Ho la consapevolezza che questa mia riflessione non giungerà mai ai reali destinatari, ma credo possa fare bene condividere alcuni pensieri, scaturiti dall’evento che si ritrova a vivere il nostro territorio.
Lungi da me tessere l’elogio rispetto alla scelta di Brindisi, sarebbe troppo facile, solo ora che si ritrova ad essere sotto i riflettori del mondo. Perché, Brindisi – dobbiamo ricordarlo – è una Provincia tra le Provincie. Troppo spesso dimenticata e schiacciata da altre realtà regionali. Svilita, invece di essere affermata. I dati nazionali la pongono da troppo tempo in coda alle classifiche per servizi, vivibilità, occupazione, ecc. …, ma al di là dei dati, noi che ne siamo i cittadini, né constatiamo quotidianamente i contrasti, le miserie e le tante e troppe difficoltà che si palesano e opportunità che faticano a concretizzarsi. Doveva arrivare questo evento per vedere finalmente riparate le strade dissestate (alcune), avere uno scatto d’orgoglio d’appartenenza o gustare una parvenza di ordine urbano? Di certo, non si può nascondere il fatto che è solo un “truccare” ciò che serve per il passaggio delle delegazioni, mentre il resto della città continuerà ad essere degradato e vergognosamente abbandonato e maltrattato dai cafoni locali.
Va però ricordata anche l’unicità della millenaria storia di Brindisi. Storia indissolubilmente legata al suo porto, così bello è sicuro che è da sempre luogo di “incontro”, dove le varie culture qui giunte si sono fuse, confrontate, arricchite… si narra addirittura che il famoso modo di dire “brindisi” prima di bere ai calici, derivi dal gesto che facevano i naviganti, che vedendo in lontananza il nostro porto, e dunque la sospirata salvezza, brindassero con gioia per la felice conclusione dei loro viaggi. Porto che, trent’anni fa, restò spalancato nell’accogliere il popolo albanese in fuga dalla dittatura. E se questa è storia recente, va anche ricordato il passato più lontano. Qui a Brindisi è stata decretata la cosiddetta Pace Brindisina tra coloro che detenevano il potere dell’Impero romano. Una pace che allora, come oggi, appariva necessaria pur sembrando impossibile, ma che invece si realizzò… .
Brindisi è anche la città dove termina la Regina Viarum – la via Appia. Strada percorsa da guerrieri, santi, commerciati, pellegrini, sognatori… Strada che, anch’essa, ha unito e che anticipò l’idea attuale di connessione… .
Uno degli attuali paradossi di questa città sta nel fatto che dei suoi ingressi, ve ne sia uno comunemente chiamato “incrocio della morte”, quasi a volerle dare una novella e tristissima identità. Del resto – mi si perdoni l’ironia – è un reale gioiello di ingegneria stradale e quindi non lo si poteva ribattezzare con un nome più azzeccato (provare per credere).
L’Imperatore Federico II di Svevia, definiva Brindisi “Filiia Solis”: figlia del sole e l’ha amata forse come nessun altro, tanto da volersi qui sposare e dotarla del Castello dove questa sera ci sarà la famosa cena del G7. Un castello stupendo che si trova si a Brindisi, ma che di Brindisi realmente non è. Lo si vede nella sua imponenza specchiarsi sulle placide acque del porto, ma non lo si può vivere, in quanto militarizzato… Anche di questo, come di tanto altro, siamo stati depauperati, restando passivamente, distratti e svogliati spettatori…
Questa città si mostra perciò per quello che è: splendidamente aperta, amaramente rassegnata, violentata e spesso sabotata, ma comunque desiderosa di essere ancora uno scrigno di sogni di pace.
Quindi perché limitarsi ad assistere solo come spettatori all’evento di oggi? Perché pensarlo solo un miraggio? Ha una portata così grande da far sì che un semplice pensatore (o sognatore…) come me, possa condividere qualche pensiero. E così, sognando, oso rivolgermi ai Capi di Stato, ai “grandi” della Terra. “Grandezza” che farebbe bene rileggere secondo ciò che di più rivoluzionario c’è: il Vangelo. Capovolgendo la visione mondana, i “piccoli” qui diventano i veri protagonisti della storia. E infatti solo nella misura in cui ci si fa piccoli si può anche essere utili a Dio e agli altri. Eppure a noi piace pavoneggiarci nei nostri talenti, portare avanti le nostre convinzioni, manomettere anche le cose di Dio pur di apparire. Il Papa – che avete voluto invitare tra voi – ribadisce che “il vero potere è il servizio”. Sarete capaci e coscienti di ricordarvelo? Se lo farete, risulterete realmente benvenuti, altrimenti continuerete ad apparire unicamente servi di certi poteri.
