Un film del 2021 di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, ha un titolo particolarmente significativo calato nella nostra realtà, per il nostro comportamento quotidiano di fronte a ciò che accade sulle nostre teste. Il titolo contiene una parola un po’ volgare, ma il fatto che venga scritta sui manifesti pubblicitari può essere un alibi per trascriverla: “E noi come stronzi rimanemmo a guardare”.
Il ruolo sociale dei cittadini non si esaurisce con lo scrivere un post o un commento su uno dei tanti social. Non è pensabile che il contributo alle problematiche comuni sia tutto lì, non è questa la partecipazione democratica utile alla società. No, la partecipazione democratica è ben altra cosa, e un giorno potremmo fare i conti con la nostra coscienza guardando i risultati di decisioni prese sulla nostra testa nell’indifferenza generale, e chiamarci “stronzi” sarà il minimo che potremo fare per non essere intervenuti, per essere rimasti a guardare consentendo che altri ipotecassero il futuro della città e quindi il nostro.
Ad esempio si apprende che l’Autorità di Sistema Portuale Mare Adriatico Meridionale ha, con avviso pubblico, datato 14 luglio scorso, reso noto che la società Act Blade Europe srl, con sede a Pomigliano d’Arco, ha avanzato richiesta per “il rilascio di una concessione demaniale settennale per l’occupazione e l’uso di una superficie di area scoperta di mq 12.768, sita in area portuale, località Sant’Apollinare, nel porto di Brindisi, allo scopo di allocare dei capannoni prefabbricati all’interno dei quali avviare l’attività di ricerca e sviluppo e di manifattura di pale eoliche”. La stessa società ha fatto sapere che prevede la creazione di 398 posti di lavoro e di 120 indiretti e che l’area individuata è ottima per la vicinanza della banchina che consentirebbe enorme facilità nello spostamento e imbarco/sbarco della loro produzione. Ciò significherebbe per la società in questione un enorme vantaggio economico.
E’ chiaro che nessuno può essere tanto folle da dire no ad un insediamento che produce posti di lavoro. E’ legittimo, oltre che doveroso, però porsi delle domande: ma non si stava “scalpitando” perchè a S. Apollinare si costruissero degli accosti per traghetti, ro-ro e navi da crociera? Questi accosti, secondo quanto sostenuto dall’AdP e dagli operatori portuali, sono d’importanza capitale perché risolverebbero tutti problemi del porto rilanciandone l’economia. Viene da chiedersi, se l’area di S. Apollinare è strategica per il rilancio del traffico passeggeri che senso ha limitarne la capacità per un insediamento manifatturiero che esigerà spazi adeguati? Del resto la vigente pianificazione (Variante del Piano Regolatore Portuale proposta nel 2002 e approvata nel 2006) non prescrive per tutta l’area di S.Apollinare la destinazione a traffico passeggeri e ro-ro? E tale destinazione d’uso non è sicuramente in contrasto con tale insediamento indiscutibilmente industriale e manifatturiero? Non è molto più logico che questo si insedi nell’area industriale o nella Zona Franca Doganale che sarà gestita da Enel Logistics o da qualche altra parte ma non in un’area portuale? Questa idea, stramba, fa il paio con un’altra sua pari: l’aver individuato il sito di Costa Morena per il deposito Edison di Gnl, che influirà moltissimo e negativamente sulle potenzialità logistiche di quell’area e con gli obiettivi per cui è stata infrastruturata e collegata con la rete ferroviaria nazionale. Quest’ultima “stramberia”, oltretutto, non ha trovato d’accordo vari imprenditori portuali che incomprensibilmente non hanno dato seguito alla loro contrarietà.
Tutto ciò fa ritenere che si stia consumando un altro passo verso la “chiusura” del porto, ridotto ad area industriale. Con questa concessione, qualora dovesse essere approvata, e quella del deposito Edison il porto diventa più piccolo per le attività tipiche dei porti cioè quelle commerciali legati a trasporti e logistica. Il tanto agognato pontile a briccole non basterà a sostenere lo sviluppo del porto e del retroporto, come si legge in alcuni articoli dai toni trionfanti, se si riduce oggi la potenzialità del porto. In tutto ciò non si intravede una pianificazione logica e sensata dello sviluppo del porto, ma soprattutto ad un’azione di forte limitazione della sua polifunzionalità che probabilmente infastidisce e preoccupa qualcuno.
Se si intendono trasformare le aree portuali in industriali allora perché non usare il capannone ex Montecatini volutamente escluso dall’area portuale?
Giorgio Sciarra