…Non era passato molto tempo quando udii un rumore stridulo di motore che mi urtò i nervi. Mi voltai e vidi un tizio con un casco, quindi proseguì per la mia strada. Pensavo fosse uno di quei ragazzi dai paesini confinanti, nello specifico qualcuno di Scheibbs, poiché lì, per quei vicoli stretti, si sentiva spesso sfrecciare motori del genere, nel bel mezzo della quiete di mezzogiorno, e il rumore gracchiante delle marmitte rompersi contro le facciate dei muri al punto da non farti capire di che rumore si trattasse. Non era passato il minuto che il motore si fermò ai nostri piedi e vedemmo qualcuno togliersi il casco. Riconobbi Paul, il mio collega che non avevo mai visto su quel motore prima, il quale mi disse che lo aveva comprato il giorno prima a Wieselburg.
Paul era la prima persona che conobbi un po’ più da vicino quando iniziai a lavorare. Mi vedeva girare per il reparto e un giorno, quando andai alla macchinetta del caffè per riempirmi la tazza, mi si avvicinò e mi chiese di dove fossi.
Gli risposi di Valona, una città sul mare, mentre lui continuava a raccontarmi di come ogni anno passava le vacanze con la famiglia a Lignano.
Gli chiesi perché aveva comprato quel motore che ti seviziava le orecchie, ma mi rispose che lo aveva voluto lui stesso così, cosicché tutta Kienberg e Gaming dovesse sapere quando lui si muoveva.
Paul abitava in una delle case vicino a Herrenhaus, e ti dava l’impressione di tipo non molto isolato nella testa. Ogni giorno sentivo il caporeparto urlargli contro, ma lui non ci badava più di tanto e continuava con il suo solito fare.
Ero convinto che se si fosse trattato di qualcun altro sarebbe già stato licenziato, ma con Paul era un’altra storia.
Un giorno mi disse che si era iscritto per l’ennesima volta al corso per la patente, e per l’ennesima volta gliel’avevano negata, suggerendoli di restare fedele al suo motore, magari di una cilindrata più piccola. Addirittura nemmeno al servizio di leva non era stato accettato.
La madre di Paul, la signora Elisabeth, lavorava come donna dei servizi presso la famiglia Reitlinger, i proprietari della fabbrica, mentre il padre Franz aveva lavorato a lungo come operaio specializzato in fabbrica, fino al giorno in cui, bloccato la marmitta della macchina, era entrato nella stessa, aveva chiuso le porte e acceso il motore.
Il mattino seguente lo avevano trovato morto, asfissiato dai tanti gas che si erano sprigionati all’interno della sua Mazda color grigio.
Dopo avermi detto di essere uscito per fare un giro e provare il motore, fece dei cerchi a tutto gas come per mostrarci il prodotto acquistato, e si allontanò in direzione di Gaming con l’idea di sfoggiare anche alla gente di lì il suo bel motore e, con il tipico frastuono che mi scombussolò l’anima, tantomeno le orecchie, sparì dalla mia vista.
Non avevamo ancora percorso il primo chilometro mentre ci avvicinavamo all’incrocio che porta a Gresten, una città a circa 6 km più avanti, quando sentii nuovamente il rombo del suo motore, e non passò molto che Paul era nuovamente lì con noi.
– L’hai saputo – mi disse.
– Cosa? – gli domandai.
– Ho sentito che Benjamin si è sposato – mi rispose, facendo un leggero cenno con la testa in direzione della casa di Benjamin che si affacciava alla strada, accanto al fiumiciattolo di Gaming, mentre lui era fuori dalla porta a fumare.
– Non ho sentito nulla – risposi.
– L’ha portata dalla Turchia – continuò lui – ed è molto più giovane di lui. E mi hanno anche detto che è molto bella.
– Davvero? – gli dissi mentre continuavo a guardare Benjamin fuori dalla porta, cercando di immaginarmi che aspetto potesse avere una donna che aveva accettato di sposarsi con lui.
In effetti, la stranezza di Benjamin risiedeva già nel suo nome. Era turco e la sua famiglia era arrivata a Kienberg negli anni ’60, all’inizio della ripresa economica.