Personalmente, non credo affatto al concetto di “patria”, anzi lo temo, viste le accezioni con cui viene concepito, soprattutto nelle derive populiste e nazi-patriottiche. Perché il mondo è (stato) politicamente spartito, ma risulta concretamente un tutt’uno e la sua bellezza è proprio la ricchezza delle sue differenze e delle varie culture. Come è vero e bello ciò che scriveva già Seneca: “La terra è un solo paese. Siamo onde dello stesso mare, foglie dello stesso albero, fiori dello stesso giardino… ”.
Benvenuti! Lo sarete veramente se in questo vostro incontrarvi metterete al centro l’uomo. Con le sue necessità e i suoi sacrosanti diritti, che oggi, forse peggio di ieri, appaiono “inquinati”, offuscati e sicuramente messi in grave pericolo. Il rischio di pensare al vostro incontro come una “semplice” (o peggio inutile) passerella c’è, se invece che discutere sul presente e sul futuro dell’uomo, tratterete di strategie, di protocolli e di trattati economici, destinati a irrobustire l’orribile mercato delle troppe disuguaglianze, delle ingiustizie sociali, delle guerre, delle disparità nell’assistenza sanitaria e dei profitti economici opportunistici.
“Il mondo è in fiamme” (cit. S. Teresa D’Avila) e si avverte prepotente il vento di “antiche” e pericolosissime ideologie, che hanno già causato nel corso della storia, indicibili sofferenze all’umanità. Le democrazie (conquistate con coraggio nel tempo in tante Nazioni) appaiono indebolite e traballanti. La limitazione della libertà di stampa e la conseguente deformazione della realtà, alimenta malcontento e ignoranza. Dall’ignoranza nasce e trova terreno fertile la cattiveria e la prepotenza, evidenti nel circostante. Gioco facile quindi nel volervi ricordare le urgenze del tempo presente. Partendo dal fallimento totale delle agenzie educative, prima fra tutte della famiglia e della scuola. La “liquidità” della formazione ha portato alla disgregazione di quei valori non solo culturali (la grettezza è appunto tangibile), ma anche umani. Da questo sfaldamento, ne derivano il disinteressate e il menefreghismo collettivo. Le nuove generazioni si salutano tra loro chiamandosi “Bro” – che sta a significare fratello, ma stanno crescendo con il culto isolante di se stessi, con l’incapacità di accettare gli inevitabili fallimenti dell’esistenza, con uno spirito narcisistico e competitivo spesso autodistruttivo e con comprensibili paure nell’affrontare il domani… Basti ricordare l’evidente e inesorabile crisi climatica con le nefaste conseguenze, di cui l’umanità è carnefice e vittima allo stresso tempo e che abbiamo lasciato alle generazioni future senza alcuna possibilità di appello.
Voi rappresentate una parte della varietà del Mondo e delle Nazioni, quella considerata “libera”, ricca, evoluta e dunque investita (sarebbe interessante capire secondo quale autentico criterio, oltre quello economico – industrializzato) di un ruolo e di una funzione decisionale rispetto al restante, ma il vostro alto incarico – essendo stati democraticamente eletti – è a tempo… Avete la responsabilità civile e morale di discutete seriamente di tutto questo e di molto altro. Usate bene il tempo che la storia vi ha concesso e date ascolto e voce a chi ha smarrito, soprattutto per colpa della politica corrotta, sporca e distaccata dalla realtà, la speranza e la possibilità di credere ancora e nonostante tutto, a un mondo migliore. Crederci per convinzione e non per convenienza!
Vi (ci) potrebbe sicuramente aiutare – visto che diversi di voi si professano “orgogliosamente” cristiani (anche se troppo spesso le parole e le opere vi contraddicono) – meditare con la parabola evangelica del ricco e di Lazzaro (Luca 16,19-31). “Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe”(…). La parabola del ricco senza nome e del povero Lazzaro è una di quelle pagine che ci portiamo dentro come sorgente di comportamenti meno disumani. Un ricco senza nome, per cui il denaro è diventato l’identità mentre il povero ha un nome: Lazzaro. Il peccato del ricco è l’indifferenza verso il povero: non un gesto, una briciola, una parola. Il contrario dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza, per cui l’altro neppure esiste, e Lazzaro è nient’altro che un’ombra fra i cani. Ciò che avete fatto a uno di questi piccoli, è a me che l’avete fatto dirà ancora Gesù nel Vangelo. Nella loro fame è Dio che ha fame, nelle loro piaghe è Dio che è piagato. Non c’è apparizione o miracolo o preghiera che conti quanto il loro grido: «Se stai pregando e un povero ha bisogno di te, corri da lui. Il Dio che lasci è meno sicuro del Dio che trovi» (San Vincenzo de Paoli).
