Intervista allo scrittore Angelo Stramaglia, autore del best seller “L’ultimo pontefice”, Bertoni Editore

Come nasce la tua passione per la scrittura?
Ho sempre avuto il diletto della scrittura. A voler indicare un momento preciso, ricordo che da adolescente, alle superiori, pubblicavano un giornale con uno spazio dedicato alla narrativa. Per quel progetto è stato raccolto e in seguito pubblicato il mio primo racconto a livello scolastico. Da quel momento non mi sono mai fermato. Ho realizzato diverse altre storie, soprattutto seguendo tematiche thriller ed horror a scopo metaforico, per parlare cioè di sentimenti umani come la solitudine e la sofferenza. Esperienze di scrittura per me importanti che non hanno però visto la luce a livello editoriale.

Dove si stanno vendendo maggiormente le tue copie?
Di preciso non saprei se vi sia una regione nella quale venga venduto maggiormente il mio lavoro, ma diciamo che sicuramente mi sta dando soddisfazioni.

Una buona parte di queste persone è entrata in contatto con il romanzo attraverso la pubblicità online?
Sì, direi di si. Prevalentemente per il mio lavoro punto sempre sulle promozioni e sponsorizzazioni nei social.

Che cosa trova il lettore nei tuoi romanzi e che cosa c’è di ‘speciale’ ne “L’Ultimo Pontefice”?
I miei romanzi sono sempre un mix di elementi storici e fantasia. Per essere più precisi, parto da un’epoca storica, da un fatto o da una figura che mi affascina. Attorno a tutto ciò concentro la mia creatività per dare vita ai personaggi e alle loro vicissitudini. Nel mio libro edito da Bertoni Editore tutto ruota attorno alle profezie ed alle ipotesi, avanzate da un gruppo di studiosi, circa la possibilità di collaudare un ipotetico strumento capace di captare e riprodurre le immagini e i suoni provenienti dal passato. Attraverso i protagonisti mi collego alle ricerche di Padre Pellegrino Ernetti, monaco benedettino che nella seconda metà del Novecento, spinto dalla sua passione per la fisica e l’elettronica, iniziò a lavorare sull’idea del macchinario, denominato poi Cronovisore. Il religioso annunciò negli anni Settanta la sua messa a punto, senza tuttavia mostrarlo mai in pubblico, anche se sono noti i principi scientifici che permetterebbero il suo funzionamento. Molti riferimenti, nel corso della vicenda, si legano poi alla situazione contemporanea dell’Unione Europea, che critico per come è stata costituita, inquadrandola come un’arma nelle mani dei governi ombra, impiegata per schiavizzare le moltitudini.

Teorie di complotti in alcuni casi molto note: ci credi?
Come tu ben sai, io mi espongo poco su questo argomento ma lascio trasparire, grazie al libro, due teorie completamente opposte: quella di chi ci crede e quella dei detrattori. Ne parlo ampiamente ma non mi schiero. Il loro posizionamento all’interno della storia è connesso esclusivamente alla funzione narrativa e al ruolo dei tre protagonisti, un professore di teologia, il suo assistente e un commissario di polizia. La messa in funzione del Cronovisore, nel romanzo, mostra vari eventi storici in modo diverso, per come sarebbero avvenuti “realmente”, sulla base cioè di teorie complottiste che esistono e che si uniscono quindi alle esigenze della trama. Posso dirti che, dal mio punto di vista, la realtà a volte supera la fantasia. Molte cose reali non funzionano, penso ad esempio al turbocapitalismo che ha prodotto disastri immani, allargando la forbice tra coloro che sono poveri, sempre più poveri, e i potenti, sempre più ricchi.

Quindi alla fine ti sei schierato?
No. Dico solo che presumo vi sia qualcosa di vero circa questi complotti. Soprattutto per quanto riguarda quelli legati al mondo dell’economia e dell’alta finanza, ma nel libro lo lascio solo immaginare, o per meglio dire, trapelare. Ci sono poi quelli che associo a personaggi storici di cui mi servo per portare avanti le vicende dei protagonisti. Tra questi per esempio c’è Hitler, che nella trama sopravvive, sulla scorta di una teoria del complotto secondo la quale il dittatore nazista non avrebbe trovato la morte suicida nel bunker di Berlino. E’ una teoria a cui personalmente non credo, però la utilizzo ai fini narrativi.

