La giornata dell’8 marzo è chiamata comunemente ed erroneamente “festa della donna”, è invece un appuntamento che nulla ha a che fare con la parola festa. Nel 2022 la condizione di vita e di lavoro delle donne è notevolmente peggiorata. È un mercato del lavoro più precario quello che ci lasciano in eredità due anni di pandemia e sappiamo come la precarietà colpisce soprattutto le donne che hanno pagato un prezzo altissimo in termini di perdita di posti di lavoro ed in termini di qualità della stessa occupazione. Il confronto tra prima e dopo la pandemia non solo conferma ma rafforza il gap di genere. L’enorme squilibrio nella condivisione dei carichi familiari spinge le donne verso contratti precari, più brevi e sul lavoro intermittente. Oggi le donne lavorano 5 ore in più al giorno rispetto agli uomini proprio perché devono farsi carico del lavoro di cura e della famiglia. Vogliamo parlare del salario? Non esiste un solo Paese, né un solo settore in cui le donne abbiano gli stessi stipendi degli uomini. In tutti i paesi del mondo e nella maggior parte dei settori lavorativi, le donne sono ancora pagate in media il 20% in meno degli uomini. Ed è così anche in Italia, che si piazza al 126esimo posto su 153 paesi nel mondo per quanto riguarda la differenza salariale. Vogliamo parlare delle pensioni? Le donne pensionate sono più numerose (il 53% del totale) però percepiscono cifre inferiori rispetto agli uomini. Nel primo semestre 2021 il gender gap pensionistico è salito a 498 euro al mese (pari al – 34,8%, per le donne). In un anno una donna porta a casa, mediamente, circa 6mila euro in meno di un uomo. Al di là delle singole cifre, questa lettura lucida dei dati conferma che le differenze tra uomo e donna sul fronte delle pensioni è la diretta espressione di un forte divario di genere dal punto di vista occupazionale. Servono altri 257 anni ancora per raggiungere l’uguaglianza tra uomini e donne nel solo ambito lavorativo. Quest’anno poteva essere un 8 marzo di speranza grazie al calo dei contagi ed invece è segnato da un evento tragico che mai avremmo pensato potesse accadere, il ritorno della guerra in Europa che, come tutte le guerre, porta morte, distruzione e sofferenza. Doverosa la scelta di dedicare questo 8 marzo alle donne ucraine. Sabato 26 febbraio scorso siamo scesi in piazza a Brindisi, come in tutte le parti d’Italia, per manifestare contro la guerra in Ucraina e l’invasione russa. Lo abbiamo fatto insieme a Cisl e Uil e a tutte le associazioni che si riconoscono nel valore della pace. Non una festa dunque ma una giornata di lotta per denunciare con forza e determinazione che le diseguaglianze mettono in discussione diritti che pensavamo ormai acquisiti.
Filomena Schiena
Segretaria Cgil Brindisi