Noi dunque, non sediamo al vostro tavolo – sentendoci forse come Lazzaro -, ma vorremmo che almeno simbolicamente, le “briciole” che cadono dei vostri lauti banchetti di rappresentanza, alimentino la speranza smarrita in questo mondo e in questa frammentata e inumana società. Non vogliamo salire sul carro del “vincitore” e partecipare al festival dell’apparenza. Non vogliamo essere vostri amici solo perché siete potenti, rischieremo di diventare vostri complici, come fanno spudoratamente e impunemente, tanti anche nel quotidiano. Dunque il vostro incontrarvi può addirittura apparire dannoso se non ci sarà nei vostri dialoghi la caparbietà di parlare di condivisione, di strategie di giustizia ed equità e soprattutto di pace! Perderete ancora di credibilità agli occhi di ci chi, ancora, resiste. Se voi “grandi” non darete l’esempio, come potrà la gente comune perseguire strade di virtù? Convinceteci che non saranno credibili le parole, se si persevera in squallidi esercizi di demolizione! Che l’intelligenza necessaria non è quella “artificiale”, ma quella del cuore e quella della bellezza che… “salverà il mondo” (Dostoevskij).
Spetta, dunque, unicamente a voi, scegliere se essere ricordati come degli inetti, incapaci, incoerenti o lasciare in eredità un cumulo di scelte ardite, scevre dalle logiche del profitto, dai particolarismi nazionali e dall’indifferenza. Rammentando che, fuori dai “castelli” del mondo, attendono e continuano a vivere – o sopravvivere – tantissimi Lazzaro.
Davide Gigliola
Grazie, carissimo Davide. Le tue sono parole d’amore; valgono per tutti e non solo per i “grandi” che, in questi giorni, si incontrano; valgono sempre e non solo per queste particolari giornate. Possano esse toccare i cuori di quanti le leggeranno. Ti abbraccio.
Bellissima, intrigante e soprattutto….spudoratamente vera!!!
Grazie Davide, quanta saggezza nella tua riflessione che hai definito ” diversa” ma che è scrigno di grandi verità! Complimenti!!
Mi sono commossa fino alle lacrime, leggendo questo meraviglioso e incisivo testo . È una splendida riflessione, traboccante di grande umanità, che andrebbe pubblicata, estesa il più possibile, ad ogni latitudine e ad ogni longitudine, tentando di scuotere le coscienze dei grandi indifferenti, di svegliare la cultura della fraternità, della solidarietà, della giustizia, del bene comune. Grazie infinite, caro Davide, per la tua splendida anima, per la tua magica arte di saper andare a segno, di saper entrare brillantemente nelle fitte e amare “piaghe” della nostra umanità smarrita. Il Buon Dio ti renda merito, ti dia la gioia di poter raccogliere e pregustare la bellezza di un’alba radiosa: l’alba di una luce improvvisa che sorprenda il cielo dell’indifferenza, l’alba di una nuova umanità, finalmente libera dalle tenebre, dalle insidie del male. rt.lecce
Caro Davide,
ho sempre creduto in te, sono stato sempre illuminato dalla qualità morale del tuo sapere, quale consapevolezza della vita che vivi già dal tempo della tua infanzia. Come apologo a me basta risentirti leggendoti come risultato di un grande che nell’ umiltà si riconosce in Dostoevskij, nella bellezza che tu hai voluto sottolineare così predetta come benedizione quale bellezza che salverà il mondo: quindi il dono. Quest’ ultimo lo ritrovo nella tua analisi come un filo che ci riporta al lume infinito di Dio. I potenti che hanno celebrato hanno quasi celebrato narcisisticamente il mondo, il loro mondo, mai le necessità vere, lampanti che ogni giorno dalla creazione ad oggi si toccano con mano. Certamente Lazzaro è fuori, ma è nella storia dell’ uomo che si ritrova la fonte del suo dire, ormai ricca di storia quella più viva, vera, unica, l’amore dell’ intesa che tarda a tessere volontà e indiscutibi verità.
Davide, abbiamo bisogno di te , il mondo che ci circonda, che viviamo, che presumiamo di vivere, il mondo che abbiamo pensato di costruire non basterà se Davide nella storia non ci difende da Golia.
È lungo il dire, ma grande è il grazie con il quale mi congedo e mi auguro di abbracciarti così come nella tua prosperosa pubertà fatta di vocazione, intelligenza, perizia, critica della vita. Ti saluto con tutto me stesso,
Aldo Cellie.