Per acconciatori e centri estetici le 7 proposte di CNA Benessere e Sanità

Le imprese di acconciatura ed estetica rientrano tra le attività di servizio alla persona che sono state sospese già con il DPCM del’11 marzo. Purtroppo, a fronte del protrarsi dell’emergenza crescono forte preoccupazione e disorientamento nella categoria, soprattutto, rispetto ai tempi e alle modalità di ripresa dell’attività. Per il settore dell’acconciatura la perdita per il fermo attività di questo periodo è stimata intorno al 30%. Al settore dell’estetica il fermo costerà anche di più: intorno al 70% del fatturato annuo; considerato che, in genere, il guadagno maggiore, coincide con l’inizio della bella stagione. Si comprende facilmente quale grave danno abbia subito il settore, che con le sue 140 mila imprese, nel 2019 ha generato una spesa di 43 miliardi.

CNA Benessere e Sanità ritiene che adesso sia quanto mai necessario fornire alle imprese segnali chiari e risposte certe. Per questa ragione ha elaborato un documento che riassume in 7 proposte le priorità del comparto:

  • Ripresa delle attività
  • Maggiore liquidità per fronteggiare la crisi
  • Maggiori agevolazioni sulle misure di sostegno
  • Dispositivi di protezione
  • Lotta all’abusivismo e intensificazione dei controlli
  • Riapertura immediata per la sola vendita di prodotti
  • Certezza delle regole

In primis, la ripresa delle attività. In previsione di una riapertura progressiva, il timore principale è che le attività che sono state tra le prime ad essere sospese, per via dell’elevato rischio legato alle modalità di svolgimento, potrebbero essere, per lo stesso motivo, tra le ultime a poter riaprire al pubblico. L’Unione Benessere e Sanità della CNA si sta adoperando affinché le imprese di estetica e acconciatura possano riprendere al più presto la propria attività, nel rispetto di tutte le misure igienico-sanitarie.

In secundis, ma non per minore importanza, il tema della maggiore liquidità per fronteggiare la crisi. Né le misure di sostegno alla liquidità disposte nel decreto Cura Italia né quelle per il credito contenute nel Decreto Liquidità sono sufficienti a far fronte alla crisi in cui versa il settore. Ad attività chiusa, le spese vanno dai 2000 euro circa al mese, per le imprese più piccole, fino ad arrivare a 6000 euro per le più strutturate. È necessario mettere immediatamente a loro disposizione nuovo credito senza burocrazia, senza procedure valutative, a zero interessi, con 24 mesi di preammortamento e 10 anni per la restituzione. Per le imprese più piccole sono necessari interventi di indennizzo a fondo perduto per fare fronte ai mancati ricavi nel periodo di chiusura e sostenere i numerosi costi fissi.

Non si può ignorare l’esigenza di avere maggiori agevolazioni sulle misure di sostegno. Un intervento più incisivo è stato chiesto anche rispetto al contributo di 600 Euro che appare ampiamente insufficiente per far fronte alla grave perdita d’incasso e fatturato. L’Unione ha chiesto, inoltre, che sia fatto uno sforzo maggiore per sostenere le imprese sul versante degli affitti, ampliando almeno il novero delle categorie catastali ricomprese nel credito d’imposta. Allo stesso modo si ritiene che il Governo possa fare di più rispetto alla sospensione delle rate e dei canoni di mutui e degli altri finanziamenti rateali, e dei leasing. CNA Benessere e Sanità si sta adoperando affinché il Governo garantisca alle imprese per la fase di riapertura la reperibilità dei dispositivi di protezione, nonché un controllo dei prezzi dei DPI in commercio.

La lotta all’abusivismo e l’intensificazione dei controlli erano temi caldi per il comparto già prima dell’emergenza. L’Unione Benessere e Sanità è in prima linea per sensibilizzare e impedire la diffusione dell’abusivismo e per questo motivo, ha sollecitato un maggiore impegno da parte delle autorità locali affinché siano intensificati i controlli e allo stesso tempo è stato chiesto alle istituzioni una più incisiva campagna di comunicazione per ricordare ai consumatori i pericoli in cui si può incorrere nel rivolgersi ad operatori irregolari e abusivi.

L’impossibilità di aprire i centri e i saloni, anche per la sola vendita di prodotti, ha generato un’altra forma di perdita altamente penalizzante per la categoria che si è vista, in tal modo, sottrarre una parte spesso importante della propria attività. A fronte di ciò, sarebbe opportuno consentire la riapertura immediata dei centri per la sola vendita di prodotti.

Le imprese del settore hanno già sperimentato prima della chiusura il caos generato da disposizioni divergenti a livello locale e regionale. In attesa che possa nuovamente mutare lo scenario normativo di riferimento, le imprese del settore auspicano un più convinto raccordo interistituzionale, affinché si dispongano provvedimenti omogenei.

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