“Perplessità relative all’uso e tutela della costa”: lettera aperta alla Carluccio

legambiente

BRINDISI – Le associazioni Gli Amici dei Musei, Club per l’Unesco, Fondazione Di Giulio, Italia Nostra, Legambiente, Touring Club e WWF scrivono una lettera aperta al sindaco di Brindisi Angela Carluccio circa il Piano Comunale Costiero (P.C.C.).

Si è aperta – si legge nella nota – la fase di consultazione in merito all’oggetto, ma non ci risulta che privati portatori di interessi diretti, perché proprietari di suoli o titolari di attività nell’area interessata dal piano, abbiano ricevuto formali risposte alle osservazioni presentate o informazione sull’attuale fase del procedimento e ciò costituisce un vulnus rispetto alla regolarità giuridica del procedimento stesso. Le scriventi Associazioni, in sintonia con alcune osservazioni già presentate sul P.C.C., ribadiscono le loro profonde perplessità in merito al rispetto della “disciplina della tutela e dell’uso della costa” definita con Legge Regionale 23/06/2006 n. 17, così come evidenziato anche dalla Prof.ssa Angela Barbanente all’epoca in cui era Assessore Regionale all’Urbanistica. Oggetto di un P.C.C., infatti sono “assetto, gestione, controllo e monitoraggio del territorio costiero comunale in termini di tutela del paesaggio, di salvaguardia dell’ambiente, di garanzia del diritto dei cittadini all’accesso ed alla libera fruizione del patrimonio naturale pubblico, nonché di disciplina per il suo uso ecosostenibile”, avendo come obiettivo “la regolamentazione delle Aree Demaniali” costiere dal punto di vista della loro tutela e del loro uso ecosostenibile. Nel caso specifico di Brindisi i riferimenti normativi non consentono di pianificare, attraverso il P.C.C., al di fuori dell’Area demaniale (interclusa fra la linea di battigia e la litoranea provinciale), a differenza di quanto pervicacemente si continua a programmare nella bozza di P.C.C., approvata dall’Amm.ne Comunale, in cui, con evidenti vizzi di legittimità, si estende l’efficacia dello strumento urbanistico anche oltre i 300 metri dalla battigia. E’ artificioso collegare il “processo di recupero e risanamento complessivo” ad una pianificazione che non può avvenire giuridicamente al di fuori dell’Area demaniale e che è di pertinenza del PUG tutt’ora, purtroppo, in itinere. Ad ulteriore prova di ciò c’è il fatto che proprio il P.U.G. e non il P.C.C. con le sue Norme Tecnice di Attuazione (NTA) ha il compito di integrare la pianificazione costiera demaniale con quella di “Zone –E- agricole”, in cui ricadono i tanti insediamenti in attesa di definizione giuridico-amministrativa da parte degli organi competenti. Il rapporto fra lidi privati e spiagge pubbliche (per legge rispettivamente 40% e 60 %) va contestualizzato sul litorale nord e non, come riportato nel P.C.C., sull’intero litorale di competenza comunale ( incluso quello a sud), in cui ci sono zone sottoposte a vincoli rispetto alla pubblica fruizione ed alla balneazione (zone industriali, parchi nazionali e regionali e zone sottoposte a divieto di balneazione). Abbiamo appreso da varie fonti che si intenderebbe autorizzare (in parte già avvenuto) nuovi lidi privati a scapito del libero accesso al litorale e stiamo assistendo ad un lungo ed incomprensibile conflitto in merito alla regolarità di attività balneari da tempo in corso, con una interpretazione molto elastica o contraddittoria delle leggi vigenti, peraltro lungo il litorale nord in cui alcune aree sono definite “Aree Logistiche militari”. Da ciò derivano, ad esempio, equivoci di interpretazione sulle autorizzazioni consolidate nel tempo, sulla rimovibilità delle strutture o sui venti metri prescritti fra la linea intercotidale (area media fra bassa ed alta marea e le strutture rimovibili). Nulla hanno a che fare con il recupero ed il risanamento o con la libera fruizione delle aree demaniali costiere una serie di programmazioni urbanistiche, di pertinenza del PUG o comunque di pianificazione generale, che concernono viabilità di servizio , mobilità solo parzialmente dolce, linee di penetrazione da una fantomatica nuova e più interna litoranea o previsioni di opere non collocate in strutture preesistenti o ancor più in beni demaniali e militari acquisiti dalla pubblica Amm.ne, ma ipoteticamente in nuovi edifici che inciderebbero sugli indici urbanistici già oggi alquanto discrezionalmente fissati. Tutto ciò premesso e riproposto ai fini di una corretta definizione di un P.C.C. che rispetti le disposizioni della Legge Regionale n. 17/2006 concernenti la pianificazione nelle sole aree demaniali costiere, profonde perplessità conseguono anche in merito a quelli che dovrebbero essere i presupposti e gli obiettivi strategici, giuridici e tecnici di una valutazione ambientale strategica che, per come è strutturato l’attuale P.C.C. diventerebbe uno strumento di valutazione ambientale caratterizzato da una concezione estensiva del territorio in esame e da evidenti zone d’ombra in merito agli insediamenti esistenti e da previsioni tutt’altro che sostenibili che appartengono a quella pianificazione partecipata ed ecosostenibile, che soltanto il PUG può dirimere”.

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