BRINDISI – Riceviamo e pubblichiamo una nota di Paolo Taurino (Lega), candidato Camera Proporzionale Puglia 03.
La Cina ha acquistato il porto greco del Pireo per farne il capolinea nel Mediterraneo del traffico mercantile della Nuova Via della Seta. A seguito di questa scelta saranno influenzate le rotte del nostro mar Mediterraneo, un fattore di cui bisogna tener conto, per evitare che la portualità pugliese possa trovarsi nei prossimi anni in condizione di marginalità rispetto ai nuovi flussi di traffico che si vanno strutturando.
Il Governo italiano col suo Presidente del Consiglio e vari ministri nel corso della visita del maggio scorso a Pechino, ha offerto alla Cina i porti di Trieste e Genova come porti capolinea della Nuova Via della seta.Recentemente l’ambasciatore italiano a Pechino Ettore Sequi in una intervista all’agenzia giornalistica AGI ha precisato la posizione del Governo italiano in merito alla nuova Via della Seta, dichiarando che ”i porti italiani non sono alternativi ma complementari al Pireo, sia perché immediatamente disponibili ed estremamente ben collegati, con procedure di sdoganamento tra le più veloci in Europa, mentre dal Pireo occorre ancora costruire adeguati e onerosi collegamenti ferroviari attraverso i Balcani; sia perché è difficile far transitare attraverso un solo porto, l’assai ingente numero di container che dall’Asia giungono e giungeranno nel Mediterraneo”. Occorre chiarire che quando si parla di porti italiani da inserire nel network della Nuova Via della Seta il nostro Governo pensa esclusivamente a quelli del nord adriatico e della Liguria. Contrariamente a quello che dichiara la candidata al Senato del PD Rosy Barretta, convinta in contraddizione col suo stesso Governo e col ministro delle infrastrutture Del Rio del suo stesso partito, che la Nuova Via della Seta sarà un’occasione di sviluppo per i porti pugliesi. A dispetto della Barretta, il concetto che la Nuova Via della Seta toccherà solo i porti del nord Adriatico e nord Tirreno, è emerso anche nel corso del recente quarto raduno degli imprenditori italiani in Cina, a Yanqi Lake, a nord di Pechino. In quella sede è stato rimarcato che dal Pireo per arrivare all’Europa centrale e occidentale, bisogna costruire infrastrutture che hanno un costo elevato e che attraversano una serie di Paesi, alcuni di questi europei con precise regole di procurement mentre altri no (per esempio la linea ferroviaria Belgrado-Budapest al momento ferma e in fase di revisione per presunte irregolarità rispetto alle normative dell’Unione Europea). Noi italiani invece, ribadiscono i nostri imprenditori, abbiamo un sistema portuale efficace, con procedure di sdoganamento tra le più veloci in Europa e siamo più vicini al Centro Europa. Sia il sistema dell’Alto Adriatico che dell’Alto Tirreno hanno interconnessioni ferroviarie già pronte ed efficaci da mettere a disposizione dei cinesi.
Quindi, il timore degli imprenditori e dello Stato italiano è che, collegare via terra il Porto del Pireo con l’Europa centro-occidentale attraverso la costruzione di ferrovie nei balcani, vuol dire tagliare fuori i nostri porti dell’alto adriatico ed alto tirreno.
Invece, promuovere la costruzione della rete ferroviaria veloce dalla Grecia a Trieste, è contro gli interessi nazionali. Da notizie di stampa di questi giorni, si apprende che rappresentanti italiani nel Comitato delle Regioni sosterrebbe la posizione della Croazia, presentata nella conferenza sulle reti transeuropee dei trasporti svoltasi il 10 ottobre scorso presso la sede di Bruxelles del Parlamento europeo, di realizzare una rete ferroviaria veloce dalla Grecia a Trieste.
Siamo convinti che chi rappresenta l’Italia in Europa sia in organismi determinanti, che in quelli di semplice funzione consultiva come è appunto il Comitato delle Regioni,debba fortemente difendere gli interessi nazionali ed operare per lo sviluppo concreto dei nostri territori e adoperarsi semmai, per ridare al porto di Brindisi il ruolo di porto fondamentale dell’Adriatico meridionale nella rete dei corridoi europei, che gli è stato politicamente sottratto a favore di Bari.
