L’ANGOLO DEI LIBRI – “Nives” di Sacha Naspini

Ventidue pagine: è questo lo spazio che basta a Sacha Naspini per dipingere a pennellate brevi, ma dai colori incredibilmente vibranti, la vita di Nives (edizioni e/o). Lo sfondo è quello di Poggio Corbello, nella Toscana rurale di un tempo in cui per le telefonate non c’erano ancora i cellulari: Nives ha sessantasette anni ed è da poco rimasta vedova; la figlia Laura è lontana, vive in Francia, vorrebbe portarla a vivere con sé, ma Nives non è per nulla disposta a sottrarsi al rigore implacabile che ha segnato la sua vita – il lavoro innanzitutto, ma anche il paese in cui è nata e cresciuta e il ricordo (privo di slanci sentimentali, ma tant’è) di decenni di vita coniugale.Tuttavia è un attimo accorgersi che «le ore diventavano badilate sui denti al rallentatore; le medesime faccende prendevano una piega anomala» e che «ogni mansione si appesantiva di quell’accento: il fatto non condiviso andava perso». Allora – così come sua madre al tempo della guerra, col marito lontano, aveva trovato conforto nell’avere sul comodino, chiuso in una scatoletta, un grillo – Nives prende dal pollaio Giacomina, la povera gallina zoppa con lo sguardo che tanto la fa sorridere per quel suo sembrare, a tratti, consapevole dell’enigma del vivere. Nel rincuorare Giacomina, Nives rincuora sé stessa, almeno fino a quando «l’oblò di una lavatrice che andava a tutta forza» nella pubblicità del Dash non getti la gallina in preda ad uno stato di immobilità, di «sbalordimento infinito» tale da costringere Nives a chiamare il veterinario, il dottor Loriano Bottai. A pensare che il libro racconti le vicende tragicomiche di Nives e della sua amica ovaiola si incorre in ben più di una sorpresa: se ventidue pagine disegnano un mondo, tutte quelle che seguono lo smantellano. Ecco che nel corso della telefonata con il fidato veterinario si delineano agli occhi del lettore rapporti inimmaginati, si profilano i fantasmi di figure conosciute soltanto agli interlocutori, se ne scoprono frammenti di storia, malefatte e ragioni. L’apparente, monolitica semplicità di una comunità contadina la si scopre percorsa da venature di rancori, amori, sensualità, dicerie e il passato di Nives, del dottor Bottai, delle mogli e dei mariti, dei figli e dei nipoti, può essere riletto alla luce di rivelazioni impensate, relegate fino a quel momento nel cassetto dell’improcedibilità. Chi legge assiste al farsi della verità, al suo acquistare consistenza nelle parole, nelle pause, nelle omissioni del discorso che si protrae tutta una notte. Ascoltiamo «una telefonata lunga una vita», si è detto, che tiene il lettore avvinto grazie ad uno stile brioso e alla sensazione che regala di essere presenti proprio lì, nel momento esatto in cui la vita cessa di essere pena e si mostra in tutta la bizzarra meraviglia di un uovo al tegamino.

Diana A. Politano

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