Quarto e ultimo appuntamento con “Scrivere a Ceglie Messapica. L’avventura della parola e della conoscenza”, il percorso di laboratori di scrittura in corso a Ceglie Messapica nel chiostro di San Domenico. L’iniziativa, organizzata dalla società di didattica della scrittura Graphein con il sostegno del Comune di Ceglie Messapica, è coordinata dal prof. Cosimo Laneve, già preside della Facoltà di Scienze della Formazione e docente di Didattica Generale all’Università di Bari. Il programma chiude il ciclo di incontri giovedì 11 e venerdì 12 agosto alle ore 18.30 con Beniamino Sidoti. Scrittore, formatore e autore di giochi, Sidoti si occupa di scrittura creativa da venticinque anni, con particolare interesse per la scrittura collettiva. Ha pubblicato oltre cinquanta titoli, per bambini, ragazzi e adulti, tradotti complessivamente in venti lingue. Tra i più recenti “Strategie per contrastare l’odio” (Feltrinelli, 2019), “Stati d’animo” (Rrose Sèlavy, 2018) e “I pantaloni della giraffa” (Emme, 2021). Nel libro “Stati d’animo” – con introduzione di Marco Dallari – l’autore compie un viaggio coinvolgente, fantastico e fantasioso tra le emozioni.
Quest’anno “Scrivere a Ceglie” ha per tema i moti dell’anima dai quali scaturisce la scrittura in forma di pensieri e di parole. Ascoltare l’anima, incrociarla a volte procedendo controcorrente e distillare quella forza in parole per raccontare e rappresentare. Il laboratorio cura il percorso dalla fonte alla parola, da quella riserva spesso inquieta dell’anima fatta di passioni, intenzioni, emozioni e memorie, attraverso strumenti di indagine e di ricerca. La scrittura nasce dalla necessità di fissare il proprio immaginario, di inventare, di confessare, di raccontare o di scoprire se stessi, di “scavare il pozzo con l’ago” negli angoli bui di sé, di evocare ricordi e pensieri, paure e fantasticazioni, di fare domande con o senza risposte. Del resto, la letteratura è da sempre una forma di conoscenza, una finestra aperta, al pari del teatro una finzione che cattura pezzi di realtà. Ma è lo scrivere per comprendere se stessi l’impulso principe. Philip Roth afferma che la narrativa è una «complessa, camuffata lettera a se stesso». Per Italo Svevo è l’autore «il primo destinatario delle sue pagine»: l’esercizio dello scrivere come arte gli importava meno. La sua prosa era del tutto priva di virtuosismi, di ogni elemento decorativo. Gli interessava scavare dentro di sé e attorno a sé, negli affetti e nelle debolezze dell’uomo cosiddetto “normale”. Leggere il “motus animi” e comunicarlo: è questa l’aspirazione che i laboratori intendono stimolare, e pure quest’anno la partecipazione ha premiato la proposta. Si scrive anche per non essere dimenticati, per cercare qualcosa che ancora manca, un senso, un filo conduttore cui aggrapparsi da un certo punto in avanti. Non a caso la scrittura è legata al senso della vita: consapevole di questi aspetti, l’incontro tratterà la scrittura come lavorazione indagando tra esecuzioni e varianti di poeti e prosatori.
«La scrittura serve a costruire un ragionamento condiviso – ha detto Beniamino Sidoti – ed è ciò che si fa per mettere a fuoco qualcosa e renderla comune a tutti. Scrivere è una forma di ricerca su se stessi, un percorso che ciascuno fa per sorprendersi e dialogare con le proprie memorie, le proprie speranze e fantasie. Ma scrivere è evidentemente anche un mestiere, un’opera rivolta ad altre persone che dà vita ad immagini, scene e storie che possano avere un buon seguito. Ma alla base della scrittura c’è talora una necessità personale – la parola è a tutti gli effetti un istinto necessario – come anche un desiderio di miglioramento, comune ad altri aspetti che riguardano ad esempio il nostro corpo e la nostra fisicità. Noi lavoriamo in generale su ciò che riteniamo necessario per il nostro benessere o per piacerci di più. Ecco, direi che la scrittura rientra tra queste categorie d’intenzione».
“Scrivere a Ceglie” offre per questo l’occasione di utilizzare la scrittura come strumento di indagine e di conoscenza attraverso l’ascolto e la sfioritura di ciò che abita l’anima in forma di moto o di stato. «Faremo un lavoro di scrittura collettiva – ha spiegato Sidoti – e giocheremo con le parole affidandole un po’ al caso e, come spesso succede, i risultati sapranno sorprenderci. Sarà importante darsi uno sguardo diverso uscendo da categorie il più delle volte omologate attorno alla nostra interiorità. La ricerca di una prospettiva che ci aiuti a schivare le rimasticature del già detto, perché ciascuno di noi “merita” definizioni esclusive e irripetibili: per questo faremo un esercizio che si chiama “Stati d’animo”, dal titolo di un mio libro che utilizzo da qualche anno, per provare a leggere nel fondo dell’animo e a fare ordine tra stati e moti d’animo. Come esploratori in sorvolo sulle nostre regioni interiori, assimilate a veri luoghi fisici, penso ad esempio allo stato della nostalgia, alla regione della passione, alla terra della speranza. E ogni viaggio avrà la sua mappa delle rotte e ogni scoperta il suo arcipelago di parole».