Le Zone Economiche speciali sono realtà. Brindisi però rischia di rimanere fuori

BRINDISI – Con il decreto legge n. 91 del 20 giugno 2017 sono state emanate le disposizioni urgenti per la crescita economica del Mezzogiorno, tra le quali rientrano quelle rigurdanti le Zone Economiche Speciali.

Per Zes si intende una zona geograficamente delimitata e chiaramente identificata, situata entro i confini dello Stato, costituita anche da aree non territorialmente adiacenti purché presentino un nesso economico funzionale, e che comprenda almeno un’area portuale con le caratteristiche stabilite dal regolamento UE n. 1315 dell’11 dicembre 2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, collegata alla rete transeuropea dei trasporti (TEN-T).

Brindisi, da quanto appreso nel corso del convegno sulle Reti Ten-T, avrebbe tutte le caratteristiche per divenire una Zes, ma come emerge chiaramente dal dato normativo del decreto legge in oggetto, la città deve prima riuscire nell’intento di collegarsi ad una delle Reti Transeuropee; non proprio una pratica facilmente disbrigabile.

Certo, come sostenuto da Patroni Griffi, il porto di Brindisi dispone di ampie aree retroportuali contermini al porto – e di binari che collegano lo stesso alla Rfi – che rendono la città appetibile e astrattamente perfetta. Ciò che conta maggiormente in situazioni simili, però, è il peso delle Istituzioni; risulterà pertanto fondamentale la volontà ed il supporto della Regione Puglia.

Ma tornando al merito dell’argomento: quali vantaggi scaturiranno dall’introduzione delle Zes? Intanto, le nuove imprese e quelle già esistenti che avvieranno un programma di attività economiche imprenditoriali o di investimenti di natura incrementale nella Zes, potranno usufruire di procedure semplificate e dell’accesso alle infrastrutture esistenti e previste nel Piano di sviluppo strategico della Zes, il quale andrà predisposto a monte. Inoltre, per l’esercizio di attività economiche ed imprenditoriali le aziende già operative e quelle che si insedieranno nella Zes potranno beneficiare di speciali condizioni, in relazione alla natura incrementale degli investimenti e delle attività di sviluppo di impresa. Entrando nello specifico: in relazione agli investimenti effettuati nelle ZES, il credito d’imposta sarà commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquisiti entro il 31 dicembre 2020 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 50 milioni di euro.

Il riconoscimento delle tipologie di agevolazione appena elencate è soggetto al rispetto di determinate condizioni: intanto, le imprese beneficiarie dovranno mantenere la loro attività nell’area ZES per almeno cinque anni dopo il completamento dell’investimento oggetto delle agevolazioni, pena la revoca dei benefici concessi e goduti; in secondo luogo, le imprese beneficiarie non dovranno essere in stato di liquidazione o di scioglimento.

Ma qual è l’iter da seguire per l’istituzione di una Zes? Le modalità d’istituzione, la durata, i relativi criteri che ne disciplinano l’accesso e le condizioni speciali saranno definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Le proposte di istituzione di una ZES potranno essere presentate dalle regioni meno sviluppate e in transizione, quali appunto la Puglia e quelle del Mezzogiorno, ma già si registrano pressioni provenienti dagli operatori economici dei porti del Nord Italia – quale quello di Venezia – affinché anch’essi possano usufruire di tali condizioni favorevoli, in modo che – a loro dire – si possano creare i presupposti per fare sistema con i porti del basso Adriatico.

La proposta d’istituzione della Zes, come detto, dovrà essere corredata di un piano di sviluppo strategico, e la regione formulerà la proposta specificando le caratteristiche dell’area identificata. Il soggetto per l’amministrazione dell’area Zes sarà identificato in un Comitato d’indirizzo composto dal Presidente dell’Autorità portuale, che lo presiederà, da un rappresentante della regione, da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri e da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Le risorse rivenienti dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione programmazione 2014-2020, che saranno utilizzate per tale scopo, sono valutate in 25 milioni di euro nel 2018, 31,25 milioni di euro nel 2019 e 150,2 milioni di euro nel 2020.

Una volta istituite le Zes, l’Agenzia per la coesione territoriale assicurerà, con cadenza almeno semestrale, il monitoraggio degli interventi e degli incentivi concessi, riferendo al Presidente del Consiglio dei ministri, o al Ministro delegato per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, sull’andamento delle attività e sull’efficacia delle misure di incentivazione concesse, avvalendosi di un piano di monitoraggio concordato con il soggetto per l’amministrazione.

Insomma, dopo l’esperienza della Cassa per il Mezzogiorno, in piedi fino al 1984, il Governo – grazie ai fondi europei – prova nuovamente a rendere attrattivo il Sud Italia. Il tutto, sulla scorta degli esempi virtuosi rappresentati da altre aree europee e mondiali, quali ad esempio le regioni polacche, nelle quali la stessa Leonardo ha dislocato parte delle proprie attività.

La speranza è che Brindisi, in qualche modo, possa riuscire a salire su questo treno.

 

 

Andrea Pezzuto
Redazione

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