INTERVISTA – Guastella: “Brindisi capitale della cultura? Basta volerlo e abbandonare i propri orticelli”

BRINDISI – Brindisi è una città sonnacchiosa: un po’ perché abituata ad attendere che qualcuno decida di volta in volta per lei; un po’, forse, perché è preferibile rifugiarsi nel sonno della ragione quando la cruda realtà bussa alla porta.

Tale preambolo serve per introdurre quanto accaduto in questi giorni, durante i quali si è registrato un intervento dell’On. Nicola Ciracì teso a promuovere una “Unione dei Comuni” del nord brindisino per candidarsi (entro il 31 maggio) a ricoprire il ruolo di Capitale italiana della cultura 2020. Ciò, sia per “vendicare” l’esclusione di Ostuni dalla bagarre per il 2018, sia per affermare con forza la valenza di un territorio ricco di storia e di cultura.

Pochi si sono accorti – o comunque nessuno ha rilevato – che il capoluogo non è stato tirato dentro nella proposta. E’ evidente il fine provocatorio dell’omissione: è risaputo, infatti, lo scetticismo con il quale Ciracì guarda all’attuale Amministrazione comunale brindisina, ed in particolare al Sindaco, con il quale l’onorevole cegliese pochissime volte ha avuto modo di confrontarsi, nonostante l’Amministrazione Carluccio goda dell’appoggio di Direzione Italia, partito di cui è espressione lo stesso Ciracì.

A Brindisi, come detto più volte, non mancherebbe nulla per competere con realtà più rinomate, e la testimonianza si è avuta nel periodo di governo del compianto onorevole Domenico Mennitti, allorquando la città rifiorì culturalmente ed ebbe il coraggio di candidarsi come Capitale Europea della cultura.

Abbiamo così deciso di interpellare su questi temi il Prof. Massimo Guastella, che dell’arte e della cultura ne ha fatto il fulcro della sua vita.

Professore, attualmente che rapporto ha la città con la cultura?

“A Brindisi, in questo momento, tutti sembrano febbrilmente interessati alla cultura ma non tutti sono stati chiamati dalla cultura. Mi spiego meglio: se ho un problema al cuore non mi rivolgo ad un salumiere; la cultura – che deve comunque essere fruita da tutti – non può essere gestita da chi non ne ha titolo. Chi si improvvisa operatore culturale non ha l’impostazione metodologica necessaria: le istituzioni devono programmare strategicamente in tal senso, ed invece lasciano tutto all’improvvisazione. La cultura, purtroppo, viene sottovalutata sia a livello istituzionale che a livello dei vari circuiti culturali”.

E’ possibile che i cittadini, in mancanza dell’adeguata attenzione da parte delle istituzioni, si facciano interpreti di iniziative che elevino il livello culturale della comunità?

“Il cittadino che pulisce un marciapiede rappresenta un fatto episodico che non garantisce una prospettiva. Ripeto, è compito delle istituzioni programmare ed affidarsi a coloro i quali hanno l’impostazione metodologica necessaria per operare nella cultura. Solo nel jazz l’improvvisazione si è trasformata in cultura”.

Veniamo alla provocazione dell’On. Ciracì: che idea si è fatto?

“L’intervento di Ciracì la vedo più che altro come uno stimolo, perché lo sa bene anche lui che non è più il momento delle provocazioni: adesso bisogna andare oltre e produrre un senso politico e culturale. Brindisi ha tutte le carte in regola per partecipare alla competizione, sia da sola che consorziandosi con gli altri comuni della parte settentrionale della provincia; tutto sta nel possedere consapevolezza e mezzi per partecipare. Mennitti aveva la capacità di iscriversi a tutti i “campionati” senza che ancora avesse una squadra, e ciò perché aveva la consapevolezza per farlo. In un secondo momento, poi, costruiva un progetto attorno.

Sarebbe fondamentale che Brindisi, in un confronto intelligente, interloquisse con gli altri comuni della provincia ed anche con quelli della Valle d’Itria, perché vi è una omogeneità di fondo, un’affinità, che consigliano di aprirsi e non di chiudersi. Per fare questo è necessario che l’Amministrazione abbia la volontà di costruire nel tempo e che si affidi a chi opera con competenza e metodo nella predisposizione dei progetti”.

Come mai a Brindisi è così difficile operare in tale modo?

“A Brindisi vige la logica del privilegio, ‘dell’amico dell’amico’: ciò avviene anche perché è scomodo confrontarsi con chi pensa. L’Università del Salento, ad esempio, esiste e va sfruttata per fare programmazione, progettazione: tanti brindisini vi lavorano all’interno e danno lustro alla stessa”.

Questo dovrebbe costituire un problema diffuso nel Mezzogiorno, invece basta scendere di 30 km per trovare una realtà differente…

“A Lecce se lo sono posto decenni fa il problema dello sviluppo della propria città, e lo hanno affrontato costruendo una città pensante e progettante, al contrario di Brindisi dove si è privilegiata la risoluzione del contingente problema occupazionale senza pensare contestualmente alle prospettive del territorio. Questo modello, frutto di una lettura sbagliata, condiziona tuttora la nostra realtà”.

Eppure le potenzialità non mancano…

“Brindisi ha potenzialità evidenti, meno evidenti e nascoste: a queste potenzialità devi dare la possibilità di esprimersi. Ma mi chiedo: interessa davvero sfruttare tali potenzialità? I flash mob di tango danno la netta impressione che chi governa non abbia un orizzonte culturale, ma al contrario viva sull’episodicità. Finché ognuno penserà a curare i propri orticelli, i propri interessi, le potenzialità della città resteranno nascoste”.

E’ fiducioso per il futuro?

“Se non lo fossi, avrei puntato le mie carte altrove. Il mio scetticismo è finalizzato a produrre una discussione e poi una soluzione. Sono convinto che non appena Brindisi riuscirà a trovare la sua carta giusta tutto verrà da sé. A Matera 10 anni fa non immaginavano minimamente di poter arrivare dove sono oggi: attorno alla carta vincente che hanno saputo scovare hanno costruito qualcosa che adesso non sanno nemmeno come gestire. Anche Brindisi può farlo”.

Andrea Pezzuto
Redazione

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