“POLITICALLY SCORRECT” – ESAMI DI MATURITA’: MANDIAMOLI IN PENSIONE! – di Gabriele D’Amelj Melodia

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Basta con gli esami di Stato (si chiamano così dal 1997, anno della Riforma Berlinguer, Luigi), anche se tutti continuano a chiamarli “di Maturità”, come li definì il Ministro Gentile, nel 1923. Se avete scrupoli a sentir dire che vanno “aboliti” o “rottamati”, allora diciamo pure che vanno mandati in pensione. Del resto, dopo 101 anni di onorato servizio, è tempo che si facciano da parte per riposare finalmente in pace. I soliti precisini obietteranno ”Ma… non si può, sono previsti dall’art. 34 della Costituzione!” Capirai, questa povera Carta viene tirata da tutti i lembi per coprire le porcate di certe frange politiche, viene umiliata, calpestata nello spirito e in parecchi singoli dettati e, quando invece si individuano alcuni punti che andrebbero ritoccati senza ledere l’impianto generale, perché non reggono più la ratio e il ritmo dei tempi correnti, allora insorgono i conservatori integralisti, i lodatori del tempo antico! La verità è che questi esami di fine corso sono da anni diventati un vecchio, cigolante carrozzone. Una macchina arrugginita, inquinante, che sperpera soldi pubblici e non “Verifica” un bel niente. Basta esaminare le percentuali bulgare di promossi e il sospettevole numero della massima votazione (60/60) concessa assai largamente ai “Maturi” d’Italia. Sono finiti quei tempi andati, quelli del vestito buono, della cravatta di papà e della penna stilografica regalo del nonno (“È un Aurora, mi raccomando…”). Non ci sono più quelle assurde clausure da ripasso, ristorate dai caffè e dagli zabaioni di mamma. Oggi mi fanno sorridere quei pezzi di colore che parlano di stress, di alcol e droga per combattere “il disagio” degli esami. “Ma mi faccia il piacere!” avrebbe detto il sommo De Curtis  (un tema su Totò l’hanno mai proposto?). Diciamolo francamente, questi esamucci sono una pallida copia di quelli di una volta. Hanno perso ogni valenza valutativa e selettiva, ogni aura di iniziazione, ogni significato di cesura che segnava il passaggio nell’età adulta (??), dove il povero studentello spaesato era costretto, da subito, a cavarsela da solo scegliendo un percorso nel “labirinto del mondo”. Mamma mia, quanti litri di sgocciolante retorica si sono sprecati commentando questi benedetti esami che “non finiscono mai”! Gli esami di oggi, o meglio degli ultimi vent’anni,  rappresentano soltanto un passaggio formale, si sono trasformati in un fenomeno di costume. Esami di cartongesso buoni solo a scatenare, prima, durante e dopo, il solito, frustro, balletto di opinioni, interviste, gossip di “Toto- tracce”, commenti sui temi e problemi, sui ricordi dei Vip ai tempi dei loro esami, il tutto servito con il corredo musicale dell’immancabile canzone eponima di Venditti… Basta, non se ne può più! Finiamola con questo rito stanco, inutile, superato che alimenta talk, articoli e servizi televisivi altrettanto bolsi e superati. Pensate che i test per le ammissioni alle facoltà universitarie si svolgono ben prima degli esami di Stato e che la votazione finale della maturità, falsata da un gioco al rialzo, è sempre meno utile all’ingresso nel mondo del lavoro, salvo che l’aspirante non sia un raccomandato… Riflettete poi sul grande paradosso di questi confusi tempi contemporanei: oggi che i nostri ragazzi, secondo studi recenti, restano adolescenti almeno fino a 21 anni in un mondo che definisce “ragazzi” adulti di 40-45 anni, oggi quegli stessi ragazzi “maturano” molto prima, ma non in senso classico o scolastico. In verità sono “diversamente maturi” perché “emancipati”, liberi, resi più sicuri dalla pratica dello sport o dalla partecipazione ai tanti talent in  circolazione. Questa gioventù dorata, magari solo in similoro, spesso vive già esperienze lavorative, collaborando con D.J., pub, negozi di cellulari. Qualche ragazza fa la baby o la dog sitter per famigliari o amici di famiglia, insomma “quelli della Generazione Z” sono più disinvolti e svelti dei loro coetanei di 20 o 30 anni fa e sono pronti per beneficiare di un abbassamento dei limiti della maggiore età, ancora fissati ai 18 anni, soglia da secolo scorso. E ora voglio metterci un altro carico, indispensabile ad una seria attuazione di rinnovamento. Politici, esperti, educatori teorici e pratici, riformate i programmi scolastici! Sanno di muffa, necessitano di una generosa pulizia di primavera. Non abbiate timore di eliminare abiti polverosi e fuori moda. Aggiornate questa benedetta offerta formativa: c’è bisogno di aria nuova, di idee “pneumatiche”, di percorsi agilmente percorribili e ricchi di riferimenti attuali, pulsanti, relazionati al mondo d’oggi, inteso come rete di conoscenze e di confronto. Per i pochi che amano gli studi classici e d’arte, ci sarà tempo e modo per approfondire questi temi nei vari step universitari. So bene che non è un compito facile e che richiederà un congruo tempo di definizione, ma per carità, esimi esperti di cose scolastiche, mettetevi al lavoro.

Prima di lasciare questa valle di lacrime non vorrei più sentir parlare di “sindrome di burnout dei maturandi” e leggere di temi su… Ungaretti o Pirandello.

                                                           Gabriele D’Amelj Melodia

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