Se è vero che è in corso una furibonda competizione tra territori per rendersi attrattivi nei confronti di quegli insediamenti in grado di garantire un sereno futuro di investimenti e sviluppo, è meglio ammettere subito che abbiamo già perso questa battaglia: il nostro sistema di infrastrutture logistiche (porto, aeroporto) ed istituzionali (provincia, camera di commercio, autorità portuale) ci è stato già smantellato sotto i nostri occhi distratti e timorosi.
Non intendo per questo crocifiggere la nostra martoriata classe politica: sarebbe come sparare sulla Croce Rossa, che notoriamente non ha armi per difendersi. Ma non posso neanche simulare un’ipocrita condivisione con chi (a Bari o a Roma) sembra aver deciso di cancellare Brindisi dalla carta geografica con un bel tratto di matita blu!
Più prosaicamente, nutro solo l’aspirazione di rivolgere un quesito a quelli che una volta (bei tempi!) erano chiamati a rappresentare “le forze sane e produttive della società”, cioè le organizzazioni datoriali, i sindacati dei lavoratori, le associazioni di volontariato: «Quale scenario immaginate per il futuro della Città?».
Purtroppo queste risposte non possono essere più rinviate, magari nascondendosi dietro le sempre più clamorose falle di una classe politico-istituzionale composta perlopiù da prestanome invece che da protagonisti. Abbiamo urgenza di definire un’idea di città originale, distintiva, intelligente, che sappia cosa vuole diventare “da grande”, delineando almeno i contorni di un nuovo modello.
Personalmente individuo tre grandi aree di riflessione e di conseguente elaborazione:
- a) l’esigenza di stabilizzare una presenza industriale oggettivamente invasiva, per la quale devono essere previste sia puntuali modalità di progressivo abbattimento degli impatti ambientali, che adeguati processi di innovazione e sostenibilità ambientale in grado di innescare nuove filiere di sviluppo produttivo;
- b) la promozione del nuovo paradigma della “manifattura urbana”, intesa come nuova modalità di organizzazione produttiva alternativa al modello della grande fabbrica, che trae alimento dalla chiusura del ciclo dei materiali, dall’acquisto e dal rilascio su base locale dei nuovi prodotti rigenerati (green procurement), dalle catene di distribuzione a Km. zero. Il tutto organizzato nelle forme di fabbriche intelligenti e di ecosistemi Smart FabLabs;
- c) le nuove sfide di innovazione per il settore pubblico, per spingerlo ad adattare coerentemente l’organizzazione, i processi, i servizi ed i sistemi di innovazione tecnologica per supportare la crescita industriale urbana, le competenze e le produzioni orientate verso nuovi modelli di business tra il settore pubblico e privato.