Nella collana Lampi dell’editore Elliot ha trovato spazio una riedizione del breve racconto L’umiliazione dei Northmore di Henry James. L’autore americano naturalizzato inglese ancora una volta mette la sua elegante scrittura al servizio di un’opera aperta, problematica, al centro della quale si collocano i temi a lui cari della scelta e del conflitto morale. Il narratore ci rende partecipi della morte di Lord Northmore, influente e apprezzata figura della Londra che conta, e poi – a stretto giro, quasi per un’ultima beffa del destino – di quella di Warren Hope, suo alter-ego in ombra, reale fautore del successo del primo.

north

La morte sembra voler porre il sigillo definitivo a un rapporto amicale caratterizzato da un sensibile squilibrio: e così, anche nella circostanza delle rispettive dipartite, Lord Northmore si vedrà tributare cordoglio e commozione generale, quando Warren Hope, così ingiustamente disadorno di qualsivoglia titolo onorifico che ne attesti il successo in vita, non sembrerà «in alcun modo aver destato la coscienza del mondo», lasciando solo la moglie «e la sua cupa desolazione, la sua solitaria pietà e la sua aspra, implacabile ribellione». I propositi di vendetta e il desiderio di riscatto della vedova, sapientemente indagati e cristallizzati da James, conferiscono alla pagine colori e toni sempre in divenire, mutevoli e inafferrabili come ogni cosa umana. E tuttavia la potenza della scrittura, delle lettere lasciate dal signor Hope, sapranno infine ristabilire un equilibrio e ridare un significato a ciò che sembrava non averne mai avuto uno, mentre a noi, cui non è purtroppo dato leggere il misterioso epistolario rivolto all’amata moglie, resta la certezza che esso racchiuda qualcosa di grande, di prezioso e potente, ed è James che ci fa il dono di poterlo intuire.

Diana A. Politano

CONDIVIDI

LASCIA UN COMMENTO