tutti.
Il mare è tornato al centro di tutto. Economia, strategie geopolitiche, sicurezza, commercio, energia. Il mare mediterraneo dopo il recente raddoppio del canale di Suez, rappresenta una opportunità ritrovata in un’area ricca di risorse e dalle enormi capacità di sviluppo. Da qui passano già il 30% del commercio mondiale di petrolio, il 20% del traffico marittimo, un terzo del turismo mondiale. Un mercato di 500 milioni di consumatori sparsi in una ventina di Paesi. Brindisi si trova in questo crocevia.Ma qui si litiga.
In tutto il mediterraneo nei vecchi porti, in Spagna, in Grecia e in Francia, è stata fatta una pianificazione da cui sono scaturiti investimenti strutturali e infrastrutturali e sono nati nuovi altri porti.
La realtà si fa dura, si va incontro ad una crisi senza precedenti ed il peggior segnale che si possa dare ai cittadini sono le istituzioni che litigano invece che lavorare per cercare una occasione di rilancio che potrebbe costituire fonte di benessere per tutti.
Ci sarebbe bisogno di sensibilità verso la soluzione dei problemi che passa necessariamente dall’accordo tra istituzioni, parti sociali, realtà produttive.
Chi amministra, chi ha un ruolo di responsabilità deve avvertire questa come primaria necessità e mettersi a disposizione per accelerare qualsiasi procedimento. Una classe dirigente deve avere questa capacità ed è evidente come in altre realtà questa esista perché i risultati si vedono.
Si mettano da parte i personalismi e si pensi a trovare delle risposte.
È ora che si faccia chiarezza definitiva sulle infrastrutture e i relativi investimenti necessari su tutte le banchine e sulle aree portuali, sulla loro fruizione compatibile e sostenibile. La chiarezza deve andare di pari passo alla trasparenza e alla lungimiranza che in alcuni punti del “crocevia dei poteri” sembrano latitare. E non si può delegare ad altri organi che non siano quelli previsti dalle normative il futuro e la fruizione del porto. Che ci vuole per definire un piano degli spazi attuali e delle aree necessarie per nuovi, qualificati e sicuri servizi, liberandosi delle vecchie logiche e consuetudini? Insomma se il porto è un asset importante dello sviluppo di brindisi esso va reso produttivo e attrattivo di traffici, altrimenti non è un porto! Che si aspetta a mettersi attorno ad un tavolo con tutta la comunità del porto e gli attuali e quelli potenziali utilizzatori per definire una agenda di priorità a partire da quelle infrastrutture che l’esaurimento del vecchio apparato produttivo lascerà libere? Se non si è capaci o i conflitti sono tali da paralizzare interventi e investimenti, si faccia intervenire la regione, il ministero, le nazioni unite, la nato, ma smettetela di litigare e di rinfacciarvi le responsabilità della paralisi!
Di tutto ha bisogno il porto tranne che di ulteriori conflitti, polemiche o addirittura di vecchi attriti che nulla hanno a che fare con la nostra città.
Carmine Dipietrangelo
Presidente Left Brindisi
Qui non cambia mai assolutamente nulla! Ed è per certi versi quasi incomprensibile come questo possa accadere, anche quando si è amministrati da persone per bene.