“Mio figlio, disabile al 100%, morto d’infarto appena rientrato a casa, dopo 12 giorni d’ospedale ed un intervento”: sporta denuncia

Vuole vederci chiaro la famiglia di Giovanni Sbano, un uomo di 47 anni, invalido al 100% poiché affetto da diabete e da sindrome di “Prader Willi”, che lo scorso 28 maggio, a seguito di una caduta nel cortile condominiale, si frattura l’omero e con il 118 viene trasportato al “Perrino” di Brindisi. Dopo 12 giorni di degenza ed un intervento, il 47enne muore poco dopo aver messo i piedi in casa. Ma per capire la vicenda, bisognerebbe prima spiegare chi è Giovanni, il quale, a causa della sua disabilità, vive in casa con i genitori ed il fratello.

“Nonostante i suoi 47 anni – dice il padre Giuseppe, ex dipendente Enel in pensione – Giovanni era un bambinone, amato e benvoluto da tutti”.

In casa e non solo, è protetto e coccolato, a maggior ragione viste le gravi patologie di cui soffre. Il 28 maggio cade accidentalmente. I genitori chiamano subito i soccorsi che arrivano immediatamente e lo trasportano al “Perrino” di Brindisi. Dopo una serie di esami, Giovanni viene ricoverato in Ortopedia. Solo la madre riesce ad entrare e a rimanere con lui. D’altra parte, non può lasciarlo solo. Il padre, invece, non può neppure entrare, a causa delle restrizioni anticovid. Passano i giorni. Giovanni è sempre nel suo letto: nessuno lo fa scendere, anche solo per fare due passi. E’ immobile, supino, in attesa dell’intervento che verrà fatto 8 giorni dopo l’ingresso in ospedale. “Appena ha messo piede al ‘Perrino’ – dice il signor Giuseppe – mia moglie ha subito illustrato a medici ed infermieri la situazione di nostro figlio: le sue patologie, la sua invalidità, tutto ciò che c’era da sapere affinché gli venisse somministrata la terapia farmacologica compatibile alle sue problematiche di cui soffre. Sta di fatto che lunedì 7 giugno arriva il giorno dell’intervento che ci dicono essere  riuscito perfettamente”.

Alle 15, però, comunicano alla famiglia che Giovanni necessita di una flebo di potassio. “Sino a quel momento – dice Giuseppe – mio figlio è sempre rimasto allettato. Ieri mattina, martedì 8 giugno, arrivano le dimissioni. Dal letto di ospedale è stato trasferito in carrozzella e da lì l’ho caricato in macchina. Non si reggeva in piedi, tremava. Siamo rientrati a casa. Il tempo di varcare la soglia e Giovanni si è accasciato a terra. Ho chiamato il 118: al loro arrivo, gli operatori hanno cercato di rianimarlo, ma per mio figlio purtroppo non c’era già più nulla da fare. E’ morto per arresto cardiocircolatorio. E’ per questo che oggi sono andato in caserma, dai carabinieri, a sporgere denuncia. Voglio e devo capire come sia possibile che mio figlio venga dimesso dopo 12 giorni ed il giorno delle dimissioni muore per infarto. Voglio capire se ci sono responsabilità e quali, se ci sono state negligenze o un atteggiamento superficiale nel trattare un soggetto fragile quale era Giovanni, se la flebo al potassio possa avergli causato l’arresto cardiocircolatorio, se la stessa flebo fosse davvero necessaria, se – in sintesi – la morte di mio figlio poteva essere evitata se solo fossero stati più accorti nel periodo di degenza e nel post operatorio. E fin quando non saprò la verità, non mi darò pace – conclude Giuseppe.

Nel frattempo, il Pm di turno ha disposto ulteriori accertamenti sul cadavere di Giovanni che, per ora, rimane a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

Pamela Spinelli

 

CONDIVIDI

2 COMMENTI

LASCIA UN COMMENTO