«La Bella Stagione» entra nel vivo dei giorni del teatro e giovedì 23 agosto, a partire dalle ore 20, incontra uno spettacolo che raccoglie, fin dal titolo, il corpo e l’essenza del Sud: Marcantonio Gallo mette in scena, nella corte del Complesso ex Scuole Pie, «Gola di lucertola», lavoro nel quale mescola musica e poesia per raccontare il Sud ed esplorarne l’appartenenza.
«Vorrei avere la gola d’una lucertola allorché, in una mano di pietra e d’ombra, sveste il suo corpo di vergine malinconica e in sé cerca parole impossibili e suoni d’un lamento anteriore», scriveva Vittorio Bodini per disegnare nell’immaginario i contorni di luce e di vuoto che formano le tante facce del nostro Sud. E Marcantonio Gallo parte dalla poesia per viaggiare nei luoghi, quelli fatti di pietre e di persone, per raccontare un pezzo di terra che è soprattutto un luogo dell’anima.
«La poesia – scrive nelle note di regia – diventa il mezzo per raccontare e svelare un unico racconto composto da memorie perdute che, intervallate da canti e accompagnate da tappeti sonori, evocano una terra e la raccontano al di là dei luoghi comuni della storia e della geografia». La poesia è uno strumento di precisione che regola il caos, è un velo che si scopre sul non detto di una fotografia, sui colori di un dipinto o nella meravigliosa leggerezza di un brano musicale. Così, nello spettacolo la visione poetica diventa uno sguardo che scandaglia, restituisce esistenze e soprattutto l’appartenenza a un luogo – una terra -, avvertito costantemente come un altrove.
Le parole sono quelle di Vittorio Bodini, Marcantonio Gallo, Antonio Verri e Salvatore Toma, un disegno tra i puntini di una costellazione che ha voci antiche ma che ancora vive. Basta poco per raccontarla, anche una sola immagine, come quella delle case di calce dalle quali il poeta esce come numeri a caso dalle facce di un dado. È questo il Sud di «Gola di lucertola», un viaggio con ritorno tra meraviglia e realtà, tra mito e storia. Le musiche originali e le sperimentazioni sonore sono di Marialuisa Capurso e Mariasole De Pascali, che con Gallo dividono anche la scena.
Attraverso la poesia, gli spettatori condividono un momento di ascolto: troppe parole sono andate perdute, ci sono, ma nessuno le sente più. Lo spettacolo scaverà quindi nella memoria, nelle persone, nelle storie, nei fatti, invitando a riflettere e guardare alla propria terra con occhi attenti e ritrovata appartenenza. Lo spettacolo è costruito come un’opera tutt’attorno, che include appunto lo spazio che lo ospita.