Dove hai scritto “L’Ultimo Pontefice”?
Molti anni fa, in casa, immerso tra lo studio dei documenti che mi sono serviti per unire la vena creativa e i fatti reali, evitando così che l’ispirazione incontrollata – non sono uno scrittore che parte con la trama già in testa – potesse condurmi ad errori sugli episodi storici che ho individuato come riferimento. Il libro ha preso forma in circa otto mesi di lavoro, con sessioni quotidiane di scrittura e di approfondimento su vari volumi, come le profezie di San Malachia, i testi del teologo Francois Brune, le pagine di Dan Brown, un autore che ammiro molto. Il suo “Codice Da Vinci” porta in narrativa le teorie relative al Santo Graal. E’ soprattutto a lui che mi ispiro. Il sottotitolo “Il Codice Bergoglio” è infatti un richiamo al suo capolavoro.

Il Cronovisore se fosse possibile riassemblarlo lo useresti per…?
Bella domanda. Curioso come sono ed appassionato di Storia, sicuramente lo utilizzerei per vedere un bel po’ di cose sulle quali ancora aleggiano misteri, dubbi, incertezze, a cavallo tra le varie epoche storiche.

Quali eventi storici, avendone la possibilità, vorresti poter vivere in prima persona?
Ne parlo, tra le altre cose, all’interno de “L’ultimo pontefice”. Sicuramente, la crocefissione di Cristo. Ma soprattutto, quello che è avvenuto dopo. Ma sarebbe lunga elencare tutti gli avvenimenti storici a cui mi sarebbe piaciuto presenziare.

Con quale personaggio del tuo libro ti senti, ad oggi, più affine?
Beh, probabilmente al professor Ceschi.

Che rapporto hai tu con la chiesa attuale?
Non dei migliori. Non sono un praticante, sono piuttosto laico. Ma non laicista, che di questi tempi, non è poco. Di sicuro la Chiesa, allo stato attuale delle cose, ma credo sia stato sempre, così tutto sommato, nel corso dei secoli, è ben lungi dall’insegnamento di Cristo, a mio modesto parere.

Che cosa leggi quando posi la penna e senti la necessità di rilassarti un po’?
Ti sembrerà strano ma leggo poca narrativa. Amo molto la saggistica, soprattutto di genere storico. Anche quando scelgo un buon thriller prediligo lo stesso genere, specialmente se l’alone di mistero avvolge la religione cristiana e le sue manipolazioni. Sono poi un appassionato di storia romana e medioevale, leggo moltissimi volumi che fanno luce sugli enigmi dei due periodi. Tornando alla narrativa, non posso infine nascondere il mio debole per Tolkien e per il genere fantasy, ma anche per i romanzi di Umberto Eco. E ovviamente, per il maestro Dan Brown.

Quando il tuo prossimo libro con Bertoni?
Non saprei. Chissà però che non possa essere il prossimo che sto terminando, le cui vicende ruotano intorno all’affascinante leggenda della tomba di Pilato, che sarebbe ubicata, secondo la tradizione folklorica,  nel fondo del cosiddetto Lago di Pilato, ormai quasi del tutto prosciugato per effetto del riscaldamento climatico, a cavallo tra Umbria e Marche, nel cuore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini.

Progetti futuri?
Come detto, l’obiettivo è terminare il mio terzo romanzo a cui ho appena accennato. Nel frattempo però sono impegnato nella stesura di un saggio, assieme ad altri due studiosi, che tratterà un tema misterioso, come di consueto per me, ovvero le cosiddette sfere bosniache, scoperte dall’archeologo Semir Osmanagich e sulle quali vi è molto da dire, esattamente come sulle piramidi bosniache, le quali parrebbero essere dai primi studi e rilevamenti delle strutture artificiali antichissime vere e proprie e non, come vorrebbe forse un po’ affrettatamente la scienza ufficiale, il semplice frutto casuale degli agenti atmosferici nel corso dei secoli. Inoltre, ma ciò esula dalla scrittura, stiamo terminando, con la band Poltergeist, della quale sono il cantante, le registrazioni del nostro album d’esordio, composto da 6 brani inediti, dalle sonorità rock/metal.

Ilaria Solazzo

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