Sono un imprenditore che solo di recente si è avvicinato alla politica attiva.

Dopo anni di duro lavoro per garantire alla mia attività uno spazio adeguato ho voluto realizzare nella città che mi ha dato i natali una azienda di imbottigliamento dei prodotti che commercializzo in tutto il modo.

Da imprenditore giudico alquanto singolare che di progetti presentati da aziende private si discuta sugli Organi di stampa e non nelle sedi istituzionalmente preposte.

E’ giusto che quanti fanno informazione diano contezza alla cittadinanza dei progetti che possono avere un impatto sull’ambiente cittadino.

Ma che lo facciano anche quanti sono investiti da cariche politiche mi pare quanto meno pretestuoso.

Intendo riferirmi, in particolare, al progetto presentato dalla società A2A per riutilizzare l’area che un tempo ospitava una centrale termoelettrica alimentata a carbone per insediarvi un polo delle energie rinnovabili ed, in particolare, un impianto di compostaggio ed un biodigestore destinati a trattare la frazione organica dei rifiuti.

Credo che la questione sia stata finora mal posta.

Ciò che deve innanzitutto interessare a coloro che svolgono attività politica e si propongono per il governo della città è  di avere le necessarie garanzie  affinché la società, prima di ipotizzare forme di riutilizzo dell’area,  esegua le opere di bonifica cui è obbligata secondo il noto principio che “chi inquina paga”.

Sul possibile riutilizzo dell’area, una volta restituita agli usi legittimi, è giusto che se ne discuta negli organismi a ciò deputati.

Affermare, semplicisticamente, che quell’area dovrebbe essere destinata ad attività connesse con il porto è un modo come un altro per archiviare il progetto, atteso che si tratta di un’area di proprietà privata e che ad oggi nessuno, neppure la competente Autorità Portuale, ha realisticamente prospettato ipotesi di intervento diverse rispetto a quelle prospettate da A2A.

Piuttosto sarebbe necessario operare affinché gli impianti di trattamento dei rifiuti fossero progettati, realizzati e gestiti dalla Amministrazione Comunale.

Da questo punto di vista il Partito Repubblicano ha giudicato positivamente la scelta operata dal Commissario Prefettizio di candidare la città di Brindisi ad ospitare un sistema impiantistico di trattamento della frazione organica dei rifiuti aderendo all’invito della Regione Puglia che ha posto a disposizione per questo tipo di impianti risorse pubbliche.

In realtà andrebbe interamente riprogettato il sistema di trattamento dei rifiuti nella nostra città, il cui mancato funzionamento ha fatto schizzare alle stelle la apposita tassa corrisposta dai cittadini.

Il punto di partenza dovrebbe essere una verifica seria sullo stato di funzionalità degli impianti già esistenti di proprietà comunale.

E’ un fatto che il Comune di Brindisi disponeva, unico forse al Sud, di un sistema impiantistico idoneo a trattare tutti i rifiuti prodotti dalla città ed in particolare: un impianto per la produzione di CSS (combustibile solido secondario); un impianto di compostaggio con la capacità di smaltire dodicimila tonnellate annue di FORSU; una discarica di soccorso sita in contrada Autigno.

Si tratta, allora, di ridare funzionalità a quegli impianti e di completare il ciclo di trattamento con sistemi che non prevedano il ricorso a forme di combustione e siano idonei a produrre combustibile ecologico (biodiesel e biometano).

Garantendo, altresì, il riutilizzo della manodopera che un tempo vi era impiegata e che oggi guarda con estrema preoccupazione al proprio futuro lavorativo.

Solo dopo aver avviato questa procedura virtuosa si potrebbe realisticamente negare l’assenso alla realizzazione di impianti similari ad iniziativa privata, tanto più che l’obiettivo da raggiungere è quello della autosufficienza nel ciclo di trattamento dei rifiuti e non certo quello di trasformare Brindisi nella pattumiera di Italia, destinata ad accogliere anche rifiuti provenienti da altre zone del Paese.

IL VICE SEGRETARIO CITTADINO

(Francesco FALCONE)

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