Si diceva che allora, molte aziende tedesche e austriache, tra cui anche la ‘’Heiser’’, avessero inviato treni per approvvigionarsi lavoratori, uomini robusti dalle zone più profonde dell’Anatolia i quali, dopo essere stati selezionati, furono fatti salire sui treni con tutti i loro averi, per essere poi trasportati nei paesi tedescofoni, dove alcuni si fermarono a Kienberg.
Il fatto che Benjamin avesse un nome cristiano era per me motivo di stupore, benché non gli chiesi mai della sua confessione. Mi capitava di vedere sua madre che si vestiva come i turchi musulmani e pensavo che forse anche in Turchia, come nei villaggi d’Albania, quando moriva un primogenito o anche un secondogenito, il nascituro che veniva dopo prendeva un nome cristiano come augurio di lunga vita, e non erano rari i casi in cui il primogenito venisse chiamato Vasil, mentre gli altri Resul, Hilmi o Syrja, mentre l’ultimo Bashkim.
Con Benjamin non avevo molta confidenza. Lo vedevo solamente durante il suo tragitto da casa alla stazione del treno, sempre a piedi o qualche volta, come passeggero in qualche macchina, cosa che mi faceva pensare che non dovesse avere la patente. Dall’aspetto sembrava una brava persona, sulla trentina, un uomo pacato, alto, scuro e molto esile, ossuto al punto che si potevano vedere le scapole scorgere da sotto la giacca. Quello che tuttavia ti colpiva di più quando lo incontravi, a parte il grande naso aquilino, erano i suoi occhi sporgenti che guardavano entrambi in direzione del naso, cosa per cui si provava anche un certo dispiacere considerando che suo fratello era di bell’aspetto.
L’incontro con lui ti metteva in un tale disagio, poiché non sapevi mai su quale occhio indirizzare lo sguardo considerando che il problema non era tanto che un occhio ci vedeva e l’altro era strabico, bensì che entrambi guardavano il naso e qualche volta, ognuno per conto suo, frecciava a destra come a sinistra.
Mi sforzavo di immaginare quale donna avesse accettato di sposarsi con lui e se lo avesse effettivamente visto prima del matrimonio. Forse alla poveretta le avevano detto che sarebbe andata in Austria e che i suoi problemi sarebbero finiti per sempre così lei, dalla felicità di lasciare il paesino dove abitava, senza dubbio un posto sperduto della Turchia, aveva preso la strada per Kienberg.
Non era passato molto tempo, forse qualche settimana o due mesi, quando al lavoro sentii dire da qualcuno che abitava a Gaming e che vedevo al lavoro ogni giorno, di aver visto molte macchine della polizia e un ambulanza presso casa di Benjamin, e che era stato rinvenuto il corpo nudo di sua moglie, annegata nel fiumiciattolo.
Ovviamente pensammo tutti la stessa cosa, non poteva succedere altrimenti. Chissà cosa deve aver provato la poveretta quando ha visto suo marito per la prima volta, per il quale chissà cosa le avevano raccontato lì nella lontana Turchia.
Deve essersi terrorizzata la sventurata dopo aver visto quella figura magra come lo stelo di un fagiolo, e gli occhi di cui uno guardava verso Gaming e l’altro verso Scheibbs e, nella maggior parte delle volte, entrambi il naso.
La notizia dell’annegamento della moglie di Benjamin sarebbe stato argomento di discussione per un lungo tempo e le fantasie facevano a gara nel rubare il tempismo e la scena a l’un l’altra.
Sentii dire che una notte, Benjamin avesse voluto dormire con lei e quando lei lo avrebbe visto nel buio, con gli occhi illuminati dai fari di una macchina che attraversava il viale principale, si sarebbe spaventata a tal punto da essere uscita di corsa dalla casa gettandosi nel fiumiciattolo.
