Negli ultimi giorni di ottobre sulla stampa locale è apparsa la notizia della prossima apertura a Brindisi di due corsi di laurea dell’ università Pegaso che si chiamerà Mahatma Gandhi. Promotori di questa iniziativa l’Autorità di Sistema Portuale e la Camera di Commercio. Dopo pochi giorni si è appresso che il Comitato Universitario Regionale di Coordinamento ha purtroppo bocciato la proposta.
L’idea di portare a Brindisi l’Università è stata perseguita a suo tempo dal presidente della Provincia Michele Errico. Le Università di Bari e Lecce portarono a Brindisi i corsi di Beni culturali, Economia, Sociologia e Ingegneria industriale oltre due corsi delle professioni sanitarie (fisioterapia e infermieristica). Di quel gruppo di corsi oggi resta ingegneria industriale ed economia insieme ai due corsi sanitari. Quest’anno la ASL ha richiesto un corso per tecnico di radiologia ma sinora senza successo.
In un lungo intervento apparso su Quotidiano di Puglia il prof. Fabio Pollice, rettore di Unisalento, ha spiegato le ragioni per cui l’Università da lui retta ha riproposto in questi giorni agli organi competenti l’istituzione di una facoltà di medicina. In realtà non si tratterebbe sic et simpliciter della terza facoltà di medicina in Puglia, ma di “un percorso formativo (mirante) allo sviluppo di una professionalità che in sé integra le competenze mediche con quelle ingegneristiche e che nasce dal ruolo sempre più pervasivo di tecnologie” in medicina. Non si tratta in realtà della prima volta che si propone da parte dell’Ateneo salentino l’apertura di un corso di medicina e chirurgia. Ma questa volta l’approccio appare diverso, diremmo inclusivo, con un invito rivolto ai portatori di interesse a sostenere la proposta che dovrà attraversare il vaglio di organismi interni all’Accademia prima di ottenere il placet ministeriale. “Le motivazioni più profonde attengono al miglioramento del sistema sanitario regionale e, di riflesso, al miglioramento del benessere delle nostre comunità locali” attraverso l’incremento del rapporto tra studenti di medicina ed esigenze del servizio sanitario regionale e dando risposte assistenziali adeguate che dissuadano in modo convincente i circa 15.000 malati che tra Brindisi e Lecce migrano annualmente fuori dalla nostra regione per curarsi.
Dove si studia e si fa ricerca anche l’assistenza sanitaria ne trae beneficio. Per cui la platea dei portatori di interesse (stakeholders) è davvero vasta. Dalle comunità locali (Comuni e Province), ai professionisti della salute (gli ordini professionali), dal sistema scolastico alle industrie ed allo stesso servizio sanitario regionale. Se gli ospedali delle due provincie diventassero degli ospedali universitari in un’unica azienda ospedaliera policlinico o comunque disponibili ad accogliere unità operative universitarie (come avviene all’Università di Modena-Reggio Emilia), la forza della proposta sarebbe notevole ed anche il coinvolgimento delle comunità locali. E ciò anche di fronte alla patente insufficienza della sanità extra ospedaliera smascherata drammaticamente dalla pandemia in corso, dovuta probabilmente alla presenza nella ASL salentine di grandi ospedali che hanno assorbito gran parte delle risorse in questi venti anni di loro incorporazione. Si pensi poi alla presenza dell’industria farmaceutica e di diverse iniziative imprenditoriali e di ricerca nella Cittadella della Ricerca di Brindisi che sono già collegate con numerosi dipartimenti dell’Unisalento.
Il territorio salentino presenta tutte le caratteristiche strutturali (laboratori ed ospedali) ed infrastrutturali per ospitare il nuovo percorso formativo. Nessuno pensa che l’istituzione di MedTec sarà la panacea per i tanti ritardi del nostro servizio sanitario, ma certamente immetterebbe energie e conoscenza nella società salentina attraendo non solo i nostri giovani ma anche quelli dell’altra sponda del Mediterraneo.
Sarebbe davvero necessario che le assisi istituzionali come il Consiglio Comunale e Provinciale anche del brindisino percepissero l’importanza del progetto di Unisalento, ne discutessero e sperabilmente se ne facessero sostenitori presso gli organismi chiamati a decidere, mettendo a disposizione del nascente corso di laurea risorse strumentali ed umane. Così come gli ordini dei medici e di tutte le professioni sanitarie dovrebbero sostenere questo percorso mostrando a Regione e Governo una compattezza formale ma anche sostanziale considerata l’apertura e l’inclusività con cui il progetto è stato presentato alla comunità locale.
Brindisi 18 novembre 2020
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