Qualche considerazione a bocce ferme. L’esito della consultazione referendaria sancisce un dato di fatto e cioè che la Costituzione ed il suo eventuale ammodernamento appartengono agli italiani, i quali pretendono – a ragione – di avere voce in capitolo, di voler essere rappresentati pienamente. Così accadde con il testo approvato nel ’47, votato da quasi il 90% dei costituenti che, a loro volta, erano stati eletti su base proporzionale, rappresentanti quindi largamente l’elettorato dell’epoca. L’attuale scomposto tentativo di modificare geneticamente la Costituzione repubblicana proveniva invece dalla volontà di una maggioranza risicata e non dell’intero arco di forze presenti in Parlamento, peraltro di per sé già non rappresentativo degli italiani. Sarebbe dovuto apparire chiaro che la Costituzione, stabilendo il funzionamento delle istituzioni, andava cambiata col consenso della più ampia convergenza politica, anche perché diversamente si sarebbe creato un pericoloso precedente: da qui in poi, qualunque Governo avrebbe potuto modificarla procedendo a colpi di maglio. Ma, oltre a questo pesante errore di impostazione, si è sbagliato nel merito. Ad esempio, perché si è prefigurato un assetto istituzionale in cui i poteri si sarebbero accentrati nelle mani dell’esecutivo (si pensi alla cosiddetta «clausola di supremazia»). Così, per ipotesi, se il Governo centrale avesse ritenuto utile al Paese una centrale a carbone a Mesagne, avrebbe potuto, in nome di quel supremo interesse, superare le prevedibili resistenze del Comune e della Regione. Oppure non si sarebbe abolito realmente il Senato, preferendo mantenere una camera ibrida, quasi sovrapponibile alla vigente conferenza Stato-Regioni. L’Italia è un Paese dalla lunga e solida tradizione pluralista, e lo ha dimostrato in questa importante occasione affluendo in massa alle urne. I dati della vastissima partecipazione popolare indicano l’esistenza di una comunità nazionale attenta, interessata alle grandi vertenze politiche, che si sente chiamata in causa quando ne va del suo destino. Renzi aveva polarizzato l’esito di questa sgraziata riforma su se stesso, quasi come se si fosse trattato di un referendum sulla bontà del proprio Governo: da qui, le dimissioni, che ne sono la ovvia conseguenza. Ora occorre confidare nella saggezza del Presidente Mattarella e di cominciare ad applicare con responsabilità la lettera e lo spirito della nostra pregiata Costituzione.
Referendum, le considerazioni dell’on. Toni Matarrelli
Toni Matarrelli
Deputato