Altri dicevano che sarebbe rimasta terrorizzata già al primo incontro e a tal punto che la notte avrebbe iniziato a vedere ombre e fantasmi, con i familiari che pensavano volesse solamente fare i capricci. Fatto sta che lei era caduta in uno stato di agonia, non parlava più ma fissava solo un punto nel muro, dove era appesa una foto del nonno con un turbante in testa, il quale era stato imam in Turchia. Il pomeriggio del giorno seguente, al calar del crepuscolo, avevano chiamato d’urgenza il dottor Gobara, di Gaming, un medico di origine egiziana il quale aveva una buona nomea in medicina popolare e spesso, quando i medicamenti non trovavano rimedio, lui ti proponeva dei sciroppi che preparava personalmente con foglie di varie piante. Pare che il medico gliele avesse già consigliate ma probabilmente nemmeno quei rimedi egiziani che si diceva avessero avuto molto successo anche con i faraoni e le loro fisime durante le lotte per il potere, avevano sortito l’effetto desiderato quindi, al calar del buio, quando le macchine per strada si erano fatte sempre più rade, onde evitare che i loro problemi diventassero di pubblico dominio, erano partiti di nascosto per Gaming dove il molto rispettato dottore aveva combattuto per ore intere fino all’alba contro il male che affliggeva la giovane moglie, e alla fine, grondante di sudore e senza più nessuna speranza di cura, gli aveva confessato che un caso del genere non gli era mai capitato. Dopo aver riportato nuovamente in biblioteca i grossi tomi di medicina, sia quelli in tedesco scritti da Sigmund Freud che quelli in lingua araba, grandi volumi scritti a mano dal medico di Serket – Het che era anche la dea della medicina e della salute, nonché un altro volume ancora più spesso, il quale era slegato dal troppo uso e che a quanto pare il dottore aveva portato di nascosto dall’Egitto e che raramente tirava fuori poiché era un libro del famoso mago Heka, il quale sedeva sempre accanto al faraone e gli spiegava le malattie invisibili nonché le magie che faceva ai suoi oppositori per farli perdere la ragione prima di consegnarli al boia il quale tagliava loro le giunture una ad una prima di gettarli nel pozzo, dottor Gobara, profondamente affranto e scuotendo la testa, aveva ribadito loro il suo dispiacere e che non poteva fare più niente per la malcapitata.
Si mormorava anche che la famiglia di Benjamin e quella della sposa fossero imparentate e che loro fossero cugini di primo grado, ma che non si erano mai visti fino al giorno del matrimonio poiché lui non tornava in Turchia a causa del disagio che provava per via degli occhi, e che lei comunque non aveva mai dubitato di avere un cugino un po’ particolare. Sentii anche dire che, dopo ciò che era successo, le famiglie fossero in lite e non si parlassero più. Le stranezze e i racconti sul mesto evento si sarebbero protratte per molto e ogni giorno capitava che sentissi una nuova versione che trovavo più convincente della precedente.
Si vociferava anche che la maggior parte dei ragazzi o ragazze turche nate a Kienberg, quando raggiungevano l’età del matrimonio, mandassero notizia ai paesini d’origine cosicché i parenti potessero trovarli una ragazza brava e di poche parole per moglie, o un ragazzo forte e lavoratore per marito, e comunque, in un modo o nell’altro, quando qualcuno di loro ritornava dalle vacanze estive, si presentava puntualmente con un cugino o cugina per consorte.
Mi era capitato di sentire e vedere che anche in Albania, molto tempo addietro, capitava che si sposassero tra cugini ma questa prativa finì presto nel dimenticatoio quando si sparse la voce che il bambino nascesse con difetti fisici o mentali, cosa di cui si incolpava il legame tra persone dello stesso sangue che, in quei casi, non erano nemmeno figli di zie o zii come nel caso di questi giovani turchi, bensì cugini di secondo e terzo grado.
Quando venivo a sapere di queste cose a Kienberg, avevo difficoltà a capacitarmi come una persona potesse condividere il proprio letto con la propria cugina di primo grado, la figlia di uno zio o il figlio di una zia, e farci dei figli, ma più avanti dovetti abituarmi così tanto a queste situazioni che iniziai a credere che forse questa pratica, come con gli ebrei, dovesse essere parte del loro folklore cosicché un giorno, quando vidi un tizio a braccetto con la propria compagna, la quale era allo stesso tempo figlia di sua zia paterna, pensai che quando questi si incontravano in estate, la canzone più amata durante i momenti festivi dovesse essere:
‘’cugina, mia cugina,
avvicinati mia bambina’’