Appena al governo del Paese chiederemo di negoziare in Europa l’inserimento del porto di Brindisi nella rete Ten-T come porto Core, approfittando della revisione prevista chesta per essere attuata. Ma per lo sviluppo della portualità italiana è necessario anche correggere la recente disastrosa legge Del Rio, che ha accorpato le Autorità portuali più sulle necessità politiche deicapobastonelocali del PD, che per le esigenze dello sviluppo dei traffici. Basta ricordare cosa è accaduto in Puglia, inizialmente si prevedeva la istituzione di una unica autorità portuale su base regionale da localizzare a Taranto, per poi ritrovarsi sotto la spinta del Sindaco di Bari il renziano Decaro e il Presidente PD della Regione Puglia l’antirenziano Emiliano, divisi su tutto ma uniti nella battaglia campanilista per assicurare a Bari la sede di un’ autorità di sistema portuale, pur essendo un porto minore rispetto a Taranto e Brindisi e Porto Core per solo meriti politici. Questa manipolazione politica della brutta legge Del Rio fatta contro gli interessi dei pugliesi, ha prodotto il risultato sciagurato di avere in Puglia due deboli autorità di sistema portuali, una a Taranto che fa sistema con sé stesso in perfetta solitudine e l’altra a Bari, che per giustificare la sua esistenza ha incorporato il ridimensionato del porto di Brindisi…… E I politici del PD continuano a nominare Presidenti e Segretari generali!!!
Dopo un anno di gestione a trazione barese, per il porto brindisino non si intravedono prospettive concrete di sviluppo, così come non se ne intravedono per il porto di Taranto, che dopo aver perso negli anni scorsi una delle più importanti compagnie marittime del mondo la cinese Evergreen, non riesce più ad attirare grandi operatori marittimi internazionali, nonostante l’ingente mole di investimenti in infrastrutture fatte nel porto ionico. Evidentemente questi risultati sono conseguenza della decisione politica di spezzare in due il sistema portuale pugliese, dove l’integrazione strategica fra i porti di Taranto e Brindisi e le loro infrastrutture, riunite sotto un unico ponte di comando, avrebbero consentito alla Regione Puglia di avere un sistema logistico portuale competitivo, in grado di inserirsi nei flussi di traffico complementari alla Nuova Via della Seta, che saranno i traffici di domani.
Quindi a fronte dei nuovi equilibri del trasporto marittimo mondiale che si vanno componendo, che vede nel mediterraneo i porti del nord Italia essere i terminali naturali per l’Europa della Nuova Via della Seta cinese ed i porti del sud Italia tagliati fuori da questo network di flussi di merci internazionali, ci si chiede cosa fanno i presidenti delle due autorità di sistema portuali pugliesi per delineare nuove strategie di sviluppo dei loro porti? Al momento non si percepisce nessuna indicazione strategica. Forse questi signori dovrebbero tener conto che sullo scacchiere internazionale si vanno affacciando i porti africani delle nazioni del continente nero,destinatari dei più ingenti investimenti cinesi fuori dal loro territorio nazionale, con l’obiettivo di fare dell’Africa la nuova fabbrica delle merci cinesi destinati sia alla stessa Cina e all’Europa. Si stima che metà degli investimenti cinesi nella Nuova Via della Seta sarà destinata all’Africa ed ai suoi porti. Forse sarebbe il momento di lavorare per far diventare i nostri porti terminali per l’Europa dei flussi di traffico delle merci cinesi prodotte in Africa. Questa è la nuova strada che una volta al Governo indicheremo, modificando gli attuali assetti geografici e gestionali delle autorità di sistema portuali derivate dalla cattiva riforma Del Rio, come chiedono anche gli amministratori degli importanti porti liguri, per avere più capacità manageriali e gestionali, per sviluppare effettivamente i porti sui modelli efficienti dei grandi porti del nord Europa ed eliminare i nuovi carrozzoni generati da questa cattiva riforma portuale a marchio PD, che ci mostrano i primi effetti negativi.