La campagna di scavi archeologici 2023 di Torre Guaceto è stata un successo. Tra le importanti novità che giungono dalla necropoli a cremazione ci sono il ritrovamento della tomba del primo uomo di ceto elevato e vasi per cerimonie funebri contenenti bevande fermentate a base di cereali, la birra dell’età del Bronzo.
Le indagini si sono concluse solo da qualche settimana, e anche se gli archeologi non hanno ancora iniziato a lavorare sui materiali appena rinvenuti, gli entusiasmi e i mormorii che già filtravano nel corso degli ultimi giorni di scavo cominciano a trasformarsi in vere e proprie anticipazioni di un proficuo quadro generale.
La campagna di scavo 2023 della necropoli a cremazione dell’età del Bronzo di Torre Guaceto è stata davvero un successo se si considerano anche solo i dati numerici. Nel mese di giugno è stato infatti possibile raddoppiare il numero complessivo di tombe scoperte nel corso delle due annate precedenti, che raggiunge le 65 unità.
“Non si tratta solo di una questione di numeri” come sottolinea il direttore dello scavo, il professore Teodoro Scarano del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, che con il supporto del Consorzio di Gestione di Torre Guaceto, nel 2019 ha scoperto la necropoli e dal 2021 conduce le ricerche in regime di concessione ministeriale in collaborazione con il Dipartimento di Storia, Culture e Civiltà dell’Università di Bologna e con l’Istituto Archeologico Austriaco di Vienna, in accordo con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Brindisi.
“La Soprintendenza è coinvolta in tutti gli aspetti che concernono la tutela dello straordinario contesto paesaggistico e culturale che Torre Guaceto rappresenta – ha commentato la Soprintendente, Francesca Riccio -, le campagne di scavo della riserva stanno arricchendo notevolmente le conoscenze sulla storia del territorio e del suo patrimonio, ponendo le basi per la sua piena valorizzazione. L’importanza e la centralità di Torre Guaceto é testimoniata dalla sua presenza in diversi progetti di tutela e valorizzazione a scala nazionale e internazionale – a partire dal suo coinvolgimento insieme ad altri contesti del territorio brindisino nella candidatura della “Via Appia” alla Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO” – progetti che richiedono una capacità di fare rete e di realizzare iniziative di sistema”.
Le indagini hanno consentito di accertare che, nonostante le trasformazioni ambientali avvenute nel corso degli ultimi millenni, soprattutto a causa dell’innalzamento del livello del mare, ampi tratti della necropoli a cremazione sono ancora ben conservati sia al di sotto della duna, sia della vegetazione costiera retrostante. Sebbene spesso le tombe risultino danneggiate nella porzione superiore da interventi condotti dall’uomo nei secoli successivi all’abbandono della necropoli, età Ellenistica, e poi forse anche in tempi molto più recenti a causa delle attività connesse con la piantumazione delle tamerici, in qualche caso la perseveranza degli archeologici è stata premiata.
Eccezionale è infatti il rinvenimento di alcune tombe che presentano sia l’urna, sia la ciotola di copertura ancora integralmente conservate all’interno del pozzetto di deposizione e che, in almeno due casi, vedono l’urna riccamente adornata con motivi decorativi ad impressione e solcature.
“Si tratta di deposizioni funerarie che si collocano in una fase avanzata dell’età del Bronzo (XII-XI secolo a.C.) – sottolinea Scarano – e che sono da attribuire con ogni probabilità ad individui di rango così come dimostra, almeno nel caso della tomba numero 38, il rinvenimento di un rasoio bitagliente in bronzo tipo Pertosa che, diversamente dagli ornamenti femminili in bronzo e ambra sin qui scoperti, suggerirebbe per la prima volta la presenza di un individuo di sesso maschile tra le tombe con corredi di pregio”.
Le singole tombe, con il loro contenuto di resti umani combusti e di oggetti di corredo, costituiscono però solo una parte di quello che lo scavo archeologico sta portando alla luce. Spesso attorno alle urne, ad esempio, sono stati rinvenuti i cosiddetti vasi accessori che, sulla base delle analisi chimiche sin qui effettuate, sembrerebbero aver contenuto bevande fermentate a base di cereali, l’odierna birra, che testimoniano lo svolgimento di libagioni connesse con la deposizione funeraria.
Oltre alle tombe, inoltre, quest’ultima campagna di scavo ha notevolmente arricchito anche il repertorio di deposizioni a carattere cultuale già saltuariamente identificate negli anni precedenti in quest’area e che documentano lo svolgimento di azioni rituali forse avvenute in un momento precedente all’avvio delle pratiche funerarie.
Si tratta perlopiù di fosse colmate di materiali combusti e di pozzetti sul cui fondo sono deposti vasi miniaturistici, coppe capovolte o macine e che potrebbero occupare degli spazi sacri delimitati da recinti e palizzate.
“Nei prossimi mesi – ha dichiarato il presidente del Consorzio di Torre Guaceto, Rocky Malatesta – gli archeologi saranno impegnati nelle attività di microscavo del contenuto delle urne e poi nel restauro delle ceramiche e dei manufatti in bronzo, e nelle analisi dei resti umani, dei resti vegetali e di quelli animali, così come nelle datazioni radiocarboniche. L’obiettivo è quello di raccontare le storie di questi uomini e di queste donne vissuti più di 3mila anni fa a Torre Guaceto, raccontare quel mondo di miti, simboli e ideologie che appartengono alla sfera del sacro. Stiamo studiando come realizzare un potenziamento del nostro laboratorio archeologico, anche in chiave museale, affinché il racconto della nostra storia sia accessibile a tutti”.